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  • Martedì 12 marzo 2024

Per alcuni atleti ci vogliono molti anni per avere le medaglie olimpiche

Sono quelli a cui vengono assegnate dopo la squalifica di chi li ha preceduti: c'entrano la lentezza dei processi e i lunghi tempi richiesti dalle analisi antidoping

L'atleta statunitense Lashinda Demus nel 2012, durante le Olimpiadi di Londra (Clive Brunskill/Getty Images)
L'atleta statunitense Lashinda Demus nel 2012, durante le Olimpiadi di Londra (Clive Brunskill/Getty Images)
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Nel marzo dello scorso anno il CIO (Comitato Olimpico Internazionale) decise di revocare retroattivamente all’atleta russa Natalya Antyukh la medaglia d’oro vinta nella gara dei 400 metri a ostacoli femminili alle Olimpiadi di Londra del 2012. Cinque mesi prima Antyukh era stata squalificata per doping dall’Athletics Integrity Unit (AIU), l’organismo indipendente che si occupa di controllare le violazioni delle regole di condotta nell’atletica leggera. L’oro fu assegnato all’atleta che nella gara era arrivata seconda, la statunitense Lashinda Demus. Tuttavia, dopo un anno dalla decisione del CIO, Demus non ha ancora ricevuto la sua medaglia.

La situazione di Demus è simile a quella di un altro atleta a cui è stato assegnato l’oro diversi anni dopo le Olimpiadi di Londra: lo statunitense Erik Kynard, che nel 2012 si classificò secondo nel salto in alto e che fu nominato vincitore dal CIO soltanto nove anni dopo, in seguito alla squalifica per doping dell’atleta che lo aveva preceduto, il russo Ivan Ukhov. Come Demus, anche Kynard non è ancora entrato in possesso della medaglia olimpica.

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Casi come quelli di Demus e Kynard dimostrano le difficoltà che gli organi della giustizia sportiva internazionale riscontrano quando si trovano a dovere bilanciare due esigenze. Da un lato devono garantire che gli atleti accusati di avere assunto sostanze dopanti durante le prestazioni sportive vengano privati delle loro medaglie dopo una serie di controlli seri e approfonditi. Dall’altro è necessario che questi esami vengano svolti in tempi ragionevoli, per consentire agli atleti che devono ricevere le medaglie di essere premiati e riconosciuti come campioni olimpici, circostanza che permetterebbe loro di ottenere sponsorizzazioni e premi in denaro.

I processi riguardanti casi di doping hanno però spesso una durata lunghissima: dipende soprattutto dai test, che per essere efficaci richiedono che i campioni di urina e sangue degli atleti vengano conservati e analizzati più volte – il giornalista del New York Times Jeré Longman ha scritto che queste analisi possono portare via moltissimo tempo, anche 10 anni – e dai continui ricorsi presentati dagli atleti che vengono privati delle medaglie.

Demus e Kynard dovrebbero essere premiati simbolicamente la prossima estate, durante le Olimpiadi di Parigi. Non sono più atleti professionisti da qualche tempo (hanno rispettivamente 33 e 41 anni), e il fatto di non avere ottenuto le medaglie quando erano attivi nelle rispettive discipline ha fatto perdere a entrambi opportunità economiche notevoli.

In un’intervista data al New York Times, Kynard ha detto che negli ultimi dodici anni, tra le sponsorizzazioni e i premi in denaro che gli sarebbero spettati in quanto campione olimpico, avrebbe potuto guadagnare almeno 500mila dollari. Anche per questo, ha definito la medaglia d’oro che gli verrà consegnata dopo 12 anni un «premio di partecipazione».

Nei casi di Demus e Kynard la premiazione, seppure con un ritardo di dodici anni, avverrà durante una cerimonia ufficiale, ma non tutti gli atleti che hanno ottenuto una medaglia d’oro dopo una pronuncia del CIO sono stati premiati in modo dignitoso.

L’esempio più famoso è quello dell’atleta statunitense Adam Nelson, che nel 2012 fu nominato vincitore della gara di getto del peso delle Olimpiadi di Atene del 2004 dopo la squalifica per doping dell’ucraino Yurij Bilonoh: fu premiato nell’aeroporto d’Atlanta, in un ristorante della catena Burger King. Nelson ha raccontato che ricevere la medaglia in un posto nel genere e non in Grecia, la patria dei Giochi, causò in lui «un senso di smarrimento».

Secondo lo storico delle Olimpiadi statunitense Bill Mallon, dal 1968, quando il CIO ha reso obbligatori i controlli antidroga, ci sono state 164 competizioni in cui le medaglie sono state ritirate o assegnate ad altri atleti.

Uno dei casi più eclatanti accadde nel 2012, sempre alle Olimpiadi di Londra, quando sei dei primi sette classificati nella competizione maschile di sollevamento pesi da 94 chilogrammi, inclusi i primi tre classificati, furono squalificati per doping. Alla fine il CIO assegnò la medaglia d’oro al quinto classificato, l’atleta iraniano Saeid Mohammadpour Karkaragh.

Un’altra medaglia riassegnata recentemente è stata quella del pattinaggio su ghiaccio misto a squadre delle Olimpiadi di Pechino del 2022: a gennaio l’ISU (International Skating Union, l’associazione che organizza le competizioni internazionali di pattinaggio sul ghiaccio) ha revocato la medaglia alla nazionale russa e l’ha assegnata agli Stati Uniti, che in quell’occasione arrivarono secondi. Il comitato olimpico russo ha però presentato diversi ricorsi contro la decisione dell’ISU, che potrebbero allungare ulteriormente i tempi per arrivare a una sentenza definitiva. Se il processo d’appello dovesse concludersi prima dell’estate, gli atleti della squadra statunitense potrebbero essere premiati durante la cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di Parigi.