Diciassette canzoni dei Deacon Blue

Band scozzese che partì fortissimo e poi si adattò, e i suoi fan si adattarono alla band

(© Cover Images via ZUMA Press)
(© Cover Images via ZUMA Press)

I Deacon Blue sono una storia speciale nella storia del pop britannico, con un inizio e una fine particolari (una fine non ancora finita): pubblicarono un primo disco tra grandi ammirazioni internazionali e con un paio di singoli di gran successo, poi ci marciarono per qualche altro disco, si fermarono per un decennio quando arrivò un altro secolo e tornarono come se niente fosse con discreti dischi tuttora apprezzati dai loro fan di prima, che garantiscono loro ancora grandi attenzioni soprattutto in Scozia, il loro posto, ma in tutto il Regno Unito e anche in alcuni mercati internazionali. Queste sono le loro canzoni che erano state scelte da Luca Sofri, peraltro direttore del Post, nel suo libro Playlist, arricchite e aggiornate.
I Deacon Blue saranno in concerto a Peccioli, in Toscana, il prossimo 13 luglio.

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Deacon Blue (1985, Glasgow, Scozia)
Il nome lo presero da una vecchia canzone degli Steely Dan, e per il tempo di un disco furono la maggiore promessa del pop britannico. Erano scozzesi, e quel disco fu il disco perfetto. Era il 1987 e il leader della band si chiamava Ricky Ross, ex maestro di scuola. Più tardi sposò la vocalist della band, Lorraine McIntosh, si presero una pausa di dieci anni e poi tornarono con un’energia e una dignità assai lontane da certi ripescaggi degli anni Ottanta, e tuttora riempiono grandi teatri nei loro lunghi tour britannici.

Loaded
(Raintown, 1987)
Raintown era una specie di concept album su un mood, più che su una storia. Sull’essere intrappolati in una grigia e piovosa città scozzese (Glasgow, nella fattispecie, raffigurata sulla bella copertina del disco), e viverne le storie e le emozioni. “Loaded” era uno dei due potenziali singoli di successo (e quello che andò male): una canzone nata la prima volta che la band era andata a Londra e si era resa conto di come ci fosse gente piena di soldi che viveva in modi sconosciuti. «E Rod Stewart che diceva alla radio che se hai un po’ di soldi la tua visione del mondo cambia» spiegò Ross.

When will you (make my telephone ring)?
(Raintown, 1987)
Stupendo pezzo soul come lo sanno fare a Glasgow. Di innamoramenti, e sofferenze, e desideri, e sofferenze. Diventa bellissima quando lui implora che tutto questo finisca: “tired of chasing old dreams, tired of wasting days, tired of waking mornings, just to wait for you ‘til late”.

Dignity
(Raintown, 1987)
L’unica volta che avevo sentito nominare un dinghy – che è una piccola barca – era nel titolo di un racconto di Salinger. Qui invece c’è “quest’uomo che incontro per strada, che lavora per il comune da vent’anni” e si prepara il pranzo in un pacchetto e i bambini lo prendono in giro, “ma una volta mi ha detto che ha un po’ di soldi da parte e un giorno si comprerà una barchetta e la chiamerà Dignity”. E poi: “risalirò la costa, passerò per villaggi e città, sempre in vacanza, e mi chiederanno ‘come te la sei procurata?’ e io risponderò ‘ho risparmiato’, e mi diranno ‘è davvero bella, la tua Dignity’”.
Molto pianoforte, e alcuni passaggi strepitosi: come quando dice: “I’ll say I saved my money”.

Sad loved girl
(When the world knows your name, 1989)
Piccola piccola breve breve, non fa in tempo a cominciare che è già finita, solo pianoforte e voci di Ross e McIntosh.

Orphans
(When the world knows your name, 1989)
Ross lo definì il loro inno nazionale scozzese. L’aveva scritto dopo un viaggio in treno accanto a un vecchio ubriaco e a dei bambini a cui aveva chiesto dove fossero i loro genitori: “siamo orfani”. La canzone dice: “adesso vi descrivo il mio paese, come se non lo aveste mai visto”, e poi racconta di gioie rese gravi dal pensiero delle “cose dimenticate come piccoli orfani”.

I’ll never fall in love again
(Four Bacharach & David Songs, EP, 1990)
Un superclassico di Burt Bacharach e Hal David, cantato piano piano e con infinita dolcezza da Ricky Ross, mentre la parte di Lorraine McIntosh non è risolta altrettanto bene. È quella che dice “chi me lo fa fare, sono solo dolori, guai e seccature”, e quindi “non mi innamoro più” (con questo titolo fu cantata in italiano da Johnny Dorelli e Catherine Spaak, in modo dimenticabile).

Take me to the place
(Ooh Las Vegas, 1990)
Lontani da un grande successo ma con un già fedele zoccolo di fans, i Deacon Blue pubblicarono una doppia raccolta di rarità e lati B, dove ci sono canzoni meravigliose, soprattutto tra quelle più dolci e lente. Come questa marcia solenne “verso il posto dove il cuore ti fa più male”, dedicata al fotografo di origine italiana Oscar Marzaroli che aveva scattato la foto di copertina di Raintown.

Trampolene
(Ooh Las Vegas, 1990)
Era una canzone di Julian Cope, di arrangiamenti assai più intensi e rumorosi. I Deacon Blue misero tutto al servizio della voce di Ross.

Circus lights
(Ooh Las Vegas, 1990)
Scritta ai tempi di Raintown, poi inserita in When the world knows your name, divenne bellissima in questa versione per pianoforte e voce usata come lato B di un singolo che si chiamava “Queen of the new year”. Le luci sono quelle di Natale di Oxford Circus a Londra, che si vedevano dallo studio di registrazione.

Let your hearts be troubled
(Ooh Las Vegas, 1990)
Nel 1991 i Deacon Blue interpretarono se stessi in una fiction televisiva su un ragazzo che sogna di suonare con i Deacon Blue. Detta così, non è che faccia venire voglia, ma vinse dei premi. Comunque, scrissero anche delle canzoni. Una è questa enfatica orchestrale appassionata che capovolge un verso del Vangelo secondo Giovanni, predicando “abbiate i cuori in tumulto”.

Back here in Beanoland
(Ooh Las Vegas, 1990)
Beanoland è un’area di un parco a tema ispirata a un popolare giornale a fumetti scozzese. “Old ladies write letters, old men dream memories”

Disneyworld
(Ooh Las Vegas, 1990)
«L’idea originale era che fosse il discorso di addio di Ronald Reagan». Un fantastico discorso di addio: “I think the whole world should look good, that’s important to me. I like to see people happy, singing on the way to work”.

Will we be lovers
(Whatever you say, say nothing, 1993)
«Non essendo riuscito a diventare il nuovo Van Morrison, Ricky Ross provò a diventare il nuovo Bono degli U2», recita ironicamente il commento a questo disco su un sito internet. In effetti il tentativo di conquistare l’America fallì e il risultato fu deludente, con la sola eccezione del singolo “Will we be lovers”, dove in versione rock si conciliano benone le voci di tutti. E poi uno si chiede ogni volta: “saremmo amanti o resteremo”, cosa? “resteremo” cosa?

Win
(A new house, 2014)
Dopo il 2001 morì il loro chitarrista Graeme Kelling, e si fermarono, avendo piuttosto esaurito il credito ormai lontano del loro formidabile primo disco. Quando tornarono dieci anni dopo, le recensioni notarono come non fosse un ritorno nostalgico dei tempi andati ma un’onesta prosecuzione contemporanea senza patemi di recuperare quei successi. Da allora sono questa cosa qui, oneste buone canzoni con qualcuna che ricorda ancora quel valore. Questa parla di farcela ancora, appunto, prendendo atto del tempo passato.

The Believers
(Believers, 2016)
E infatti col disco dopo arrivarono persino di nuovo al tredicesimo posto nelle classifiche britanniche (e al quarto in quelle scozzesi), ed era il 2016. Con un titolo che anche in questo caso sembrava raccontare proprio quella cosa lì, crederci, e qualcuno che ti aspetta c’è.
The believers know that it’s going to get better
You better believe it
Cause no one here will ever forget you
Not let you

City of love
(City of love, 2020)
Sempre stati una band che ama i singalong (quando ai concerti si lascia cantare il pubblico) i Deacon Blue hanno continuato a pubblicare canzoni fatte apposta, e nei concerti scozzesi è sempre uno spasso (ascoltare il disco Live at the Glasgow Barrowlands per farsi un’idea). E hanno fatto una canzone buona per sostituire i consueti convenevoli col pubblico di casa nelle varie città (“Grazie Milano!”): ognuna dove vanno è una “city of love”.

On Love
(City of love, 2020)
Epperò, restano capaci di cose minimali e dolcissime. Questa ha una strofa parlata, che racconta la storia, e un angelico coretto di Ross e McIntosh. La storia è nella categoria “persone speciali e storie malinconiche nei bei vecchi tempi andati”, a cui attingono spesso attizzando le nostalgie dei loro pubblici stagionati.