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  • Martedì 5 marzo 2024

La latitanza ben poco segreta di Daniela Klette

Faceva parte del gruppo terroristico tedesco RAF e ha vissuto per quasi 20 anni nella stessa casa di Berlino conducendo una vita piuttosto normale, prima di essere arrestata a fine febbraio

Due poliziotti nell'ingresso dell'edificio a Berlino dove si pensa che Klette abbia vissuto stabilmente dal 2007 (ANSA/Annette Riedl/dpa)
Due poliziotti nell'ingresso dell'edificio a Berlino dove si pensa che Klette abbia vissuto stabilmente dal 2007 (ANSA/Annette Riedl/dpa)
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Martedì 27 febbraio è stata arrestata a Berlino Daniela Klette, che da più di trent’anni era ricercata per rapina e tentato omicidio. Klette, che oggi ha 65 anni, faceva parte del gruppo terroristico tedesco di ispirazione comunista RAF (Rote Armee Fraktion, cioè Frazione dell’Armata Rossa, l’esercito dell’Unione Sovietica), scioltosi nel 1998. Oltre al suo coinvolgimento nella RAF, è accusata di aver compiuto numerose rapine a mano armata fra il 1999 e il 2016 insieme a due presunti complici ed ex membri della RAF, Burkhard Garweg ed Ernst-Volker Staub che sono ancora latitanti, ma al cui arresto la polizia dice di essere molto vicina.

La notizia dell’arresto di Klette, una delle persone più ricercate in Germania, è stata ripresa da tutti i principali giornali nazionali e internazionali, ed è stata raccontata dalla polizia tedesca come il culmine di una lunga e complicata indagine durata più di tre decenni. Tuttavia, nell’ultima settimana diversi quotidiani tedeschi, fra cui lo Spiegel e la Süddeutsche Zeitung si sono interrogati sul modo in cui sono state condotte queste ricerche, dato che si è venuto a sapere che Daniela Klette viveva sotto pseudonimo a Berlino da circa vent’anni e aveva una vita piuttosto normale: aveva un profilo Facebook in cui pubblicava sue foto, faceva pilates tutte le settimane e aveva buoni rapporti con i suoi vicini. Era anche molto inserita nella comunità brasiliana a Berlino: per anni aveva preso lezioni di capoeira, un’arte marziale brasiliana che include elementi di danza, ed era attiva in un’associazione culturale.

Con lo pseudonimo italiano di Claudia Ivone, sembra che Klette vivesse nello stesso appartamento nel quartiere di Kreuzberg dal 2007, dove è stata arrestata e dove sono state trovate diverse armi, fra cui un kalashnikov, granate e altri esplosivi. I suoi vicini e gli abitanti del quartiere che la conoscevano da più di dieci anni, intervistati da diversi giornali in questi giorni, la descrivono come una persona amichevole e tranquilla, anche se riservata. Hanno raccontato che Klette aveva un cane e ogni tanto faceva la dog sitter, dava ripetizioni di matematica e tedesco ai bambini nel doposcuola e aveva frequentato un corso di pilates fino alla settimana prima del suo arresto. Sul suo profilo Facebook, a cui si era iscritta con il suo pseudonimo, pubblicava foto di passeggiate ai laghi e al mare.

Sempre su Facebook compariva nelle foto e nei manifesti di molte attività di un’associazione culturale brasiliana che organizzava workshop e corsi di danza, capoeira, musica e arte con l’obiettivo di educare le persone alla storia del razzismo e della schiavitù in Brasile. È stato ricostruito che Klette sia stata attiva nell’associazione e abbia frequentato il centro dove questi eventi venivano organizzati almeno fino al 2020 e abbia iniziato a prendere lezioni di danza e poi capoeira nel 2006, lo stesso periodo in cui avrebbe compiuto tutte le rapine. Un giornalista della Süddeutsche Zeitung ha parlato con il presidente dell’associazione che ha detto di essere colpito e deluso.

In questi anni Klette, che parla molto bene portoghese, aveva anche visitato il Brasile utilizzando un passaporto falso e aveva avuto una relazione con un uomo brasiliano, con cui aveva convissuto nel suo appartamento di Kreuzberg per diverso tempo, secondo quanto raccontato dai suoi vicini al Guardian. L’uomo, il cui nome non è stato reso pubblico, ha detto allo Spiegel di averla conosciuta in vacanza e di non aver mai saputo né sospettato che lei vivesse sotto falso nome.

Le foto segnaletiche di Burkhard Garweg, Ernst-Volker Wilhelm Staub e Daniela Klette insieme a una ricostruzione fornita dal Bundeskriminalamt (Ufficio federale di polizia criminale, BKA) del loro possibile aspetto oggi (ANSA/EPA/BKA/HANDOUT)

Le foto segnaletiche di Burkhard Garweg, Ernst-Volker Wilhelm Staub e Daniela Klette insieme a una ricostruzione fornita dal Bundeskriminalamt (Ufficio federale di polizia criminale, BKA) del loro possibile aspetto oggi (ANSA/EPA/BKA/HANDOUT)

Daniela Klette non è la prima latitante arrestata dopo aver condotto per anni una vita abbastanza normale. Tuttavia, se può capitare che per esempio gli esponenti della criminalità organizzata riescano a evitare l’arresto grazie a un’estesa rete di complici, sembra che nessuno abbia aiutato Klette a mantenere il suo anonimato e che, anche se il suo aspetto era rimasto lo stesso, nessuno di coloro che l’avevano frequentata in questi anni l’aveva riconosciuta, benché fosse probabilmente la donna più ricercata in tutta la Germania.

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Klette faceva parte della cosiddetta “terza generazione” della RAF, un gruppo noto anche come Banda Baader-Meinhof, che fra gli anni Settanta e Novanta fu responsabile dell’uccisione di più di trenta persone, del ferimento di oltre 200 e di diversi rapimenti. I procuratori che seguono il suo caso ritengono che Klette facesse parte dei sostenitori della RAF già all’inizio degli anni Ottanta, quando era ancora attiva la “seconda generazione”, e che sia diventata un membro attivo nel 1989, anno in cui si è data alla clandestinità. Ritengono che nel 1990 Klette fu coinvolta in un attentato fallito a un edificio della Deutsche Bank a Eschborn, vicino a Francoforte, e che un anno dopo avrebbe fatto parte di un gruppo che cercò di attaccare con armi da fuoco l’ambasciata statunitense di Bonn. Nel 1993 avrebbe anche fatto esplodere insieme ad altri membri della RAF, fra cui Staub e Garweg, una prigione da poco costruita a Weiterstadt, nel land dell’Assia. L’attentato non causò né morti né feriti, ma fece l’equivalente di più di 61 milioni di euro di danni.

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Quando la RAF si sciolse nel 1998 si ritiene che Klette, Staub e Garweg abbiano iniziato a condurre una serie di rapine per sostenersi economicamente durante la loro clandestinità. I tre sono accusati di essere coinvolti in numerose rapine a mano armata a furgoni portavalori e supermercati e almeno un tentato omicidio nella Bassa Sassonia e in Nord Reno-Vestfalia. Le rapine sono avvenute fra il 1999 e il 2016 ed è stato stimato che abbiano fruttato ai tre circa due milioni di euro.

Nonostante la loro intensa attività, da anni la polizia cercava attivamente di trovarli, senza successo. Nel 2016 trovarono tracce di DNA appartenenti a Klette e Staub e prove riconducibili a Garweg sul luogo di una tentata rapina fallita a un furgone blindato. Da lì in poi gli investigatori hanno seguito diverse piste e frequentato i luoghi dove la presenza dei tre era stata segnalata, ma senza mai trovarli. In certi casi arrivarono molto vicini all’arresto: una volta la polizia si appostò nel parcheggio di un centro commerciale che si riteneva potesse essere l’obiettivo di un imminente attacco, ma se ne andò prima che i tre si presentassero e lo rapinassero.

Quando la madre di Klette morì a ottobre del 2016, alcuni agenti di sorveglianza si presentarono al cimitero e continuarono a frequentarlo per diverso tempo, sperando che Klette decidesse di visitare la tomba, ma non la videro mai. Fu fatta anche una ricerca a tappeto confrontando le fototessere anonime di tutti i residenti della Bassa Sassonia che corrispondevano alla fascia d’età dei tre ricercati, ma non ci furono riscontri. Nel 2019 venne pubblicato un avviso di ricerca per lei e i suoi presunti complici che diceva: «Questi potrebbero essere anche i vostri vicini!».

Negli ultimi anni gli investigatori avevano anche diffuso più volte un’immagine vaga ma recente di Klette e Garweg, ottenuta da una registrazione di una telecamera in un autobus. L’immagine era stata ripresa da alcune trasmissioni televisive, e gli investigatori dicono di essere riusciti ad arrestare Klette proprio grazie a una segnalazione del pubblico arrivata a novembre del 2023. La ministra dell’Interno della Bassa Sassonia, Daniela Behrens, ha definito un «capolavoro» il lavoro degli agenti tedeschi.

Tuttavia, in questi giorni è stato fatto notare come a ottobre del 2023, su richiesta degli autori del podcast in lingua tedesca Legion, il giornalista investigativo di Bellingcat Michael Colborne avesse già trovato un riscontro fra le foto segnaletiche di Klette e quelle presenti online sotto il nome di Claudia Ivone. Colborne ha detto di averla trovata utilizzando due programmi di riconoscimento facciale disponibili al pubblico, che avevano individuato una somiglianza fra le foto segnaletiche di Daniela Klette e quelle presenti su internet di Claudia Ivone a un festival di capoeira. Colborne ha detto che la ricerca è durata non più di 30 minuti e si è chiesto come fosse possibile che le autorità non avessero pensato di utilizzare questo metodo per trovarla.

La polizia non ha rivelato chi sia stato a fare la segnalazione a novembre del 2023 e ha detto che da allora non è stato utilizzato un software di riconoscimento facciale per arrivare all’arresto di Klette.

Peter Neumann, professore tedesco di studi sulla sicurezza al King’s College di Londra, ha detto al New York Times che uno dei principali ostacoli alla capacità della Germania di individuare estremisti e latitanti è l’applicazione «troppo zelante» delle leggi sulla protezione dei dati, un atteggiamento che deriva dalla storia di sorveglianza e repressione della Germania nazista e poi della Germania dell’Est.

Dopo la cattura di Klette è stata istituita dalla polizia una ricompensa di 150mila euro alle persone che possano fornire informazioni utili per l’arresto di Staub e Garweg, che si pensa siano entrambi a Berlino. Negli ultimi giorni sono state condotte perquisizioni e sequestri in diversi appartamenti della città e sono state arrestate alcune persone sospettate di essere uno dei due ricercati, tutte rilasciate in poche ore. Al momento Klette è detenuta per il suo presunto coinvolgimento nelle rapine, ma esiste anche un’indagine parallela per il suo passato come membro della RAF.