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  • Lunedì 26 febbraio 2024

L’esercito israeliano ha presentato un piano per evacuare Rafah

Cioè l'ultima città della Striscia di Gaza che non è ancora stata attaccata: lo ha sottoposto al "gabinetto di guerra", in vista dell'invasione imminente

Un soldato israeliano osserva la Striscia di Gaza dal confine meridionale con Israele (AP Photo/Maya Alleruzzo)
Un soldato israeliano osserva la Striscia di Gaza dal confine meridionale con Israele (AP Photo/Maya Alleruzzo)
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Domenica l’esercito israeliano ha presentato un piano per l’evacuazione dei civili palestinesi dalle zone in cui sono in corso le operazioni militari di Israele nella Striscia di Gaza. Lo ha annunciato domenica sera l’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, senza dare maggiori informazioni su cosa contenga. Ma anche in mancanza di dettagli, è chiaro che il piano riguarderà soprattutto Rafah, una delle città principali del sud della Striscia di Gaza, l’unica che ancora non è stata attaccata via terra da Israele.

Il piano è stato presentato al “gabinetto di guerra” del paese, l’organo creato dal governo israeliano in seguito all’attacco di Hamas in territorio di Israele del 7 ottobre, che ne discuterà nelle prossime ore.

Nelle ultime settimane il governo israeliano aveva annunciato l’intenzione di invadere anche Rafah, sostenendo che la città fosse usata come base operativa di Hamas. L’invasione è stata però finora rimandata più volte, soprattutto per via della pressione di diversi governi stranieri che stanno cercando di mediare un cessate il fuoco. Nonostante negli ultimi giorni i colloqui di pace abbiano fatto qualche passo avanti, un’invasione di Rafah adesso è considerata imminente.

L’evacuazione dei civili dovrebbe servire all’esercito israeliano per entrare nella città causando meno morti possibili, ma non è chiaro dove i civili possano essere mandati. A Rafah e nei suoi dintorni sono attualmente ospitati circa 1,4 milioni di palestinesi, che in questi mesi si sono rifugiati nell’estremità meridionale della Striscia di Gaza in seguito alle progressive evacuazioni del resto del territorio, in corrispondenza delle altre operazioni militari israeliane.

Quella di Rafah era l’ultima area definita sicura, e ora non esistono più zone dove un così grande numero di civili possa rifugiarsi all’interno della Striscia. La città è stata bombardata comunque più volte in questi mesi, come molte aree della Striscia di Gaza: in tutto i civili palestinesi uccisi dall’esercito israeliano dopo il 7 ottobre sono circa 30mila.

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Già alcuni giorni fa Benny Gantz, membro del “gabinetto di guerra”, aveva detto che le truppe israeliane avrebbero cominciato l’invasione di Rafah entro l’inizio del Ramadan, il mese sacro del calendario islamico, che quest’anno per i palestinesi comincia domenica 10 marzo. Nel frattempo a Parigi si sono svolti però importanti negoziati di pace tra i delegati di vari paesi – tra cui Israele, Stati Uniti ed Egitto – per cercare di raggiungere un cessate il fuoco almeno temporaneo nella Striscia di Gaza, e per ottenere la liberazione di parte degli ostaggi israeliani ancora prigionieri di Hamas.

Sembrava che un esito positivo dei negoziati potesse evitare un’invasione di Rafah, ma domenica Netanyahu ha ribadito che avverrà lo stesso, che si raggiunga un accordo o meno. Nel corso di un’intervista al network televisivo statunitense CBS News, il primo ministro israeliano ha detto che se ci sarà un accordo l’invasione «verrà un po’ ritardata, ma ci sarà», e che se non verrà trovato un accordo sarà invece imminente. «È una cosa che va fatta, perché la vittoria totale è a portata di mano: è una questione di settimane, non di mesi, dal momento in cui inizierà l’invasione».

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