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  • Venerdì 23 febbraio 2024

Quasi tutti i morti finiti in mare nel crollo del cimitero di Camogli sono rimasti senza nome

Tre anni fa in Liguria una frana fece precipitare centinaia di loculi: una lunga indagine ha identificato solo 91 dei 415 resti tra bare, urne e cassette funerarie

Vigili del fuoco nel punto in cui crollò il cimitero di Camogli
Vigili del fuoco nel punto in cui crollò il cimitero di Camogli (Ansa/Unifi)
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Negli ultimi tre anni il dipartimento di medicina legale dell’ospedale San Martino di Genova ha lavorato a un’indagine complessa e inedita per la storia italiana: dare un nome a 415 salme cadute in mare nel crollo del cimitero di Camogli avvenuto il 22 febbraio del 2021. Fin da subito si capì che sarebbe stata un’impresa quasi proibitiva e dopo tre anni i risultati lo confermano: le indagini hanno permesso di restituire alle famiglie solo 91 tra salme, resti e ceneri. Molti resti non sono stati nemmeno recuperati dal mare, altri non è stato possibile identificarli.

Il cimitero di Camogli si trova a picco sul mare, sostenuto da una falesia del golfo Paradiso, nella riviera ligure di Levante, in provincia di Genova. Come la maggior parte della costa rocciosa della Liguria, anche in questa zona c’è un alto rischio di crolli dovuto all’azione del mare che modella ed erode le falesie, cioè promontori formati da rocce tendenzialmente fragili e friabili, costantemente soggette alla forza del mare e delle piogge. Diversi studi hanno accertato che la falesia del cimitero di Camogli arretra dai 5 ai 10 centimetri all’anno.

Tra il 20 e il 21 febbraio 2021 fu segnalato il crollo di un blocco di roccia alla base della falesia e nella mattinata del 22 febbraio fu chiuso il cimitero dopo aver trovato profonde fratture in diverse parti della struttura. «Sta andando giù», disse un tecnico del comune che documentò il crollo. Erano passate da poco le 15, due gabbiani appollaiati sul tetto del cimitero si alzarono in volo e alcuni secondi dopo crollò prima una cappella, poi un’intera sezione di loculi. Centinaia di bare e urne finirono disperse trenta metri più sotto, nel fango e nel mare.

Il recupero iniziò poche ore dopo e durò settimane. I vigili del fuoco impiegarono sommozzatori, elicotteri, droni subacquei, sonar. Il tratto di mare venne chiuso per impedire che le correnti trasportassero al largo i corpi e le casse con i resti e le ceneri.

Prima di ricorrere all’esame del DNA fu chiesto ai familiari delle salme finite in mare di compilare una scheda “ante mortem” per trovare informazioni utili a identificare i morti recuperati. Furono raccolti e confrontati dati come l’altezza, la corporatura, segni fisici distintivi come il colore di capelli, barba o baffi, cicatrici, tatuaggi, evidenti malformazioni, difetti dentali, eventuali operazioni a cui erano stati sottoposti in vita. Fu chiesto per esempio di fornire il numero di serie dei pacemaker. Nella scheda c’era anche uno spazio per descrivere quali vestiti indossasse la persona defunta, se avesse gioielli o la fede nuziale al momento della sepoltura.

Il punto in cui crollò il cimitero di Camogli

(ANSA/ GIUSEPPE RISSO)

Infine fu chiesto ai familiari più stretti – figli, fratelli e sorelle, genitori – di dare al dipartimento di medicina legale un campione di materiale genetico per il test del DNA. «Il lavoro è complesso perché noi non sappiamo di chi sia il reperto, quindi non possiamo fare un confronto con una persona nota e poi perché il nostro DNA di riferimento non è della persona che stiamo cercando, ma di un familiare», ha detto Camilla Tettamanti, ricercatrice dell’Istituto di Medicina Legale, in un’intervista al Tg Rai della Liguria.

Su 227 salme finite in mare ne sono state riconosciute 59. Il risultato è stato migliore per le urne cinerarie: 17 su 20 sono state restituite alle rispettive famiglie, mentre sono stati identificati i resti contenuti in sole 15 cassette funerarie sulle 168 coinvolte nel crollo. «Speravamo in risultati migliori», dice l’avvocata Cristina Poma che assiste alcune famiglie. I famigliari dei morti coinvolti nel crollo si sono costituiti in un comitato chiamato “Caligo su Camogli”. Caligo è la parola che indica la nebbia generata dal mare, tipica all’inizio della primavera quando le masse di aria tiepida vengono a contatto con l’acqua ancora fredda. Secondo le credenze popolari, il caligo è la nebbia che accompagna le anime verso l’aldilà.

Una quindicina di famiglie del comitato ha avviato una causa civile contro il comune per ottenere un risarcimento: la prossima udienza sarà a maggio. «Il crollo è una ferita che non si rimarginerà mai», dice Poma. «Molte persone non hanno più una tomba su cui piangere i propri cari. È una storia che ha colpito un intero paese».

(Vigili del Fuoco)

La procura di Genova ha aperto anche un’inchiesta per individuare eventuali responsabilità o sottovalutazioni del pericolo. Sono stati indagati l’ex sindaco di Camogli, Francesco Olivari, e i suoi due predecessori Salvatore Mannucci e Giuseppe Maggioni oltre a due dirigenti del comune responsabili dei Lavori pubblici. I magistrati hanno commissionato una perizia all’ingegnera Donatella Sterpi, professoressa del politecnico di Milano, e alla geologa Francesca Franchi. Secondo le due esperte, il crollo del cimitero era prevedibile fin dal 2008, evitabile intervenendo entro il maggio del 2019.

Nel 2008, infatti, arrivarono i risultati di uno studio commissionato all’università di Genova che mise al corrente il comune dei rischi dovuti all’erosione della falesia. Il crollo si sarebbe potuto evitare con l’installazione di protezioni e tiranti per esercitare pressione sulla roccia. I due cantieri più recenti di ristrutturazione e consolidamento del cimitero risalgono al 2015 e al 2020, entrambi finanziati con i fondi destinati agli «eventi calamitosi», ma con investimenti contenuti: 200mila e 470mila euro. Nonostante i lavori, non venne segnalato il pericolo di crollo della parte di cimitero sorretta dalla falesia. Al momento la procura non ha ancora deciso se chiedere il rinvio a giudizio oppure l’archiviazione. La falesia continua a essere controllata costantemente.

Il cimitero fu riaperto nell’ottobre del 2021, pochi mesi dopo il crollo. Alcune zone continuano a essere inaccessibili. Giovedì pomeriggio è stata portata una corona di fiori nel punto dove crollò il cimitero e nella basilica di Santa Maria Assunta è stata celebrata una messa in ricordo delle persone i cui resti finirono in mare.