In Giappone la borsa non andava così bene da 34 anni

Nonostante la crisi economica, l'indice Nikkei ha superato il record storico dei mercati finanziari giapponesi, che crollarono nel 1990 dopo lo scoppio della più grande bolla speculativa della storia del paese

Foto di una persona a Tokyo si ferma a guardare gli schermi con l'andamento del Nikkei che si avvicina verso il record storico del 1990
Una persona a Tokyo si ferma a guardare gli schermi con l'andamento del Nikkei che si avvicina verso il record storico del 1990, giovedì 22 febbraio 2024 (AP Photo/Eugene Hoshiko)
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Giovedì il mercato finanziario del Giappone ha superato in chiusura il record storico di 34 anni fa: il Nikkei 225, l’indice principale della borsa giapponese, che mostra l’andamento delle azioni delle 225 aziende più grandi e che per questo è molto rappresentativo per valutare le tendenze del mercato finanziario del paese, ha chiuso a 39.098,68 punti (gli indici azionari si misurano in punti, e non in euro, o in dollari, o in yen, per rendere più agevoli i confronti nel tempo). Il 29 dicembre del 1989 aveva raggiunto 38.957,44 punti: i mercati finanziari non erano mai andati così bene, e poco dopo in Giappone sarebbe scoppiata la più grande bolla speculativa della storia del paese.

Il record raggiunto oggi è in parte sorprendente, visto che l’economia giapponese è in recessione e in generale è arrivato in un momento di grandi difficoltà per il governo giapponese, che sta registrando indici di popolarità bassissimi dovuti anche a una serie di scandali che ne hanno minato la credibilità.

La media mensile dell’indice Nikkei 225 (Fonte: Wall Street Journal)

I motivi che lo spiegano sono soprattutto due: uno strutturale e uno invece più legato alle notizie recenti.

Il primo riguarda il fatto che gli investitori stranieri stiano dirottando in Giappone grossa parte dei loro investimenti che un tempo erano diretti in Cina, paese sempre meno attraente a livello finanziario a causa del forte rallentamento economico e delle sue stringenti regole anti spionaggio sui capitali stranieri. Anche il Giappone è in crisi economica al momento, ma i suoi problemi sono percepiti come meno strutturali di quelli cinesi.

Per gli stranieri investire in Giappone è inoltre diventato più vantaggioso nell’ultimo anno per la debolezza della valuta locale, lo yen, che ha perso tantissimo valore rispetto alle altre monete internazionali: chi compra azioni o obbligazioni partendo da dollari o euro trova conveniente farlo in Giappone, dove gli ci vorranno relativamente meno soldi per comprare titoli in yen. Questi movimenti sono stati massicci e hanno contribuito in gran parte al buon andamento del Nikkei, che solo da inizio anno è cresciuto del 16 per cento.

Le ragioni più recenti che hanno influito sull’indice della borsa hanno riguardato soprattutto alcuni titoli di aziende tecnologiche che sono andate particolarmente bene nell’ultimo periodo, spinte al rialzo dai buoni risultati di società di chip Nvidia e Arm (che pur non essendo quotate in Giappone influenzano tutti i titoli del settore), ma anche il produttore di apparecchiature per la costruzione di semiconduttori Tokyo Electron: gli andamenti molto positivi di questi titoli hanno contribuito in parte a tirare su l’indice generale.

Come fa notare il Wall Street Journal, nonostante l’ottimismo attuale la notizia che il record precedente sia stato superato solo 34 anni dopo è in parte un promemoria di come possa essere complicato e lungo uscire dalle crisi finanziarie particolarmente gravi. Questo intervallo di tempo è stato uno dei più lunghi nella storia dei mercati finanziari globali: per esempio il Dow Jones, il più importante indice azionario statunitense, ci ha messo 25 anni per recuperare i valori del 1929, prima della grande crisi finanziaria.

La bolla speculativa giapponese del 1990 arrivò dopo un decennio particolarmente florido per il paese: negli anni Ottanta l’economia giapponese visse un periodo di grande ottimismo ed entusiasmo, dovuto soprattutto alle nuove regole di liberalizzazione finanziaria che fecero affluire fin troppi investimenti finanziari e immobiliari. Il valore dei titoli finanziari e degli immobili si gonfiò talmente tanto da non riflettere più valori reali: si creò appunto la “bolla”.

In termini di gravità lo scoppio della bolla speculativa giapponese del 1990 fu per il Giappone quello che la crisi del 1929 fu per gli Stati Uniti. Forse per certi versi ancora più grave, perché non solo la crisi economica che generò fu fortissima, ma fu anche molto persistente: diede inizio a quello che gli storici chiamano il “decennio perduto” per l’economia giapponese, un periodo in cui l’economia smise di crescere e diventò asfittica.

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