Mascherine e depuratori per l’aria proteggono dall’inquinamento?

Le FFP2 e i filtri HEPA dei purificatori hanno una certa efficacia contro il particolato: comunque non bisogna aver paura di aprire le finestre

Persone che indossano mascherine sul viso nel traffico di Milano
Mascherine per strada a Milano, il 19 gennaio 2021 (ANSA / PAOLO SALMOIRAGO)
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La pessima qualità dell’aria di questi giorni nella Pianura Padana non ha soluzioni semplici e immediate perché è legata alle condizioni meteorologiche, alla geografia e alla presenza di numerose città, industrie e allevamenti nella regione. Chi si preoccupa dei rischi per la salute legati a questa forma di inquinamento può comunque adottare alcune abitudini come prevenzione: ad esempio usare mascherine per bocca e naso quando sta all’esterno e usare dispositivi per depurare l’aria negli ambienti chiusi.

L’inquinamento atmosferico è una delle principali cause di malattie cardiovascolari e di un generale accorciamento delle aspettative di vita secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). In particolare l’Agenzia europea per l’ambiente (AEA) ha stimato che nel 2021 almeno 253mila persone siano morte a causa dell’esposizione cronica alle micropolveri, anche note come particolato o PM, e almeno 52mila per l’esposizione cronica al biossido di azoto, un gas prodotto soprattutto dai motori diesel ma anche dagli impianti di riscaldamento e dalle industrie, che è il principale gas inquinante dannoso per la salute.

Le misure di prevenzione per la salute personale che si possono applicare usando mascherine e depuratori riguardano il particolato. Entrambi questi strumenti infatti funzionano grazie a filtri per l’aria che trattengono le piccole particelle solide o liquide presenti nell’aria: le mascherine sono essenzialmente dei filtri per naso e bocca, mentre i depuratori contengono dei filtri al loro interno attraverso cui viene fatta passare l’aria presente in un ambiente chiuso. Non possono invece far nulla per i gas inquinanti perché le dimensioni delle particelle gassose sono dello stesso ordine di grandezza di quelle dei componenti dell’aria che invece dobbiamo respirare per vivere: una mascherina che li bloccasse sarebbe piuttosto dannosa per la salute.

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Non sono ancora state fatte ricerche scientifiche che dicano qualcosa sugli effetti a lungo termine dell’uso metodico di mascherine per il viso per proteggersi dall’inquinamento dell’aria, dunque non è possibile dire in che misura garantiscano protezione dai rischi per la salute. Tuttavia vari studi hanno dimostrato che le mascherine sono efficaci nel trattenere il particolato, in particolare il PM10, quello composto da particelle di dimensioni maggiori, cioè con un diametro fino a un centesimo di millimetro (10 micrometri).

Uno studio pubblicato nel 2021 ha riscontrato che praticamente qualsiasi tipo di mascherina per il viso (comprese quelle di cotone) rappresenta una qualche forma di filtro per il particolato. Realizzato da un gruppo di scienziati del Colorado, negli Stati Uniti, per valutare l’utilità delle mascherine più diffuse contro l’inquinamento da incendi boschivi, questo studio dice che però quelle più efficaci sono le N95, le cui caratteristiche corrispondono più o meno a quelle delle FFP2 in uso in Europa. Tali mascherine, secondo le analisi del gruppo di ricerca, proteggono dal particolato urbano tre volte di più rispetto alle mascherine chirurgiche, anche se l’efficacia diminuisce con le particelle di diametro inferiore al micrometro. Bisogna inoltre ricordare che si tratta di dispositivi usa e getta.

Le mascherine chirurgiche potrebbero essere filtri efficaci se non fosse che non aderiscono bene al viso. Infatti per bloccare davvero il particolato le mascherine non devono lasciare spazi per il passaggio di aria non filtrata. La loro efficacia diminuisce se chi le indossa ha la barba o fa dei movimenti a causa dei quali le mascherine si spostano molto sulla pelle, come quelli che si possono fare mentre si va in bici.

Un’altra precauzione che si può applicare in giorni di alto inquinamento dell’aria cittadina è evitare di fare attività sportiva all’aperto.

Per quanto riguarda gli ambienti chiusi, l’inquinamento dell’aria può essere anche maggiore rispetto all’esterno. Negli interni infatti le fonti di sostanze inquinanti sono moltissime: a quelle dell’aria esterna si uniscono le particelle prodotte da esseri umani e animali (l’anidride carbonica che espiriamo, ma anche piccole gocce di saliva di quando tossiamo o starnutiamo, peli, forfora, eccetera), le sostanze rilasciate da processi di combustione come la cottura dei cibi, il riscaldamento, il fumo di sigaretta, incensi, candele e altro, e quelle rilasciate dai prodotti per la pulizia e altri.

La misura più efficace per ripulire l’aria degli ambienti chiusi, anche se può sembrare controintuitivo in giornate di pessima qualità dell’aria, è aprire le finestre con una certa frequenza. «Almeno 2 o 3 volte al giorno per almeno 5 minuti», aveva spiegato alcuni anni fa al Post Alessandro Miani, presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale: «L’apertura delle finestre porta a una dispersione e diluizione delle sostanze concentrate nell’aria delle case anche in giorni in cui l’aria esterna è particolarmente inquinata. Se vivete in città, meglio aprire le finestre che affacciano su vie poco trafficate o su cortili interni, in orari in cui ci sono meno macchine in giro come la sera, la mattina presto o l’ora di pranzo».

In aggiunta si possono poi utilizzare dei dispositivi per filtrare l’aria spesso usati dalle persone allergiche ai pollini. Questi dispositivi sono efficaci per filtrare il particolato se contengono i cosiddetti filtri HEPA (dall’inglese High Efficiency Particulate Air filter), che spesso sono presenti negli impianti di condizionamento industriale ma non in quelli domestici, e sono in grado di trattenere anche il PM2,5 o “particolato fine”, quello formato da particelle con diametro inferiore a 2,5 micrometri.

Come per le mascherine, non sono disponibili studi a lungo termine che diano informazioni sui benefici per la salute dell’uso di depuratori con filtri HEPA. Una rassegna delle ricerche fatte fino al 2020 su questi dispositivi ha però concluso che i depuratori riducano effettivamente la concentrazione di PM2,5 nell’aria degli ambienti chiusi e che siano una buona soluzione familiare per proteggersi da fonti di inquinamento esterne, se utilizzati correttamente e ben manutenuti. Si tratta di dispositivi che però costano alcune centinaia di euro.