Ha senso comprare una mascherina anti-smog?

Alcune sono efficaci come filtro per il particolato, ma se non le si indossa bene non sono così utili

Una donna con una mascherina anti-smog a Città del Messico, il 14 maggio 2019, una giornata con alti livelli di inquinamento dell'aria (Manuel Velasquez/Getty Images)
Una donna con una mascherina anti-smog a Città del Messico, il 14 maggio 2019, una giornata con alti livelli di inquinamento dell'aria (Manuel Velasquez/Getty Images)

Tra le notizie sullo smog nelle città della Pianura Padana, quelle sugli incendi in Australia e sul nuovo coronavirus, in questi giorni si vedono molte immagini di persone che indossano mascherine sul viso. Quelle anti-smog non sono ancora molto diffuse in Italia – anche da noi si comincia a dire che potrebbero diventare un nuovo accessorio nel mondo della moda – e la loro efficacia è discussa. Invece quelle che si usano in ambito sanitario, e che si vedono in tante foto scattate in Cina in questi giorni, non servono a proteggersi da ciò che c’è nell’aria, come si potrebbe pensare, ma per evitare di spargere in giro i propri germi; nei paesi asiatici il loro uso è molto diffuso come forma di educazione, anche se effettivamente nelle ultime settimane sono state acquistate da molti pensando che proteggano dai contagi.

Per chi in questi giorni si fosse chiesto se valga la pena acquistare una mascherina anti-smog (oltre che un purificatore per l’aria) abbiamo messo insieme qualche informazione per farsi un’idea sul tema.

Quali sono gli inquinanti dell’aria?
Le sostanze inquinanti presenti nell’aria delle città (di cui abbiamo parlato con maggiori dettagli qui) si dividono in più categorie: quella di cui si sente parlare più spesso è il particolato, cioè l’insieme delle sostanze solide e liquide sospese nell’aria, in particelle con un diametro fino a mezzo millimetro. Sono dovute sia ad attività naturali (pollini, polvere) che a quelle umane (industrie, riscaldamento, traffico). A seconda delle loro dimensioni, le sostanze che compongono il particolato hanno caratteristiche diverse, per questo di solito si usa la sigla PM seguita da un numero che indichi il diametro massimo in millesimi di millimetro, per distinguerle. In generale più le PM sono piccole, più vuol dire che si possono intrufolare nel nostro organismo, talvolta causando danni.

PM10
È di solito il particolato più citato ed è formato da particelle con un diametro inferiore al centesimo di millimetro (10 micrometri). È una polvere che può essere respirata ed è quindi in grado di raggiungere le parti interne del naso e della laringe. Particelle con diametro tra i 5 e i 2,5 micrometri riescono anche a depositarsi nei bronchi.

PM2,5
Viene di solito definito “particolato fine” ed è formato da particelle con diametro inferiore a 2,5 micrometri. Riesce a penetrare nei polmoni e in alcune circostanze a raggiungere poi il sistema circolatorio, con ulteriori rischi per la salute.

Oltre alle polveri sottili, ci sono anche altre sostanze gassose che in concentrazioni elevate nell’aria possono essere pericolose per la salute. I motori diesel, per esempio, emettono notevoli quantità di biossido di azoto, ritenuto cancerogeno e che nelle persone a rischio può provocare danni seri all’apparato respiratorio e non solo. C’è poi l’ozono: può causare irritazioni dell’apparato respiratorio ed è tra le sostanze più rischiose per chi soffre d’asma.

Dalla combustione dei combustibili fossili e da fonti naturali (come la decomposizione biologica) derivano poi i composti dello zolfo. La quasi totalità delle emissioni di zolfo dovute all’attività umana è composta da biossido di zolfo, che deriva dai processi di combustione: di solito non ha una lunga permanenza nell’aria, perché viene rimosso dalle precipitazioni atmosferiche. Ci sono poi i composti di azoto considerati inquinanti, come il monossido e il biossido di azoto, prodotti sia in natura sia con l’attività umana, sempre attraverso i processi di combustione.

A concentrazioni variabili, sono presenti molte altre sostanze come gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), dovuti per esempio alla combustione del gasolio, della legna e della nafta, in alcuni casi considerati forti cancerogeni. Infine, ci sono i composti del carbonio, come il monossido di carbonio (CO) e l’anidride carbonica (CO2). Il primo è altamente tossico e permane per circa 30 giorni nell’atmosfera, dal momento della sua emissione, prima di essere ossidato da reazioni chimiche indotte dalla luce (fotochimiche). L’anidride carbonica invece non raggiunge livelli tali da essere direttamente tossica per noi o gli animali, anche se è la principale responsabile del riscaldamento globale tramite l’effetto serra.

Ci sono mascherine anti-smog efficaci?
Non sono ancora state fatte ricerche scientifiche sull’uso delle mascherine anti-smog per un periodo sufficiente di anni che ci permettano di dire con sicurezza che usarle serva a qualcosa, e in quale misura. Tuttavia alcuni tipi di mascherine hanno sicuramente un effetto di filtro, parziale, rispetto ad alcune delle sostanze che si trovano nell’aria delle città.

Il problema, sottolineato da tutti gli esperti che ne hanno parlato sui giornali, è che devono essere indossate correttamente per avere effetto, una cosa non scontata: bocca e naso devono essere bene isolati dall’esterno, non ci devono essere fessure e i margini della mascherina devono essere totalmente a contatto con la pelle. Per questo nessuna maschera è efficace per chi ha la barba, dato che impedisce una corretta adesione al viso.

Ovviamente non tutte le mascherine sono uguali. Le mascherine semirigide di carta (quelle contro la comune polvere, per intendersi) non riparano dai PM10 e forniscono una protezione trascurabile al particolato di diametro maggiore. Lo stesso vale per le maschere che coprono naso e bocca con un tassello di tessuto, simili a quelle sanitarie: servono per evitare di disperdere saliva, muco o particelle di sangue quando si è ammalati, non per prevenire l’inalazione di polveri sottili. Un test condotto nel 2014 a Hong Kong, una città che deve fare spesso i conti con l’alto inquinamento dell’aria, aveva dimostrato che le mascherine semplici (di solito di polipropilene) filtrano poco dagli inquinanti con diametro più piccolo.

Ci sono poi le maschere prodotte per gli ambienti di lavoro polverosi o dove possono essere presenti fumi dovuto a incendi o gas o vapori tossici; sono chiamate anche “respiratori”. Nell’Unione Europea la norma tecnica per classificarle e regolare come devono essere fatte si chiama EN 149 e risale al 2009. Divide le maschere (per la precisione le “semimaschere” dato che coprono solo metà del viso) in tre “classi di protezione”: FFP1, FFP2 e FFP3, e quest’ultime sono le più protettive, oltre che più pesanti e scomode. Generalmente le FFP1 sono usate nel settore edile e nell’industria alimentare, mentre le FFP2 sono usate nell’industria metallurgica o nell’industria mineraria. Sono monouso (i produttori indicano per quanto tempo si possono usare, generalmente circa 8 ore) oppure sono fatte da “facciali” con dei filtri da sostituire nel tempo.

Le FFP2 sono consigliate anche per chi lavora a lungo per strada come i vigili urbani, mentre per chi deve semplicemente spostarsi per le strade cittadine a piedi o in bicicletta le FFP1 sono sufficienti. Offrono un’efficienza filtrante dell’80 per cento (le FFP2 del 94 per cento) se le particelle hanno diametro maggiore di 0,6 micrometri: hanno un effetto sul PM10 ma non su molti tipi di PM2,5. Cercando in giro modelli di mascherine ci si può imbattere anche nella classificazione americana, che distingue otto classi di maschere. Le più diffuse sono le N95 che trattengono il 95 per cento delle particelle presenti nell’aria con diametro maggiore di 0,3 micrometri: anche loro dunque non filtrano molti tipi di PM2,5. Nessuna di queste maschere può proteggere dai gas inquinanti, ma solo dal particolato. Molte hanno valvole anti-condensa, utili soprattutto per chi porta gli occhiali.

Se ora pensate che vorreste usare una mascherina mentre andate al lavoro in bici, ricordate la questione dell’adesione delle maschere al viso. Secondo uno studio del 2018, finanziato dall’equivalente britannico del CNR, anche se le maschere hanno filtri efficaci non proteggono comunque dall’inquinamento perché non si adattano bene alla forma del viso, specialmente mentre ci si muove. Gli autori dello studio hanno inoltre sottolineato che non si conoscono i benefici a lungo termine dell’utilizzo delle maschere, né quanto si debba usarle perché servano a qualcosa.

Dove comprare mascherine anti-smog
Se continuate a pensare di voler comprare e usare delle mascherine, la prima cosa da controllare prima di acquistarle è che abbiano la marcatura CE, che certifica che siano conformi alle norme tecniche europee e in particolare alla EN 149. Su Amazon e in generale online se ne trovano alcuni modelli pensati per chi si sposta in motorino o in bicicletta, o fa jogging, riutilizzabili cambiando i filtri: prima di acquistarne uno però sarebbe bene provarlo sul viso (anche mentre si fanno dei movimenti), a maggior ragione perché sono quasi tutti disponibili in taglia unica; bisogna anche capire bene ogni quanto spesso bisogna sostituire i filtri.

Smoggy di Tucano Urbano (28 euro, 24 su Amazon) ad esempio è un facciale certificato, con filtri di categoria FFP3, ma sul sito del produttore non è indicato quanto spesso i filtri (che costano 15 euro l’uno) debbano essere sostituiti.

Il facciale di Tucano Urbano Smoggy: all’interno ha uno spazio per dei filtri che vanno sostituiti con l’uso

Wirecutter, l’autorevole sito di recensioni del New York Times, consiglia di usare maschere professionali piuttosto che quelle più belle da vedere, per avere maggiori garanzie sulla loro efficacia, e suggerisce due modelli di 3M, la multinazionale americana che oltre a maschere, adesivi, protezioni antincendio e materiali elettrici, tra le altre cose, possiede i marchi Scotch e Post-it. Ci sono moltissimi modelli diversi nella categoria FFP1 (e non solo) con diverse caratteristiche: con o senza valvole e di forme diverse, si distinguono soprattutto per gli ambiti industriali per cui sono stati progettati.

Il modello di respiratore monouso di 3M più simile a quello consigliato da Wirecutter (i modelli per il mercato americano non sono uguali a quelli per il mercato europeo); è una FFP1. Su Amazon se ne possono comprare dieci per 35 euro

Altre due cose importanti da sapere prima di fare un acquisto sono che le persone che hanno problemi respiratori o soffrono di asma dovrebbero consultare un medico prima di usare una di queste maschere e che per i modelli prodotti per gli ambiti professionali non ci sono misure adatte per i bambini.

È probabile che in futuro le maschere anti-smog saranno sempre più richieste e diffuse e c’è chi già ora ne sta progettando di molto tecnologiche, come la startup americana Ao Air, che ne ha presentata una futuristica. Per ora però non si può acquistare e non si sa nemmeno se funzioni meglio delle mascherine monouso.

Esistono mascherine antivirus?
I batteri hanno diametri compresi tra gli 0,2 micrometri e i 30 micrometri e per la maggior parte hanno un diametro di qualche micrometro: per questo i filtri delle mascherine anti-smog di cui abbiamo parlato dovrebbero riuscire a bloccarli. Ma la stessa cosa non si può dire dei virus, i cui diametri sono generalmente compresi tra 20 e 300 nanometri, cioè tra 0,02 e 0,3 micrometri. Dunque i respiratori professionali non possono filtrarli, e men che meno le mascherine chirurgiche.

Usare mascherine chirurgiche può essere una buona precauzione per le persone malate (se non impediscono la respirazione) per ridurre i rischi di contaminazione, ma non è assolutamente detto che aiutino a evitare di essere contagiati. David Carrington, medico e docente della St George’s University of London, ha spiegato a BBC News che le mascherine chirurgiche non sono efficaci contro virus e batteri perché non coprono a sufficienza il viso, non hanno filtri e lasciano gli occhi esposti: i virus che si trasmettono per via aerea possono entrare anche da lì. L’unico caso in cui possono limitare il rischio di un contagio è quello in cui una persona infetta starnutisca o tossisca vicino a voi: una mascherina può fare da semplice barriera fisica tra le vostre mucose e uno schizzo di saliva. Ma anche in un caso del genere non è detto che il virus non riesca a farsi strada.

La cosa migliore da fare per evitare di essere infettati dai virus (oltre a vaccinarsi quando si può, ad esempio nel caso dell’influenza) è seguire basilari regole igieniche: lavarsi spesso le mani con acqua e sapone (per una trentina di secondi almeno), di starnutire e tossire in un fazzoletto o portandosi l’incavo del gomito alla bocca (in questo modo non si contaminano gli oggetti che si toccano con le mani e, al tempo stesso, non ci si porta nulla alla bocca dopo che si sono toccate superfici che potrebbero essere contaminate), ed evitare di portarsi le mani alla bocca o agli occhi, senza averle lavate prima.

Il nuovo coronavirus, spiegato bene

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