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  • Venerdì 16 febbraio 2024

In Francia si discute di divise scolastiche

Il governo di Macron ne ha proposto l'uso sperimentale in un centinaio di scuole per poi estenderlo ovunque dal 2026, ma ci sono forti resistenze da parte di famiglie, studenti e insegnanti

Un gruppo di studenti, 14 marzo 1978 (Evening Standard/Hulton Archive/Getty Images)
Un gruppo di studenti, 14 marzo 1978 (Evening Standard/Hulton Archive/Getty Images)
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In Francia si sta discutendo di divise scolastiche, cioè un set standardizzato di vestiti da indossare all’interno delle scuole. Nel 2023 l’introduzione di uniformi in via sperimentale nelle scuole era stata voluta dal presidente Emmanuel Macron. In autunno erano state aperte le candidature per i comuni che intendevano partecipare volontariamente all’iniziativa. A metà gennaio di quest’anno Macron ha condiviso una mappa con i comuni che hanno aderito e ha annunciato che, se i risultati della sperimentazione saranno positivi, la divisa verrà introdotta ovunque a partire dal 2026.

Anche Gabriel Attal, l’attuale primo ministro francese che era stato ministro dell’Istruzione a partire da luglio del 2023, si era dichiarato favorevole alla proposta. Le cose però non stanno andando secondo i piani del governo.

La sperimentazione della divisa dovrebbe partire in teoria dal prossimo anno scolastico in un centinaio di scuole sparse in tutta la Francia. Le Monde ha scritto che in due di questi comuni la data di inizio della sperimentazione è stata addirittura anticipata, ma in decine di altri la proposta ha trovato finora forti resistenze da parte delle famiglie, degli insegnanti o dei sindacati. L’uso della divisa non può essere introdotto senza una modifica del regolamento scolastico, e questo in ciascuna scuola dipende a sua volta da un voto dei consigli di istituto: non è scontato quindi che venga approvato in tutte le scuole coinvolte nell’iniziativa, e alcune lo hanno anzi già respinto.

L’ultimo giorno per presentare le candidature volontarie era il 15 febbraio, ma il ministero dell’Istruzione ha annunciato una proroga fino a metà giugno, viste le scarse adesioni e la contemporanea opposizione all’iniziativa anche nelle scuole già selezionate.

Il governo ha stimato che ogni kit di divise, personalizzabili a livello locale da ciascuna scuola, costerà circa 200 euro: il costo non sarebbe comunque a carico delle famiglie, ma condiviso tra Stato e amministrazioni locali. Secondo Macron le divise scolastiche contribuiscono a ridurre le disuguaglianze sociali, il bullismo e a far aumentare il senso di appartenenza alla scuola stessa e dunque alla società.

La nuova ministra dell’Istruzione Nicole Belloubet ha spiegato che l’esperimento lanciato dal governo potrebbe essere «un modo per aiutare gli studenti a evitare le discriminazioni». Lo scorso anno era intervenuta nel dibattito anche Brigitte Macron, ex docente e moglie del presidente. Su Le Parisien aveva detto che da studente anche lei aveva indossato la divisa: «Quindici anni di gonna blu navy e maglione blu navy. E l’ho vissuta bene. Così si cancellano le differenze, si risparmiano tempo – perché ci vuole tempo per scegliere come vestirsi la mattina – e soldi rispetto alle marche».

Le ragioni di chi contesta le divise scolastiche sono diverse. A Aubervilliers, nel dipartimento della Senna-Saint-Denis, uno dei comuni che hanno aderito alla sperimentazione, i sindacati locali degli insegnanti si sono dichiarati contrari spiegando che «è una misura ideologica voluta dal sindaco» e che «non risponde assolutamente ai bisogni reali delle scuole». Per i sindacati le risorse destinate al finanziamento delle divise potrebbero essere utilizzate per acquistare nuovi libri di testo, ristrutturare gli edifici scolastici o potenziare il sostegno agli studenti con disabilità di cui nel paese c’è carenza.

A Plouisy, nel dipartimento delle Côtes-d’Armor, in Bretagna, un centinaio di genitori, funzionari eletti e insegnanti hanno organizzato a fine gennaio una manifestazione di protesta sotto le finestre del comune denunciando come la candidatura fosse stata calata dall’alto dal sindaco e senza consultare tutti i soggetti coinvolti.

In un istituto scolastico nel centro di Marsiglia l’esperimento della divisa è stato invece sottoposto a un voto online tramite la piattaforma che mette in contatto la comunità scolastica, gli studenti e i genitori: il 75 per cento dei quasi 400 studenti dell’istituto ha partecipato alla consultazione e il 66 per cento ha respinto la proposta. Intervistati da Le Monde, molti studenti hanno spiegato che indossare una divisa significava per loro «fare un passo indietro», tornare ai tempi dei loro nonni. Altri hanno detto che i vestiti sono un’importante forma di espressione personale e che le divise non appianano realmente le differenze sociali a scuola, perché queste emergerebbero comunque dalle scarpe e dai vari accessori visibili anche al di là della divisa.

Sugli effetti dell’abbigliamento scolastico nella psicologia dei giovani non ci sono molte ricerche, spesso riguardano contesti e paesi molto diversi tra loro, e quelle che ci sono non sono arrivate alle medesime conclusioni. Un’indagine statisticamente rilevante è stata pubblicata alla fine degli anni Novanta dal ricercatore statunitense David Brunsma sul Journal of Educational Research. Tenendo conto di vari parametri (tra cui l’origine sociale), lo studio ha dimostrato l’inesistenza di effetti significativi dell’uniforme sui risultati accademici, sulla frequenza scolastica e sui problemi comportamentali degli e delle studenti.

Un altro studio, condotto dal ricercatore dell’università dell’Ohio Arya Ansari e pubblicato nel 2021 sulla rivista Early Childhood Research Quarterly, ha dimostrato un «senso di appartenenza alla scuola» più debole tra gli studenti svantaggiati che indossano la divisa rispetto a quelli che non la indossano. L’ipotesi avanzata è che l’autoaffermazione attraverso l’abbigliamento possa contribuire a far sentire gli studenti più a loro agio nella scuola.

Anche le analisi qualitative che sono state fatte non hanno portato a molto, sebbene abbiano mostrato alcuni problemi, talvolta indiretti, posti dall’abbigliamento scolastico. Nell’India occidentale, ad esempio, gli studenti hanno dichiarato che la «cancellazione delle differenze sociali» non si verifica attraverso l’uniforme, perché tali differenze sono espresse da altri dettagli che non hanno a che fare con il tipo di abbigliamento sostituito dalle divise, ma con le acconciature, le scarpe, le cinture e i gioielli. L’introduzione dell’uniforme scolastica, secondo questo studio, può dunque rivelarsi addirittura dannosa perché in realtà rivela proprio quelle differenze che vorrebbe cancellare: «Nelle Indie Occidentali», ha spiegato il sociologo Michel Tondellier, autore di un libro sulle divise scolastiche nella Martinica (un dipartimento francese d’oltremare), «si riconoscono subito i bambini più poveri, che indossano polo consunte, troppo grandi o troppo piccole».