La Corte d’Appello di Roma ha confermato che una coppia di donne potrà non usare “padre” e “madre” sui documenti della figlia

Foto di una bambina di spalle
(AP Photo/Vadim Ghirda)

La Corte d’Appello di Roma ha confermato una sentenza del 2022 con cui una coppia di donne aveva vinto un ricorso contro un decreto approvato nel 2019 da Matteo Salvini, che all’epoca era ministro dell’Interno e oggi è ministro dei Trasporti: il decreto, tuttora in vigore, prevede la dicitura “madre” e “padre” per la carta di identità dei figli e delle figlie minorenni al posto di “genitori”. Nel 2020 le due donne, seguite da diverse associazioni che si occupano di diritti civili, avevano chiesto l’inapplicabilità del decreto nel loro singolo caso, ossia per la carta d’identità della figlia. La sezione civile del tribunale di Roma aveva dato loro ragione e ora la Corte d’Appello ha confermato la sentenza: per la carta d’identità potranno non essere usate le diciture “padre” e “madre”. La Corte ha anche imposto al ministero dell’Interno il pagamento delle spese processuali.

La decisione del tribunale di Roma riguarda soltanto il caso di questa coppia di donne: il decreto approvato da Salvini non è stato modificato e non ci sono indicazioni che il governo intenda farlo. Le associazioni che hanno seguito il caso ne hanno comunque sottolineato l’importanza simbolica. Il decreto è da tempo considerato discriminatorio nei confronti delle coppie dello stesso sesso da parte degli attivisti per i diritti della comunità LGBT+. Anche il Garante per la protezione dei dati personali l’aveva ritenuto problematico, soprattutto per ragioni burocratiche e amministrative.