Cosa c’entra San Valentino con gli innamorati

Non è molto chiaro, anche perché della vita del santo si sa poco, ma potrebbe avere a che fare con il poeta inglese Geoffrey Chaucer

Travis Kelce e Taylor Swift dopo il Super Bowl 2024 (Ezra Shaw/Getty Images)
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Il 14 febbraio, come ogni anno, si festeggia San Valentino, la cosiddetta “festa degli innamorati”. La ricorrenza prende il nome dal santo cristiano considerato patrono delle coppie di persone innamorate, ma non è chiaro cosa il santo abbia a che fare con l’amore. Come per molti altri santi, infatti, di San Valentino non si sa molto. È probabile che sia diventato il patrono degli innamorati intorno al quattordicesimo secolo d.C., nell’Inghilterra delle corti e dei cavalieri. La scelta di San Valentino per questo ruolo potrebbe essere stata dettata anche dal fatto che proprio intorno al 14 febbraio, nell’antica Roma, si celebravano i Lupercalia, una festa legata alla fertilità.

Di Valentino sappiamo che era un sacerdote (forse addirittura un vescovo) e che morì come martire a Roma nel terzo secolo d.C. Già al tempo non si conoscevano molte informazioni sul suo conto: quando venne istituita la sua festa, nel 469 d.C., Papa Gelasio I scrisse di lui che era un uomo il cui nome riceveva «giusta reverenza», ma i cui atti meritori erano «noti soltanto a Dio». In altre parole, anche Papa Gelasio aveva pochissime certezze su chi davvero fosse San Valentino e su che cosa avesse fatto prima di essere decapitato dalle autorità romane.

Inoltre nei documenti antichi si trova traccia di tre diversi San Valentino collegati al 14 febbraio, e non è chiaro se siano tre persone distinte o se siano racconti differenti della vita della stessa persona. Uno di questi santi era nato a Terni, città di cui poi era divenuto vescovo. Un altro era un sacerdote romano e un terzo era un vescovo della provincia romana d’Africa.

San Valentino rimase un santo tutto sommato poco interessante fino al basso medioevo, quando l’autore e poeta inglese Geoffrey Chaucer scrisse di «antiche leggende» (probabilmente inventate da lui stesso) in cui San Valentino veniva associato a racconti che avevano a che fare con amanti o altri fatti amorosi. Insomma, Chaucer aveva recuperato San Valentino – o almeno questa è la teoria più diffusa – per trasformarlo nel santo dell’“amor cortese” che proprio in quegli anni cominciava a diffondersi tra l’aristocrazia europea.

A quel punto storie e leggende sugli atti di San Valentino a favore degli amanti si moltiplicarono: secondo una delle tante teorie, fece riappacificare una coppia che aveva litigato facendola circondare da colombi, un animale molto presente in queste leggende, che però non sono riconosciute dalle Chiese cristiane.

Può darsi che San Valentino divenne San Valentino soltanto perché la sua festa era nei giorni in cui i romani pagani festeggiavano l’amore in maniera piuttosto discinta. Grazie a Chaucher questa tradizione è rimasta legata soprattutto al mondo anglosassone. Dal Regno Unito è arrivata negli Stati Uniti, dove nel corso dei secoli è stata istituzionalizzata e commercializzata, fino a far sparire quasi completamente la figura del misterioso santo e lasciare tutto il resto.

Nei paesi anglosassoni la stessa parola Valentine indica le lettere d’amore che gli innamorati si scambiano il 14 febbraio. La prima testimonianza dell’uso di questa espressione però è in un documento scritto in francese: una lettera in cui il duca e poeta Carlo d’Orléans, detenuto nella Torre di Londra dopo la sconfitta alla battaglia di Agincourt nel 1415, si rivolgeva alla moglie chiamandola appunto così.

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