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  • Venerdì 2 febbraio 2024

Le autorità egiziane vorrebbero riattaccare dei blocchi di granito sulla piramide di Micerino, a Giza

Per farla somigliare di più all'aspetto che aveva all'epoca della sua costruzione: ma vari archeologi ed esperti si sono detti molto contrari

Le piramidi di Micerino, Cheope e Chefren a Giza (Sean Gallup/Getty Images)
Le piramidi di Micerino, Cheope e Chefren a Giza (Sean Gallup/Getty Images)
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A fine gennaio Mostafa Waziri, segretario generale del Consiglio supremo delle antichità egiziane, ha annunciato in un video quello che a suo parere è «il progetto del secolo»: restaurare le facciate della piramide di Micerino (la più piccola delle tre piramidi che compongono, insieme alla grossa statua della Sfinge, la necropoli di Giza) riattaccandoci i grossi blocchi di granito che da secoli si trovano a terra attorno alla struttura. A suo dire, si dovrebbe trattare di «un dono dell’Egitto al mondo del XXI secolo» che «permetterà di vedere, per la prima volta, la piramide di Micerino così come fu costruita dagli antichi Egizi».

Il progetto è stato però fortemente criticato da vari archeologi, storici dell’arte e altri esperti, tra cui una persona che ha detto che «sarebbe come raddrizzare la Torre di Pisa». Il dibattito si inserisce in un più ampio discorso che divide da tempo il settore della conservazione dei beni culturali: è meglio provare a riportare gli edifici all’aspetto che avrebbero avuto nel periodo in cui sono stati costruiti o ridurre al minimo gli interventi, mantenendo quindi la testimonianza del loro cambiamento nel tempo? Peraltro, non è nemmeno del tutto chiaro se i blocchi di granito fossero originariamente davvero attaccati alla piramide.

Costruita circa nel 2510 a.C., la piramide di Micerino avrebbe dovuto essere interamente ricoperta di granito rosso di Assuan: ancora oggi si possono vedere i primi blocchi di questo materiale sul lato nord della struttura. La prematura morte del faraone Micerino, che era figlio del faraone Chefren e nipote di Cheope, cambiò però i piani, e la piramide fu frettolosamente terminata in calcare di Tura. Da tempo la piramide è circondata da vari blocchi di granito che potrebbero essere caduti nel tempo a causa di terremoti, atti vandalici o altre cause naturali o essere stati rimossi dalla struttura per vari motivi nel corso dei secoli, per esempio per costruire altri monumenti o abitazioni nelle vicinanze.

Il piano di restauro includerebbe la possibilità che i blocchi che si trovano attorno alla piramide vengano montati sulle facciate della piramide, cercando di capire dove si trovassero inizialmente. Non è chiaro se si intenda anche aggiungere altri blocchi nuovi dello stesso materiale per sostituire quelli che sono stati rimossi nel tempo.

Secondo il Consiglio supremo delle antichità egiziane, il progetto dovrebbe essere portato avanti da un gruppo di esperti egiziani e giapponesi: è previsto un anno per decidere se abbia senso o meno aggiungere i blocchi di granito alla facciata della piramide. Il progetto fa parte di un più ampio investimento nel sito archeologico di Giza, che attrae ogni anno circa 14 milioni di turisti. Nella zona è in corso anche la costruzione di nuovi ristoranti e strutture per i visitatori, e nei prossimi mesi dovrebbe aprire il Grande museo egizio, il più grande al mondo.

Non è però chiaro se la struttura della piramide sia ancora solida abbastanza da sostenere il peso di un ulteriore rivestimento in granito, e non è nemmeno certo che tutti i blocchi che ora si trovano attorno alla piramide inizialmente facessero parte della facciata. Secondo Ibrahim Mohamed Badr, professore associato nel dipartimento di Restauro e conservazione delle antichità presso l’Università di Scienza e Tecnologia Misr di Giza, il fatto che diversi di quei blocchi non siano lucidati indicherebbe che non sono mai stati montati sulla piramide. «Gli antichi egizi avrebbero lucidato i blocchi prima di installarli nella piramide», ha detto al New York Times. «Qualsiasi tentativo di aggiustarli e lucidarli sarebbe una palese interferenza nel lavoro degli antichi egizi, che non completarono questa piramide.

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L’egittologa Monica Hanna ha invece detto che «tutti i princìpi internazionali sulle ristrutturazioni vietano tali interventi», e ha chiesto ai propri colleghi di «mobilitarsi immediatamente» per opporsi al progetto. «Ci mancava solo piastrellare la piramide di Micerino. Quando metteremo fine a questa assurda gestione del patrimonio egiziano?». Molti nei commenti hanno fatto notare che il progetto potrebbe trasformare moltissimo il sito archeologico, dando l’impressione di volerlo trasformare in una sorta di Disneyland dell’antico Egitto.

Salima Ikram, direttrice del dipartimento di egittologia dell’Università americana del Cairo, si è detta più ottimista: secondo lei, «scansionare e documentare la piramide e i blocchi sul terreno è molto utile», ed eventualmente rimettere a posto i blocchi caduti «sarebbe estremamente sensato». Anche secondo lei c’è però il rischio che vengano installati blocchi di cui non è chiara l’origine e che non facevano quindi probabilmente parte della struttura.

In risposta alle critiche, il ministero egiziano delle Antichità ha affermato di aver formato un comitato di esperti per riesaminare il progetto, che dovrebbe deliberare a breve sulla possibilità di portare avanti o meno il programma.

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