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  • Giovedì 25 gennaio 2024

Vladimir Putin ha un nuovo oppositore?

Si chiama Boris Nadezhdin e vuole candidarsi alle prossime elezioni presidenziali russe: è critico della guerra in Ucraina e del presidente, ma c'è chi ha qualche dubbio sulle sue intenzioni

Boris Nadezhdin (Artem Priakhin/SOPA via Zuma/Ansa)
Boris Nadezhdin (Artem Priakhin/SOPA via Zuma/Ansa)
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Negli ultimi giorni in varie città della Russia si sono formate lunghe code fuori dagli uffici in cui si raccolgono le firme per un aspirante candidato alle prossime elezioni presidenziali, Boris Nadezhdin. Nadezhdin ha 60 anni, una lunga carriera politica alle spalle e negli ultimi mesi si è espresso apertamente contro la guerra in Ucraina, attaccando in modo piuttosto diretto il presidente Vladimir Putin.

Per candidarsi deve raccogliere 100.000 firme e poi sottoporle all’esame del comitato elettorale russo. Nonostante Nadezhdin sostenga di aver già raggiunto il numero di firme necessarie, sta proseguendo la raccolta. Non è per nulla scontato che l’ente, sotto il controllo dell’attuale governo, gli permetta di candidarsi alle elezioni, previste per il weekend del 15-17 marzo. Ma anche solo la mobilitazione in corso in Russia per partecipare alla sua campagna è un segnale dell’esistenza di un’opposizione interna, non solo alla guerra ma anche al regime di Putin.

Nadezhdin ha infatti posizioni in contrasto con la retorica di Vladimir Putin su vari argomenti, non solo sulla guerra. Ha definito “l’operazione speciale” in Ucraina un «enorme errore», ha promesso se eletto di mettere fine alla mobilitazione bellica e ha garantito il ritorno a casa dei soldati. Ma ha anche detto di voler liberare i prigionieri politici e ha definito le limitazioni all’aborto e le leggi contro il movimento LGBTQ+ «cose completamente senza senso, da Medioevo».

Al tempo stesso, fino a oggi non poteva essere facilmente definito come un oppositore di Putin in senso stretto: ora fa parte del partito di centrodestra Iniziativa Civica, ma otto anni fa era osservatore elettorale nella squadra per la rielezione di Putin.

Dopo gli inizi nella politica locale di Mosca negli anni Novanta, nel 1999 fu eletto per la prima volta deputato, con l’Unione delle Forze di Destra. Lavorò come consigliere per Boris Nemtsov, diventato poi uno dei maggiori oppositori di Putin e ucciso nel 2015, e in seguito come assistente di Sergei Kiriyenko, che oggi si occupa di elaborare la politica interna del regime di Putin.

Boris Nadezhdin con le mogli di alcuni soldati che chiedono il loro rientro a casa (AP Photo/Alexander Zemlianichenko)

Fu a lungo considerato vicino a Sergei Mironov, leader di Russia Giusta, uno dei partiti di “opposizione sistemica”: sono formazioni politiche che svolgono un ruolo di opposizione “di facciata” all’interno del parlamento russo, ma che su tutte le questioni più importanti votano insieme al partito di Putin, Russia Unita.

Per le sue esperienze politiche passate, oggi esiste un certo scetticismo sulla reale natura dell’opposizione di Nadezhdin: c’è chi lo considera come una possibile espressione dello stesso governo russo, proposta per convogliare il dissenso verso uomini e partiti controllabili. È una cosa già avvenuta in passato in Russia, ad esempio con la creazione del partito Popolo Nuovo dall’imprenditore Aleksei Nechayev, proprietario di un’azienda di cosmetici.

– Leggi anche: La finta opposizione politica in Russia

Sul suo sito Nadezhdin si descrive come «un fisico, un imprenditore, un avvocato e un politico» e dice di voler liberare la Russia da derive «autoritarie e militari». Negli ultimi mesi ha accusato Putin di «trascinare la Russia nel passato», ha criticato la riforma costituzionale che permette al presidente di restare al potere fino al 2036 e ha incontrato le mogli e le madri dei soldati che stanno combattendo la guerra in Ucraina, protagoniste di una delle rare proteste contro il regime.

Secondo i media russi di opposizione, nelle ultime settimane ha ottenuto l’appoggio di politici esclusi dalle elezioni, come Maxim Katz, di critici di Putin in esilio, come Mikhail Khodorkovsky, e anche di Alexei Navalny, a lungo considerato il principale oppositore del presidente, oggi incarcerato in una prigione circa 1.900 chilometri a nord-est di Mosca, dove deve scontare condanne per oltre trent’anni (il sostegno è arrivato attraverso Ivan Zhdanov, direttore della fondazione anticorruzione che porta il suo nome).

Ufficialmente l’esame del comitato elettorale alla fine della raccolta firme dovrà verificarne l’autenticità. Chi rappresenta un partito attualmente non presente nel parlamento, come Nadezhdin, deve raccoglierne 100mila, che devono essere distribuite geograficamente, non più di 2.500 per regione. In realtà quasi sempre la scelta se ammettere o no un candidato è totalmente politica e arbitraria, e vari osservatori ed esponenti dell’opposizione all’estero si sono mostrati piuttosto scettici sul fatto che possa essere ammesso alle elezioni un candidato contrario alla guerra.

La raccolta firme a San Pietroburgo (AP Photo/Dmitri Lovetsky)

In questi giorni però la grande mobilitazione dei cittadini russi si è trasformata in lunghe code fuori dagli uffici non solo di Mosca, ma anche di San Pietroburgo, Saratov, Krasnodar, Yekaterinburg, Voronezh e Ufa, oltre che all’estero, all’interno della comunità russa emigrata. Per molti firmare per la candidatura di Nadezhdin è diventato un gesto di opposizione al regime, uno dei pochi possibili in un paese in cui la repressione del dissenso è pressoché totale.

L’analista politico Ilya Grashenkov ha detto al Moscow Times, giornale russo in lingua inglese con sede ad Amsterdam: «Chi vuole esprimere il proprio dissenso con l’attuale governo non ne ha la possibilità. Firmare per Nadezhdin è diventato un atto di disobbedienza civile, che si può fare senza correre troppi rischi».

Questa volontà di espressione del dissenso pare piuttosto prevalente rispetto alla speranza che Nadezhdin si trasformi in un reale candidato o addirittura in un credibile avversario per Putin. Le elezioni in Russia sono già da molti anni un evento senza reale competizione, con cui il regime autoritario di Putin prova a mascherare la sua natura esibendo un largo sostegno popolare: nel 2018 vinse con oltre il 77 per cento dei voti. Ai reali oppositori politici non fu però permesso di candidarsi, il voto fu caratterizzato da brogli e molti elettori subirono intimidazioni e furono obbligati a votare per Putin.

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