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  • Mercoledì 10 gennaio 2024

Cosa sta succedendo in Ecuador con le bande criminali, dall’inizio

Dopo la fuga di un famoso capo sono iniziate grosse rivolte nel paese, dove il nuovo presidente Noboa sta cercando di limitare il potere dei narcotrafficanti

La sede della televisione evacuata
La sede della televisione evacuata (AP Photo/Cesar Munoz)
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Lunedì e martedì in Ecuador ci sono state diverse rivolte nelle carceri e grandi violenze in molte città, culminate nell’assalto armato agli studi della televisione pubblica, trasmesso in diretta. Lunedì il presidente Daniel Noboa ha dichiarato lo stato d’emergenza, che prevede il coprifuoco nelle ore serali e una sospensione del diritto di assemblea per 60 giorni, e martedì ha integrato questa decisione dichiarando il “conflitto armato interno”, che prevede la mobilitazione dell’esercito in tutto il paese. Negozi, scuole e uffici pubblici sono stati chiusi e le principali città hanno vissuto ore di grande confusione e traffico, mentre tutta la popolazione cercava di rientrare a casa.

Al centro delle violenze ci sono le potenti e numerose bande criminali del paese, che negli ultimi anni sono cresciute notevolmente. Paese con quasi 18 milioni di abitanti, l’Ecuador è uno dei più violenti del Sud America, soprattutto per la presenza di diverse bande internazionali di narcotrafficanti: si trova infatti tra Colombia e Perù, i primi due produttori di cocaina al mondo. Secondo le cifre ufficiali nel 2023 il numero delle morti violente è salito a 8.008, quasi il doppio rispetto al 2022.

Il presidente Noboa ha 36 anni, è un ricco imprenditore centrista ed è stato eletto tre mesi fa promettendo un approccio molto duro nei confronti della criminalità, al termine di una campagna elettorale caratterizzata proprio dalla violenza, con l’omicidio del candidato presidente Fernando Villavicencio.

(AP Photo/Cesar Munoz)

Alcune delle misure con cui Noboa sta cercando di limitare il potere delle bande sono finalizzate a riprendere il controllo delle prigioni del paese: esperti di sicurezza ritengono che almeno un quarto delle 36 carceri siano sotto il controllo delle bande, che le usano come centri di potere e sedi di reclutamento. In una di queste era rinchiuso fino a pochi giorni fa José Adolfo Macías Villamar, noto come “Fito” e capo del gruppo criminale Los Choneros, considerato uno dei più potenti del paese: la scorsa settimana è evaso e da allora è latitante.

Era in carcere dal 2011, ma nonostante fosse in prigione si ritiene che in questi anni avesse continuato a comandare il gruppo, che tra le altre cose aveva minacciato Villavicencio, assassinato il 9 agosto dopo un comizio nella capitale Quito. Proprio dopo l’assassinio di Villavicencio, ad agosto Macías Villamar era stato trasferito in un carcere di massima sicurezza con un’imponente operazione di polizia, che aveva coinvolto circa 4.000 persone tra soldati e poliziotti. I suoi avvocati avevano fatto ricorso, che era stato accolto, e “Fito” era tornato nella prigione in cui si ritiene che abbia notevoli privilegi. Domenica è risultato assente dalla sua cella, in base a quanto riferito dalla polizia. Secondo quanto scritto dai giornali locali, il capo della banda sarebbe stato avvertito di un nuovo trasferimento in una struttura di massima sicurezza, previsto nei prossimi giorni.

L’evasione di “Fito” ha dato il via a una serie di rivolte: fra lunedì e martedì decine di agenti di polizia in varie carceri ecuadoriane sono state prese in ostaggio dai detenuti. In un video circolato molto sui social network un poliziotto è stato costretto a leggere questo messaggio per Noboa: «hai dichiarato guerra e avrai la guerra». Sono evasi altri detenuti, fra cui almeno un altro capo di una banda, Fabricio Colón Pico Suárez.

La violenza delle bande si è poi spostata nelle strade: in varie città ci sono state esplosioni, saccheggi di negozi, attacchi a ospedali, veicoli bruciati e scontri a fuoco. La città più colpita è Guayaquil, dove otto persone sono morte negli scontri e dove è stata attaccata anche l’università.

Martedì sera un gruppo di uomini armati ha interrotto i programmi della tv pubblica ecuadoriana TC Televisión entrando nei suoi studi principali di Guayaquil, nel sud del paese, e prendendo in ostaggio diversi dipendenti. Per circa mezz’ora le telecamere hanno continuato a trasmettere quello che stava succedendo, fino all’arrivo della polizia: le immagini hanno quindi iniziato a circolare in tutto il mondo sui social network. L’attacco si è concluso dopo circa due ore, quando la polizia è riuscita a entrare nella sede di TC Televisión e ad arrestare gli uomini armati.

Nel decreto presidenziale con cui ha dichiarato lo stato di emergenza il presidente Noboa ha equiparato venti delle più importanti bande del paese a “organizzazioni terroristiche”, promettendo nuove operazioni di polizia per mettere fine alle violenze: le scuole rimarranno chiuse almeno fino a venerdì.