Il business delle sepolture sulla Luna

La missione Peregrine avrebbe dovuto portare le ceneri di decine di persone cremate sul suolo lunare: un servizio da migliaia di dollari che non tutti approvano

di Emanuele Menietti

(DALL•E)
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Da lunedì 8 gennaio le ceneri di oltre 80 persone sono nello Spazio, trasportate dalla missione spaziale privata statunitense Peregrine. Avrebbero dovuto essere portate sulla Luna, dove sarebbero poi rimaste per sempre, ma a causa di un problema ai sistemi del veicolo spaziale non succederà: martedì sera Astrobotic, l’azienda che aveva organizzato la missione, ha detto che ci sono «zero possibilità» che Peregrine atterri sulla luna. Familiari e amici delle persone defunte erano preparati a un eventuale fallimento della missione, che nei mesi scorsi aveva suscitato qualche polemica e protesta da parte dei nativi americani della Nazione Navajo, una riserva nel sud degli Stati Uniti, per i quali la Luna è un luogo sacro che non può essere trasformato in un cimitero.

Le società che organizzano queste missioni la pensano diversamente: per loro le sepolture sono un’importante opportunità di affari, con prezzi intorno ai 13mila dollari per ogni partecipante.

Peregrine era partita nella notte tra domenica 7 e lunedì 8 gennaio (in Italia era la mattina di lunedì) da Cape Canaveral in Florida, spinta da un nuovo razzo Vulcan della joint venture United Launch Alliance, al proprio volo inaugurale. Il lancio, considerato una delle parti più critiche della missione visto che Vulcan non era mai stato utilizzato prima, era andato come previsto e aveva permesso di collocare Peregrine nella giusta orbita per raggiungere la Luna. Nelle ore seguenti, però, Astrobotic aveva segnalato alcuni problemi nei sistemi per mantenere il veicolo spaziale stabile e nella giusta traiettoria verso la Luna, che avrebbe dovuto raggiungere a fine febbraio.

Inizialmente sembrava che ci fossero margini per sistemare le cose, ma ulteriori analisi avevano portato all’identificazione di un malfunzionamento nel sistema di propulsione tale da compromettere l’arrivo sulla Luna. Martedì mattina Astrobotic ha confermato l’impossibilità di compiere un allunaggio, ma ha detto di essere comunque al lavoro per raccogliere quanti più dati possibile e cercare di fare avvicinare Peregrine alla Luna, prima di perderne il controllo.

Peregrine era nata nell’ambito del Commercial Lunar Payload Services (CLPS), il programma avviato dalla NASA per inviare sulla Luna piccoli robot automatici per esplorarne il suolo, raccogliere dati sulle sue caratteristiche e prepararsi meglio alle future esplorazioni con esseri umani del programma lunare Artemis. A differenza di quanto avveniva un tempo, l’iniziativa prevede un forte coinvolgimento di aziende private, che hanno la diretta responsabilità sull’organizzazione della missione e che la finanziano attraverso contratti di appalto con la NASA e accordi con altre aziende e organizzazioni, interessate a trasportare sulla Luna robot, sensori, oggetti o, appunto, le ceneri di persone che in vita avevano espresso il desiderio di essere sepolte tra i crateri lunari.

Il lander Peregrine nelle ultime fasi di preparazione prima dell’inserimento nel razzo per il lancio (Astrobotic)

L’idea di avere una sepoltura spaziale non è nuova, anzi, è più longeva dell’era dell’esplorazione spaziale stessa, iniziata una settantina di anni fa. Tra i primi a immaginarla ci fu lo scrittore di fantascienza statunitense Neil Ronald Jones, che nel 1931 pubblicò il racconto The Jameson Satellite sull’ultimo essere umano sopravvissuto grazie a una capsula che lo aveva perfettamente conservato per 40 milioni di anni, in giro per lo Spazio.

Si sarebbero però dovuti attendere più di sessant’anni prima che fosse effettuata una prima sepoltura spaziale, per quanto simbolica. Nel 1992 sullo Space Shuttle Columbia della NASA c’era un piccolo campione delle ceneri di Gene Roddenberry, diventato famoso per essere stato l’ideatore della serie televisiva Star Trek. Le ceneri furono riportate sulla Terra alla fine della missione, quindi formalmente il progetto servì più che altro per portare idealmente Roddenberry nello Spazio, l’ambiente che più aveva raccontato tramite la sua serie di fantascienza (oltre a essere una buona occasione per la NASA per farsi un po’ di pubblicità, risvegliando un certo interesse ormai sopito intorno alle missioni degli Shuttle).

Le ceneri di Roddenberry tornarono nello Spazio cinque anni dopo, quando la società Celestis organizzò la prima sepoltura spaziale vera e propria, trasportando in orbita i campioni di 24 persone cremate. Per circa un mese, le ceneri orbitarono all’interno di una capsula intorno alla Terra, ma persero man mano quota fino a quando rientrarono nell’atmosfera finendo a nord-est dell’Australia.

Il successo dell’iniziativa e l’interesse dimostrato da molte altre persone desiderose di avere le proprie ceneri nello Spazio portò Celestis ad ampliare le attività e a organizzare altri trasporti di campioni oltre l’atmosfera terrestre. Alla fine degli anni Novanta la NASA incaricò Celestis di organizzare qualcosa di diverso: portare le ceneri di una persona sulla Luna. Non una persona qualsiasi, ma Eugene Merle Shoemaker, geologo statunitense famoso per i suoi studi sugli impatti tra corpi celesti (identificò per tempo il grandioso impatto della cometa Shoemaker-Levy 9 su Giove), morto nel 1997 in un incidente stradale in Australia, dove stava studiando un cratere.

Due anni dopo un campione delle sue ceneri raggiunse la Luna a bordo di Lunar Prospector, una sonda della NASA per lo studio del campo magnetico e del campo gravitazionale lunare, fatta appositamente schiantare in un cratere alla fine della sua missione. Il 31 luglio 1999, a poco più di 30 anni dal primo allunaggio con gli astronauti dell’Apollo 11, Shoemaker divenne l’unico essere umano le cui ceneri erano state sepolte su un corpo celeste diverso dalla Terra. Il primato sarebbe dovuto cadere il prossimo febbraio, con l’arrivo dei campioni delle ceneri delle 66 persone gestite da Celestis e trasportate da Peregrine, ma il fallimento della missione rende improbabile questa circostanza (a bordo ci sono inoltre le ceneri di una ventina di altre persone gestite da Elysium Space, un’altra società specializzata in sepolture spaziali).

Celestis offre diversi pacchetti e opzioni per portare oltre l’atmosfera terrestre le ceneri di qualcuno e negli anni ha ampliato la propria offerta commerciale, rispondendo a una domanda crescente per i suoi servizi. La società prenota dalle aziende spaziali un piccolo spazio sui loro razzi come “carico secondario”, rispetto a quello “primario” che può essere un satellite o una sonda. I carichi secondari sono un’importante opportunità per i centri di ricerca e alcune aziende per trasportare qualcosa nello Spazio, per effettuare test ed esperimenti di vario tipo, ma negli ultimi anni sono diventati anche una risorsa per le società che promettono di portare qualcosa (oggetti, piccole opere d’arte o appunto le ceneri di qualcuno) oltre l’atmosfera terrestre come iniziativa simbolica.

Le capsule utilizzate da Celestis per il trasporto nello Spazio dei campioni di ceneri (Celestis)

Un carico secondario deve avere una massa contenuta (ogni grammo conta quando si deve usare un sacco di energia per portare qualcosa nello Spazio), di conseguenza Celestis non porta tutte le ceneri derivanti dalla cremazione di una persona, ma solamente un piccolo campione che viene conservato in una capsula grande più o meno quanto una batteria stilo (AA). Sulla capsula vengono incisi nome e cognome della persona defunta e una frase per ricordarla.

L’opportunità è sia rivolta alle persone direttamente interessate, che prima di morire si premurano di esprimere la loro volontà e firmano un contratto con Celestis, sia ai familiari e agli amici che decidono di mantenere un ricordo particolare della persona che hanno perso. Le tariffe variano molto a seconda dell’esperienza: per un semplice rapido passaggio nell’ambiente spaziale prima di tornare sulla Terra si spendono circa 3mila dollari, per un lancio in orbita si arriva a 5mila, mentre per una sepoltura sulla Luna o alla deriva nello Spazio si spendono circa 13mila dollari. La possibilità di farlo è inoltre vincolata alle leggi sul modo in cui possono essere conservate e disperse le ceneri, che variano molto a seconda dei paesi. Altre opzioni prevedono di poter inviare nello Spazio un proprio campione di DNA, cosa che può anche essere fatta in vita attraverso un prelievo di saliva che viene poi analizzata per sequenziarne il materiale genetico.

Il maggiore coinvolgimento dei privati nelle attività verso la Luna, favorito sia dai piani della NASA sia in generale da una riduzione nei costi di lancio dalla Terra, ha fatto sì che aumentasse l’interesse per le sepolture spaziali in un contesto dove ci sono pochissime regole.

Molte delle cose che si possono o non si possono fare oltre l’atmosfera terrestre sono regolate dal Trattato sullo spazio extra-atmosferico (Outer Space Treaty), un documento internazionale sottoscritto da diversi paesi a partire dal 1967 dove si sancisce che l’uso dello Spazio è aperto a tutti, con qualche limitazione. Il trattato dice chiaramente che non si possono collocare armi atomiche e di distruzione di massa nello Spazio e che non si può nemmeno reclamare la sovranità su un territorio di un altro corpo celeste. Viene anche chiesto ai sottoscrittori di non causare contaminazioni che siano dannose per la Luna e i pianeti del sistema solare, specialmente nell’ottica di identificare eventuali tracce di vita riducendo il rischio che siano gli umani stessi a portarle dalla Terra.

Sulle sepolture spaziali non ci sono indicazioni e il modo in cui sono state gestite finora rientra nei criteri del trattato, almeno secondo la maggior parte degli esperti. Celestis come le altre società del settore può quindi portare nello Spazio le ceneri, che del resto sono inerti e non possono comportare particolari contaminazioni. Ma su questo aspetto non tutti sono d’accordo e tra chi protesta da più tempo ci sono i rappresentanti della Nazione Navajo – la riserva indigena tra Arizona, Nuovo Messico e Utah – per i quali la Luna è sacra e non può diventare un luogo di sepoltura.

La Luna vista da uno dei territori della Nazione Navajo (David McNew/Getty Images)

Già alla fine degli anni Novanta quando era stata annunciata la sepoltura lunare di Shoemaker l’allora presidente della Nazione Navajo, Albert Hale, protestò con la NASA per la scelta di lasciare i resti di un essere umano in un luogo dalla valenza sacra per molte persone. All’epoca l’agenzia spaziale statunitense ammise che forse avrebbe potuto consultare più estesamente i membri di quella comunità, prima di procedere con l’iniziativa, e si impegnò a farlo nel caso in cui ci fossero state altre sepolture sulla Luna.

Quella consultazione, hanno segnalato nei mesi scorsi i rappresentanti della Nazione Navajo, non è però poi avvenuta in occasione del lancio di Peregrine nonostante il problema fosse stato sollevato più volte in passato. I responsabili della NASA hanno risposto ricordando che tecnicamente la missione è interamente gestita da Astrobotic e che l’agenzia non ha alcun controllo su ciò che l’azienda decide di portare sulla Luna, al di là delle strumentazioni per le attività scientifiche gestite dalla NASA. La giustificazione è stata percepita come una sorta di scaricabarile spaziale, suscitando ulteriori malumori nella comunità.

L’attuale presidente della Nazione Navajo, Buu Nygren, ha detto che: «L’atto di depositare sulla Luna resti umani e altro materiale, che potrebbe essere percepito come uno scarto in qualsiasi altro luogo, equivale a una profanazione di un posto sacro». Il CEO e cofondatore di Celestis, Charles Chafer, la pensa diversamente: «Penso che sia l’esatto opposto di una profanazione. È una celebrazione. Non capisco perché fare questa cosa su un corpo celeste “morto” sia una profanazione, mentre abbiamo letteralmente milioni di luoghi in cui vengono disperse le ceneri su un pianeta vivente come la Terra, e non lo consideriamo una profanazione».

A inizio anno la NASA si era comunque offerta di avviare un ulteriore confronto sulla questione. La tendenza in generale è comunque normare il meno possibile iniziative di questo tipo, considerato che per ora riguardano pochissime aziende e che regole troppo rigide potrebbero fermare la crescita in generale del settore delle esplorazioni spaziali private. Il problema comunque esiste, perché man mano che ci saranno nuove opportunità di raggiungere la Luna a costi più bassi aumenterà anche la quantità di materiali trasportati sul suolo lunare, molti dei quali a un certo punto diventeranno rifiuti.

Nei prossimi giorni si capirà che fine farà Peregrine e come proseguirà il viaggio nello Spazio delle ceneri che ha a bordo. Tra queste c’è anche un campione delle ceneri di Arthur C. Clarke, autore di fantascienza britannico famoso soprattutto per il romanzo 2001: Odissea nello spazio del 1968 e il film con lo stesso titolo diretto da Stanley Kubrick, nel quale immaginò tra le altre cose una base lunare prima ancora che i primi astronauti l’avessero raggiunta nella realtà. La sepoltura lunare di Clarke avrebbe avuto per molti appassionati un importante valore simbolico, ma l’autore è comunque già ricordato con un asteroide (4923) e con il nome informale dato all’orbita geostazionaria della Terra.