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  • Martedì 2 gennaio 2024

Il cavo elettrico sottomarino più lungo del mondo ha un grosso limite

Porta energia elettrica dalla Danimarca al Regno Unito, ma meno del previsto per una carenza della rete elettrica danese

Pale eoliche vicino a Copenaghen, in Danimarca, nel 2016 (AP Photo/POLFOTO, Jens Dresling)
Pale eoliche vicino a Copenaghen, in Danimarca, nel 2016 (AP Photo/POLFOTO, Jens Dresling)
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Il 29 dicembre è entrato in funzione il Viking Link, il più lungo cavo elettrico sottomarino e terrestre ad alta tensione in corrente continua del mondo. Installato dall’azienda italiana Prysmian tra il 2019 e il 2023, collega la Danimarca e l’Inghilterra su un tracciato di 765 chilometri che passa sul fondo del mare del Nord. Ha una capacità massima di 1.400 megawatt, la potenza necessaria ad alimentare 4,5 milioni di case britanniche. È stato costruito per portare nel Regno Unito l’abbondante energia eolica prodotta in Danimarca e contribuire così alla transizione energetica del paese.

Tuttavia per il momento il cavo garantisce solo 800 megawatt di potenza, e dunque fornisce elettricità all’equivalente di 2,5 milioni di case britanniche. Non si può mettere in funzione con la capacità massima perché la rete dell’alta tensione della parte occidentale dello Jutland, la regione danese a uno dei due capi del Viking Link, non è abbastanza sviluppata per far passare tutta l’energia che potrebbe essere richiesta attraverso il collegamento. Si rischierebbe un sovraccarico della rete, che potrebbe lasciare senza elettricità l’intera zona ovest dello Jutland.

È un caso esemplare di un aspetto impegnativo e rilevante ma poco noto della transizione energetica: le reti di trasmissione e distribuzione elettrica devono essere modificate per adeguarsi alle nuove forme di produzione dell’energia.

L’elettricità è sempre elettricità, a prescindere da come è prodotta, ma la sua distribuzione nella rete cambia. Semplificando molto, quando l’energia è generata da poche grandi centrali termoelettriche alimentate dai combustibili fossili o dai rifiuti, la corrente si muove in un solo verso, da questi centri verso gli utenti attraverso reti ramificate. Quando invece l’energia è prodotta da tante piccole installazioni eoliche (o fotovoltaiche) distribuite sul territorio, a loro volta allacciate alla rete elettrica anche come utilizzatori, i flussi vanno verso direzioni diverse in base alla richiesta.

Le cose si complicano ulteriormente quando vengono unite reti elettriche di paesi diversi. Francesco Sassi, ricercatore in geopolitica dell’energia e sicurezza energetica che lavora per la società di consulenza Rie – Ricerche Industriali ed Energetiche, spiega: «Se connettiamo sistemi energetici ed elettrici molto diversi tra loro per aumentare e accelerare la decarbonizzazione, sia gli aspetti positivi che quelli negativi dei diversi sistemi si enfatizzano, perché si riflettono gli uni sugli altri».

– Leggi anche: Alla transizione energetica servono i cavi

Per quanto riguarda il Viking Link, la rete elettrica dello Jutland occidentale al momento non è abbastanza robusta per far passare un quantitativo di energia consistente come quello potenzialmente richiesto dal Regno Unito.

La Danimarca è un piccolo paese molto ventoso: grazie a questa caratteristica, e a una serie di investimenti fatti negli anni, oggi produce una grande quantità di energia con le pale eoliche. Nel 2022 il vento è stata la terza fonte di energia più sfruttata dal paese dopo il petrolio e le biomasse (ossia gli scarti agricoli, i rifiuti e altre sostanze organiche), e nello stesso anno il 53,6 per cento della fornitura di elettricità nazionale è stato prodotto a partire dal vento. Proprio per sfruttare meglio il vento i produttori danesi vogliono esportare questa energia, ma c’è una difficoltà da tenere in considerazione: a differenza dei combustibili fossili l’eolico è una fonte cosiddetta intermittente, che non può essere usata per produrre energia quando se ne ha bisogno ma solo quando ce n’è, e per questa ragione può dare origine a surplus di energia.

Il problema del Viking Link dovrebbe essere risolto nel 2025, quando è previsto che saranno finiti i lavori per adeguare la rete elettrica dell’alta tensione dello Jutland occidentale alle nuove necessità: ora la rete trasmette a una tensione di 150 kilovolt, ma deve essere aumentata fino a 400 kilovolt.

Nel 2015, quando venne decisa la costruzione del collegamento con il Regno Unito, si era anche stabilito di effettuare questi lavori e terminarli contemporaneamente a quelli per il cavo sottomarino. Poi però ci sono stati diversi ritardi, dovuti principalmente all’introduzione di requisiti più stringenti per la salvaguardia dell’ambiente nei progetti di questo genere. Le prime fondamenta per i nuovi pali dell’alta tensione sono state fatte a novembre.

Quando il rifacimento della rete ad alta tensione nello Jutland sarà completato ci sarà una connessione adeguata al nuovo sistema elettrico anche tra Danimarca e Germania, che confina con lo Jutland a sud.

Secondo Sassi il fatto che il contrattempo intorno al Viking Link sia avvenuto in un paese come la Danimarca, che ha investito molto nelle fonti di energia che non producono emissioni di gas serra e ha molte risorse economiche, rende evidente quanto sia complesso il processo di transizione energetica: «Possiamo costruire tutte le interconnessioni tra paesi che vogliamo, ma gli investimenti nelle reti elettriche sono e saranno uno dei punti chiave che ci faranno davvero progredire con la decarbonizzazione nei prossimi anni».