La guerra a Gaza durerà ancora a lungo, dice Israele
Il primo ministro Netanyahu e rappresentanti dell'esercito hanno detto che proseguirà per mesi, nonostante il ritiro di alcune migliaia di soldati
Negli ultimi giorni sia il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sia alcuni portavoce e rappresentanti dell’esercito di Israele hanno detto che la guerra nella Striscia di Gaza proseguirà ancora per molti mesi, anche se non è chiaro se andrà avanti con lo stesso livello di violenza e intensità adottato finora. Nel frattempo sono in corso alcuni adattamenti alle operazioni militari: l’esercito israeliano ha annunciato che ritirerà da Gaza alcune migliaia di soldati, per rendere più sostenibile lo sforzo bellico sul lungo periodo.
Tra i primi a parlare del fatto che la guerra proseguirà ancora a lungo è stato Netanyahu, che sabato in un discorso alla nazione ha detto: «Per ottenere la vittoria assoluta, per raggiungere tutti i nostri obiettivi, c’è bisogno di più tempo. La guerra proseguirà per molti mesi». Domenica sera Daniel Hagari, un portavoce dell’esercito, ha ripreso le parole del primo ministro dicendo che l’esercito si sta preparando a portare avanti le proprie operazioni militari anche nel corso del 2024.
Il fatto che la guerra sarebbe durata ancora a lungo era già stato reso piuttosto chiaro da varie dichiarazioni precedenti delle autorità israeliane, le quali dall’inizio delle operazioni militari nella Striscia di Gaza sostengono che il loro obiettivo sia distruggere Hamas e demilitarizzare tutta la Striscia. Questi obiettivi sono ritenuti ambiziosi – se non irrealizzabili – da molti esperti, e richiedono un’operazione militare estremamente estesa e di lunga durata.
Nel corso di poco meno di tre mesi di guerra sono stati uccisi quasi 21 mila palestinesi, in buona parte civili. Secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, l’85 per cento degli abitanti della Striscia è stato costretto a lasciare la propria casa, e buona parte degli edifici della Striscia è stata danneggiata o distrutta dai bombardamenti.
Anche se la guerra durerà ancora a lungo, sarà necessario fare qualche aggiustamento nelle operazioni per rendere sostenibile uno sforzo bellico così prolungato. Una fonte anonima dell’esercito ha detto all’agenzia di stampa Reuters che la guerra sta per entrare nella sua «terza fase», dopo gli intensi bombardamenti in risposta all’attacco di Hamas del 7 ottobre (prima fase) e l’invasione di terra della Striscia cominciata il 27 ottobre (seconda fase).
In questo contesto, l’esercito israeliano cercherà di ridurre almeno in parte l’enorme numero di riservisti mobilitati negli scorsi mesi, per cercare di rendere più sostenibile lo sforzo militare sul lungo periodo. Dopo l’attacco di Hamas, Israele ha richiamato in servizio circa 300 mila riservisti, cioè tra il 10 e il 15 per cento della forza lavoro del paese. Attualmente, sempre secondo fonti di Reuters, i riservisti ancora attivi sarebbero tra i 200 e i 250 mila: sono persone che hanno dovuto smettere di lavorare per andare a servire nell’esercito.
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Lunedì l’esercito ha annunciato che cinque brigate saranno ritirate dalla Striscia. Corrispondono ad alcune migliaia di soldati, ma il numero preciso non è del tutto chiaro: a seconda delle missioni e della situazione, le brigate dell’esercito israeliano possono avere tra i 2.500 e i 5.000 soldati. Alcune di queste persone torneranno alla vita civile, cosa che dovrebbe contribuire a sostenere l’economia del paese. Altri soldati saranno invece spostati dalla Striscia di Gaza e inviati a rafforzare il confine con il Libano.
Le operazioni militari nella Striscia, però, «continueranno per almeno sei mesi, e riguarderanno grosse operazioni di bonifica [cioè di eliminazione sistematica] dei terroristi», ha detto la fonte di Reuters. Non è chiaro se questo implicherà una riduzione del livello degli scontri, ma è praticamente certo che l’esercito israeliano non si ritirerà dalla Striscia a breve.
Il proseguimento della guerra nella Striscia di Gaza sta creando problemi politici sempre più gravi al governo israeliano: anche i suoi alleati più stretti, come gli Stati Uniti, stanno cominciando a mostrare impazienza nei confronti di un’operazione militare che per ora ha provocato enormi distruzioni e sofferenze per la popolazione civile senza aver ottenuto grossi risultati tangibili nella lotta contro Hamas. Già da tempo l’amministrazione americana di Joe Biden sta facendo pressioni sul governo di Netanyahu per convincerlo a ridurre il livello di intensità delle operazioni e concentrarsi su missioni più mirate. Il governo israeliano finora non ha ascoltato.