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  • Giovedì 7 dicembre 2023

Cos’ha ottenuto Israele finora

In due mesi di guerra nella Striscia di Gaza ha raggiunto alcuni risultati militari ma è molto lontano dall'obiettivo di «distruggere Hamas», mentre i morti civili sono ormai tantissimi

Un soldato israeliano su un carro armato nel sud di Israele (AP Photo/Victor R. Caivano)
Un soldato israeliano su un carro armato nel sud di Israele (AP Photo/Victor R. Caivano)
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La guerra di Israele nella Striscia di Gaza va avanti ormai da due mesi: i bombardamenti israeliani sono cominciati il giorno stesso dell’attacco feroce dei miliziani di Hamas contro i civili israeliani, e a fine ottobre l’esercito israeliano ha avviato una massiccia invasione di terra. L’esercito ha occupato buona parte del nord della Striscia e, dopo una breve tregua, negli ultimi giorni si è diretto verso il sud ed è entrato nella grande città di Khan Yunis.

L’operazione di questi mesi è già una delle più lunghe della storia recente di Israele: l’ultima volta che l’esercito israeliano era entrato a Gaza, nel 2014, l’invasione di terra durò soltanto due settimane. Alcune analisi, però, sostengono che Israele intenda andare avanti ancora a lungo, soprattutto perché l’obiettivo finale dell’operazione militare, la distruzione di Hamas, sembra estremamente complicato da raggiungere in poco tempo (sempre che sia possibile raggiungerlo). «Non abbiamo ancora ottenuto nemmeno la metà dei nostri obiettivi», ha detto una fonte militare israeliana negli scorsi giorni al Financial Times.

Uno dei maggiori problemi per chi cerca di capire come procede l’operazione militare di Israele è che le informazioni – in particolar modo quelle fornite dall’esercito israeliano – sono estremamente poche. Anche rispetto alle operazioni militari degli scorsi anni, quando l’esercito era molto più aperto a fornire informazioni dettagliate sugli obiettivi colpiti e le infrastrutture militari distrutte, negli ultimi mesi il governo ha fornito pochi elementi a livello operativo, e quelli forniti sono piuttosto vaghi: per esempio, per quanto riguarda i tunnel che Hamas ha costruito sotto alla Striscia di Gaza, l’esercito ha detto soltanto di averne distrutti «molti chilometri».

Nonostante questo, dalle informazioni a disposizione si può desumere che Israele sia ancora piuttosto lontano dal raggiungere i suoi obiettivi.

Soldati israeliani al confine tra Israele e la Striscia di Gaza (AP Photo/Ohad Zwigenberg)

Dal punto di vista delle operazioni di terra, l’esercito israeliano è riuscito ad avanzare nel territorio della Striscia con una rapidità che probabilmente ha sorpreso gli stessi militari. L’esercito è riuscito a occupare buona parte del nord della Striscia in poche settimane, penetrando molto in profondità e riducendo al minimo le battaglie urbane, che sono le più insidiose e pericolose. Secondo vari resoconti usciti sui media in questi giorni, la resistenza dei miliziani di Hamas è stata meno intensa del previsto, e lo stesso vale per le perdite israeliane. In tutto finora sono morti all’incirca 70 soldati (il numero preciso non è noto), che secondo fonti del Financial Times sono meno di quelli che gli strateghi militari israeliani avevano previsto.

Dopo avere occupato buona parte del nord della Striscia, questa settimana l’esercito israeliano ha cominciato a spostarsi verso sud ed è entrato a Khan Yunis. È la più grande città meridionale della Striscia di Gaza, dove vivono centinaia di migliaia di civili – molti dei quali sfollati proprio dal nord – ma dove secondo l’esercito si sarebbe spostata anche la leadership di Hamas e il grosso dei combattenti. Khan Yunis, peraltro, è la città dove sono nati due dei principali leader di Hamas, Yahya Sinwar e Mohammed Deif, ed è il luogo dove Deif, il capo militare del gruppo, è stato visto l’ultima volta. In particolare nelle ultime ore le operazioni dell’esercito sembrano essersi concentrate sulla ricerca di Yahya Sinwar, che sarebbe stato fortemente coinvolto nella pianificazione degli attacchi del 7 ottobre. L’esercito ha anche pubblicato una foto che ritrae un gruppo di dirigenti di Hamas in un tunnel, segnalando di averne eliminati cinque. Ritiene inoltre che a Khan Yunis si trovi il grosso degli ostaggi israeliani non ancora liberati.

Questo non significa che le battaglie nel nord della Striscia siano terminate. Hamas è ancora presente nella città di Gaza, asserragliato in alcune roccaforti come il quartiere di Shajaya e la cittadina di Jabalia, a nord di Gaza. Una fonte militare ha detto sempre al Financial Times che la città di Gaza è stata sgomberata di miliziani di Hamas «al 40 per cento» e che i combattimenti a nord dureranno ancora settimane, forse un mese.

Ci sono altre informazioni puntuali che ci aiutano a capire che l’operazione militare israeliana sta proseguendo e dando alcuni risultati, ma è ancora piuttosto lontana dal realizzare i suoi obiettivi.

Un dato che è circolato, per esempio, è il numero di miliziani di Hamas uccisi dall’esercito israeliano: sarebbero 5.000, ha detto lunedì un portavoce militare, compresi però gli oltre 1.000 uccisi durante i combattimenti nel sud di Israele, subito dopo l’assalto del 7 ottobre. Questo significa che i miliziani di Hamas uccisi nella Striscia di Gaza durante l’operazione militare di Israele sono circa 4.000: è un numero elevato ma comunque ridotto rispetto alle stime in base alle quali Hamas avrebbe in tutto 25.000 miliziani a sua disposizione.

L’efficacia è maggiore per quanto riguarda la distruzione delle infrastrutture militari di Hamas. La capacità del gruppo di lanciare razzi contro obiettivi israeliani è stata ridotta significativamente: se nei primi giorni del conflitto Hamas lanciava grandi batterie di razzi ogni poche ore, adesso riesce a lanciare pochi razzi ogni tre-quattro giorni, con molta meno precisione di prima.

Questi risultati parziali sono stati raggiunti al prezzo di moltissimi morti palestinesi e di enormi sofferenze e distruzioni. Il numero dei morti ha superato i 15 mila, quasi tutti civili, e molte città della Striscia sono devastate a livelli tali che saranno necessari anni di ricostruzione. Secondo una stima fatta dall’ONU, il costo delle strutture civili distrutte equivale a vent’anni di aiuti internazionali allo sviluppo nella Striscia di Gaza.

Questo senza contare il fatto che gli oltre due milioni di abitanti civili della Striscia ormai non hanno più posti dove andare. Dopo averli scacciati dal nord, ora l’esercito israeliano sta imponendo evacuazioni sempre più a sud, lontano dalle città.

La grande violenza dell’operazione militare israeliana, inoltre, sta attirando su Israele le critiche della comunità internazionale. Anche gli alleati tradizionali di Israele, come gli Stati Uniti e l’Unione Europea, stanno cominciando a sostenere che l’esercito israeliano non stia facendo abbastanza per contenere le morti civili e le distruzioni. Nel contempo buona parte del sud globale è esplicitamente contraria alle operazioni di Israele.

In questo contesto, Israele non ha ancora reso chiaro quali siano i suoi obiettivi strategici oltre a quello espresso dal governo e dai leader politici di «distruggere Hamas». A due mesi di distanza dall’inizio delle operazioni militari non è ancora chiaro quale sia l’asticella da raggiungere per poter definire Hamas «distrutto»: se l’uccisione dei leader del gruppo, l’eliminazione della maggior parte dei miliziani, la distruzione delle infrastrutture militari e dei tunnel o altro.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu durante una visita nella Striscia di Gaza (Avi Ohayon/GPO/Handout via AP)

Alcuni analisti sostengono che l’operazione militare andrà avanti ancora molto a lungo: una volta completata l’occupazione militare di Gaza, potrebbero essere necessari molti mesi, se non un anno intero, per distruggere tutti i tunnel e tutte le infrastrutture militari di Hamas – mesi durante i quali non è chiaro come la popolazione civile della Striscia potrà sopravvivere.

Secondo altri la pressione per porre fine alle violenze sarà così forte che a un certo punto il governo israeliano sarà costretto a prendere una decisione politica per porre fine alla guerra prima di quanto vorrebbero gli strateghi militari. Tra le altre cose sembra che uno degli obiettivi di Israele sia quello di trovare e uccidere i principali leader militari di Hamas, cosa che consentirebbe al governo di presentare all’opinione pubblica almeno una vittoria tangibile prima di interrompere o rallentare le operazioni militari.

– Leggi anche: Cos’è cambiato in Israele in 40 anni, e in un mese, con Lorenzo Cremonesi