Il governo ha trovato un compromesso sul Superbonus

Non è stato prorogato come chiedeva Forza Italia, ma è stato istituito un fondo per concludere alcuni lavori entro il 31 ottobre 2024

Operaio a un cantiere con ponteggi sullo sfonod
(Cecilia Fabiano/ LaPresse)
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Giovedì si è riunito per l’ultima volta nel 2023 il Consiglio dei ministri: sono stati approvati quattro decreti relativi alla legislazione fiscale e il cosiddetto decreto Milleproroghe, un provvedimento che viene approvato quasi ogni anno, e il cui scopo principale è prorogare scadenze di legge vicine al termine (da cui il nome della norma), ma che di solito finisce con il contenere un po’ di tutto. La decisione più attesa era però quella relativa al Superbonus, la cospicua agevolazione fiscale per gli interventi di ristrutturazione edilizia finalizzati a migliorare l’efficienza energetica di case e condomini, in vigore da maggio del 2020 e in scadenza a fine anno.

Sul tema nelle ultime settimane la maggioranza si era mostrata divisa: Fratelli d’Italia e Lega erano decisi ad abolire un misura particolarmente costosa per lo stato, Forza Italia invece spingeva per una proroga, per «salvaguardare le famiglie». Prima del Consiglio dei ministri è stato trovato un compromesso: il Superbonus non è entrato nel Milleproroghe e la misura non è stata quindi prorogata, ma è stato approvato un decreto-legge specifico, che contiene alcune nuove misure.

È stato stabilito di istituire uno specifico fondo per finanziare le spese dei cantieri già partiti e che abbiano raggiunto uno stato di avanzamento dei lavori superiore al 60 per cento. Lo Stato finanzierà quindi la conclusione di questi lavori entro il 31 ottobre 2024: potrà però accedere al fondo solo chi ha un reddito inferiore a 15.000 euro. I limiti del fondo, nonché le modalità e i criteri di erogazione dei contributi saranno definiti da un decreto del ministro dell’Economia, da approvarsi entro sessanta giorni. Il Consiglio dei ministri ha spiegato la decisione di prorogare la misura, seppur in modo molto parziale, «al fine di tutelare i cittadini con i redditi più bassi e consentire la conclusione dei lavori».

Per tutti gli altri a partire dal 2024 il contributo dello Stato ai lavori di ristrutturazione sarà del 70 per cento per effetto delle limitazioni introdotte dal governo.

(ANSA/DANIEL DAL ZENNARO)

Il Superbonus era stato introdotto nel maggio del 2020 dal secondo governo di Giuseppe Conte, sostenuto da una coalizione di centrosinistra formata da Movimento 5 Stelle, Partito Democratico e Italia Viva. Prevedeva un sistema senza precedenti di agevolazione fiscale per cui le persone che avessero ristrutturato la casa migliorandone la prestazione energetica avrebbero ottenuto una detrazione del 110 per cento sulle spese sostenute. In sostanza, lo Stato ripagava interamente il costo dei lavori sostenuti, aggiungendo perfino un 10 per cento in più di incentivo, e il tutto indipendentemente dal reddito e dal patrimonio della persona che ne faceva richiesta.

Il governo di Mario Draghi, subentrato nel febbraio del 2021, dapprima confermò il Superbonus, rendendone anzi più efficiente il funzionamento. Poi col passare dei mesi Draghi e il ministro dell’Economia Daniele Franco si resero conto delle molte storture della misura: aveva un impatto eccessivo sulla finanza pubblica, incentivava frodi consistenti, contribuiva ad aumentare i prezzi delle materie prime del settore dell’edilizia in una fase di crescente inflazione, cioè di aumento generalizzato dei prezzi. Per questo Draghi e Franco provarono a più riprese a introdurre limitazioni al Superbonus, ma il parlamento, in maniera piuttosto compatta, si oppose costantemente ottenendo di confermare la misura, sia pure con qualche modifica.

Secondo i dati diffusi dall’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) al 30 novembre 2023 per il Superbonus sono stati aperti più di 446mila cantieri per un investimento totale da 98,1 miliardi di euro, di cui 89,1 a carico dello Stato.