L’intelligenza artificiale nei film c’è già

Non solo negli effetti speciali, ma anche in varie fasi dei processi produttivi, semplificando certi lavori e minacciandone altri

Un cartello contro l'uso dell'intelligenza artificale a Hollywood durante un picchetto dello sciopero degli sceneggiatori. (AP Photo/John Minchillo)
Un cartello contro l'uso dell'intelligenza artificale a Hollywood durante un picchetto dello sciopero degli sceneggiatori. (AP Photo/John Minchillo)
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La conversazione intorno all’intelligenza artificiale e alla sua applicazione nel cinema è di solito rivolta al futuro, riguarda cioè ciò che potrà fare e i problemi che potrà porre nei prossimi anni. Ma già da tempo software che a vario titolo rientrano nella definizione di intelligenza artificiale, e cioè che possono imparare cose e migliorarsi in autonomia, con la possibilità di ottenere algoritmi per classificare e strutturare dati, produrre modelli predittivi e svolgere funzioni di vario tipo, sono utilizzati per agevolare, sveltire o in certi casi migliorare alcuni processi della creazione e produzione di un film o di una serie.

I principali campi di applicazione dell’intelligenza artificiale nel cinema sono due: il primo è quello degli effetti visivi, cioè il ritocco digitale delle immagini o la creazione di personaggi digitali, settore in cui l’intelligenza artificiale è usata da almeno vent’anni con costanza e crescenti risultati, e che recentemente ha iniziato a preoccupare gli attori per il proprio lavoro. Il secondo è il settore della produzione, in cui l’intelligenza artificiale è iniziata a entrare seriamente da circa dieci anni e in cui viene usata per compiti diversi tra loro come la pianificazione e poi l’organizzazione di film o serie. Recentemente poi l’intelligenza artificiale viene utilizzata anche per piccoli compiti dai singoli reparti e poi, una volta che il film è finito, per la sua promozione. E questo non soltanto nel cinema e nella televisione americana, ma anche in Europa dove i budget sono minori.

C’è l’intelligenza artificiale dietro ai progressi fatti negli ultimi anni dagli effetti visivi, in particolare a partire dalla creazione di personaggi digitali, il cui primo esempio di rilievo fu Gollum in Il Signore degli Anelli. Gli effetti sviluppati con questi software hanno avuto molte applicazioni nella replica di attori morti o nella ricostruzione della versione giovane di quelli in vita, a partire da Il curioso caso di Benjamin Button fino alle versioni più avanzate viste in The Irishman (con il ringiovanimento di Robert De Niro e Al Pacino) o in Rogue One (in cui compaiono due attori che non ci sono più, Peter Cushing e Carrie Fisher).

In tutti questi casi l’intelligenza artificiale è usata per prendere il modello di un volto o di un corpo creato al computer e muoverlo in modi realistici. È un tipo di processo che, a differenza di altri che pure richiedono l’uso di computer, implica una mole di calcoli e minuzie impensabili anche per un’ampia squadra di sviluppatori umani, almeno nei tempi richiesti da una produzione. Espressioni del viso e movimenti del corpo possono essere creati da zero o, come si fa in molti casi, si possono registrare tramite dei sensori quelli di veri attori e poi attribuirli ai personaggi digitali che quindi “reciteranno” con gli stessi gesti, anche quelli piccoli e discreti che spesso fanno la differenza nella recitazione.

Ancora più evidente è l’uso dell’intelligenza artificiale nell’animazione delle folle fin da Il gladiatore nel 2000. Quelle che si definiscono “comparse digitali”, utilizzate quando serve una grande quantità di persone nell’inquadratura, devono muoversi ognuna con un senso, replicando l’ordine (se si tratta per esempio di un esercito) o il caos (nel caso di una folla indistinta) in maniere realistiche. Grandi numeri di persone che non possono essere animate una per una, occorre che un software intelligente calcoli come farlo in modo che le comparse digitali non si sovrappongano e non sembrino degli automi senza volontà.

Questo tipo di tecnologia, vent’anni dopo Il gladiatore, non consente solo di animare le folle, quindi esseri umani da lontano, ma anche di animare singole persone digitali nello sfondo di una scena, anche solo passanti. Il recente sciopero degli attori negli Stati Uniti era stato motivato anche da una crescente preoccupazione delle comparse riguardo al fatto che gli studios potessero utilizzare le loro fattezze e replicarle all’infinito per popolare qualsiasi tipo di scena. Nel loro nuovo contratto collettivo questa pratica è consentita, ma comunque le vere comparse in carne e ossa, le cui fattezze o movimenti vengono sfruttati e riprodotti, andrebbero compensate come se avessero lavorato, rendendo il tutto economicamente non conveniente se non, per l’appunto, per grandi scene di massa.

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Un’altra pratica molto frequente, che è l’evoluzione di un’altra sempre esistita, è quella di registrare una seconda volta l’audio di una battuta per cambiare magari una singola parola quando ormai le riprese sono terminate. A questa ora viene affiancato anche quello che prima non si poteva fare, cioè il ritocco digitale del labiale degli attori perché aderisca alle nuove parole. Essendo un intervento sui movimenti del volto è particolarmente delicato e impossibile da fare con velocità e precisione da uno o più esseri umani, e lo si fa quindi attraverso un software che, una volta immagazzinate diverse ore di movimenti della bocca di quel dato attore o attrice, tramite l’intelligenza artificiale ricrea i movimenti della bocca. Per esempio nel film Fall, uscito l’anno scorso, tutta una serie di parole volgari sono state cambiate in sinonimi più accettabili, utilizzando il software di “vubbing” (dubbing, cioè doppiaggio ma video) chiamato Flawless. È il tipo di tecnologia che spaventa di più i doppiatori professionisti, che vedono in un futuro la possibilità che questi espedienti, uniti alla generazione artificiale di voci, possano sostituirli.

Queste sono le applicazioni dell’intelligenza artificiale più note e in un certo senso più evidenti e avveniristiche. Ma c’è tutta una componente più quotidiana nelle applicazioni dell’intelligenza artificiale nella pre-produzione di una serie o un film, cioè prima che si vada sul set a girare le scene. L’intelligenza artificiale è già sfruttata da diverse società per decidere innanzitutto quali film produrre e in che modo. È un tipo di valutazione che si è sempre fatta, quella cioè di cosa in un dato momento storico possa essere bene accetto dal pubblico e quindi quali elementi di successo vadano mescolati in una nuova storia. Era il lavoro tipico del produttore quello di inventare il successo di domani replicando quello di ieri, ed è la ragione per la quale dopo un film di un certo tipo di grande successo cinematografico o televisivo ne sono sempre arrivati molti altri simili per genere, personaggi o tipo di pubblico.

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L’intelligenza artificiale è ora usata per lo stesso scopo, ma con la possibilità di elaborare una mole di dati molto maggiore e quindi, si suppone, con una precisione nella risposta più accurata. È noto che la Warner Bros da anni utilizzi a questo scopo il software Cinelytic, istruito con i dati a disposizione, e che lo stesso faccia da ancora prima la Sony Pictures con ScriptBook. La 20th Century Fox (prima di venire acquisita dalla Disney) aveva aiutato lo sviluppo di Merlin Video, un software che sfruttando le reti neurali era usato per calcolare l’efficacia dei video promozionali. Una delle applicazioni più note di Merlin Video fu la progettazione e poi creazione (attraverso un supercomputer fornito da IBM) del trailer del film di fantascienza Morgan.

A un livello ancora meno creativo, è molto frequente l’uso di intelligenza artificiale nei casting, almeno in una prima fase. I requisiti per una certa parte, le fattezze o le tipologie umane che vengono cercate vengono fornite al programma che in poco tempo valuta tutti i volti, i corpi e i dati sui possibili attori che ha in memoria, e restituisce quelli che vanno presi in considerazione perché corrispondenti a ciò che si cerca. Ma software di intelligenza artificiale sono anche usati per pianificare la logistica di un piano di produzione, cioè per decidere come ottimizzare il noleggio di attrezzature e luoghi in cui effettuare le riprese, incrociando le disponibilità degli attori più importanti e le esigenze dei registi. L’obiettivo è sempre ridurre quanto più possibile i costi e questo tipo di calcoli un tempo veniva fatto a mano dalle persone.

Ci sono meno notizie invece intorno all’uso di software di intelligenza artificiale per la scrittura di sceneggiature, perché è una pratica di cui le produzioni non hanno interesse a vantarsi e la cui divulgazione potrebbe essere controproducente per la promozione di un film o una serie. È stato tuttavia uno dei punti cruciali del recente sciopero degli sceneggiatori, e questo dà l’idea di quanto gli studios hollywoodiani abbiano cominciato a farne uso. Non si parla però di scrivere un film o una serie da zero, ma di programmi come StoryFit, che studiano le sceneggiature per identificare punti di forza e debolezza in relazione a un possibile successo per poi indicare per esempio quali svolgimenti o quali personaggi sviluppare di più o di meno in base a cosa ha funzionato in passato.

Questo tipo di intelligenze artificiali lavora anche più a monte, indicando quali tipi di storie (a partire quindi da articoli di giornali, libri o racconti) sono più adatte a diventare un film secondo alcuni parametri che si ritiene appartengano alle produzioni di successo. Le conquiste dello sciopero degli sceneggiatori hanno fatto sì che sia adesso impossibile per uno studio di produzione statunitense far scrivere una sceneggiatura solo a un’intelligenza artificiale, ma è invece possibile per gli sceneggiatori usare questo tipo di software nel proprio lavoro come ritengono opportuno.

In Europa, dove il grosso del commercio di film e serie gira intorno a produzioni più economiche, le aziende che più lavorano nell’ambito dell’intelligenza artificiale per la produzione cinematografica sono la svizzera Largo.ai e la danese Publikum. Come ha riportato Screen International, nei mesi successivi all’uscita di ChatGPT e dei primi strumenti di intelligenza artificiale generativa disponibili gratuitamente per tutti, le due società registrarono un interesse crescente nei loro servizi, anche da chi prima era più scettico. Quello che offrono è la possibilità di individuare le potenzialità commerciali in una sceneggiatura o una storia, o di calcolare il possibile risultato al box office di un film considerato il cast, la storia, la trama e il genere e soprattutto considerati i vari mercati (perché ciò che funziona in Spagna può non funzionare allo stesso modo in Finlandia). Nonostante questo sono ancora poche le produzioni europee che hanno impiegato in maniera significativa l’intelligenza artificiale in fase di produzione.

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Secondo alcuni produttori europei la produzione audiovisiva dipende molto dall’esecuzione, cioè da come certe cose vengono fatte materialmente, con quale stile e quali intuizioni, quindi non si adatta bene all’intelligenza artificiale. Secondo le società che forniscono questi servizi invece il supporto che possono fornire a una produzione può essere sostanziale, per esempio smentendo vecchi assunti come quello secondo il quale un grande attore famoso è indispensabile per garantire un successo. Secondo l’analisi dei dati non sarebbe infatti possibile stabilire una reale correlazione tra presenza di una star e successo di un film indipendente.

Due film europei di buon successo che sono stati realizzati usando in stadi diversi l’intelligenza artificiale di Publikum sono la produzione norvegese Sick of Myself di Kristoffer Borgli (selezionata a Cannes nel 2022, poi uscita in Italia) e quella olandese-svedese Sweet Dreams di Ena Sendijarević, che ha vinto il Pardo d’oro per la miglior interpretazione al festival di Locarno del 2023. Si tratta di due film d’autore e non commerciali, il tipo di produzione  con maggiori possibilità di essere venduto in Europa (dove i film commerciali si fanno e anche molto, ma tendono a uscire poco dai rispettivi paesi). Il dato è particolarmente rilevante perché non si tratta di imprese con grandi disponibilità economiche. Sempre secondo Screen International infatti i servizi di una società come Publikum costano relativamente poco, circa 18.000€ per un’analisi relativa a una produzione, che in casi come quelli citati solitamente tende ad avere budget tra 1 e  5 milioni di euro.