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  • Lunedì 18 dicembre 2023

Il caso dei bambini dati in adozione senza il consenso delle madri, in Belgio

C’entrano la Chiesa cattolica e una pratica seguita tra gli anni Quaranta e Ottanta: se ne riparla oggi per un podcast

(AP Photo/Virginia Mayo)
(AP Photo/Virginia Mayo)
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Da giorni in Belgio si discute di un caso che riguarda alcune istituzioni religiose cattoliche riservate in passato alle donne incinte non sposate, accusate di aver dato in adozione all’insaputa delle madri circa 30mila bambini tra gli anni Quaranta e Ottanta. Queste accuse emersero già nel 2015, ma sono state rilanciate recentemente da Kinderen van de Kerk (“I bambini della Chiesa”), un podcast prodotto da Het Laatste Nieuws, un importante giornale belga di lingua fiamminga. Secondo le testimonianze raccolte dal podcast, le donne ospitate in queste istituzioni avrebbero subito umiliazioni sistematiche e in alcuni casi violenze sessuali. Dopo il parto, alcune sarebbero anche state sterilizzate a loro insaputa.

Il parlamento belga se ne è occupato giovedì scorso, con un’interrogazione parlamentare in cui ha testimoniato anche la deputata Yngvild Ingels, che ha raccontato di essere nata lei stessa in uno di questi istituti religiosi e poi stata data in adozione.

Il ministro della Giustizia, Paul Van Tigchelt, ha detto di voler avviare un’indagine parlamentare al riguardo, ma anche se saranno scoperti dei reati non è detto che saranno perseguibili, o che le vittime potranno ottenere un risarcimento: molti crimini potrebbero essere stati prescritti, e la tratta di esseri umani è perseguibile in Belgio solo per fatti avvenuti dopo il 1995. Comunque quattro sacerdoti coinvolti nelle adozioni sono già stati privati temporaneamente della loro retribuzione statale, e sono in corso le indagini per valutare se sospendere quella di altri quattro.

Nel podcast diverse madri e persone adottate hanno raccontato per la prima volta la loro storia. Nel dopoguerra la Chiesa cattolica nelle Fiandre (la regione settentrionale del Belgio, dove si parla una lingua simile a quella dei Paesi Bassi) gestiva diversi istituti per le ragazze madri. Rimanere incinte senza essere sposate era considerato un grave “peccato” e portava spesso all’emarginazione sociale della donna e della sua famiglia di origine: per evitarlo molte famiglie decidevano di mandare le donne, anche molto giovani, in istituzioni religiose dove potevano portare a termine la gravidanza sotto anonimato.

Secondo le testimonianze raccolte dal podcast, a volte i parti venivano eseguiti sotto anestesia completa, per evitare qualsiasi contatto fra la madre e il figlio, in altri casi per lo stesso motivo veniva steso un telo che impediva alla madre di vedere il figlio. I bambini così nati sarebbero poi stati dati in adozione a coppie sposate senza figli, dietro il pagamento di una cifra che oggi equivarrebbe a qualche centinaio di euro.

Alcuni giornali hanno definito la pratica «vendita di bambini», mentre secondo la Chiesa i soldi servivano a finanziare le istituzioni religiose. Molti vescovi si sono detti favorevoli all’apertura di un’inchiesta indipendente.

Gli istituti religiosi per le donne incinte non sposate esistettero in tutta Europa per secoli, solitamente gestiti da suore. Per molto tempo furono l’unico modo per evitare un pesante stigma sociale, in un’epoca in cui una gravidanza fuori dal matrimonio era considerata inaccettabile e l’aborto non era legalizzato.

In Italia il Comitato nazionale per il diritto alle origini biologiche si impegna per permettere alle persone nate da parti in anonimato di risalire ai propri genitori. Anche in Italia molte persone sono nate in istituti come quelli belgi, e sono state date in adozione contro il parere delle madri biologiche. Nel 2002 Magdalene, un film che raccontava la storia di tre ragazze in un istituto religioso in Irlanda, vinse il Leone d’oro alla Mostra del cinema di Venezia. Una delle tre protagoniste era rimasta incinta, e suo figlio era stato dato in adozione.

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