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  • Martedì 12 dicembre 2023

Cosa ha cambiato Zerocalcare

Prima della “Profezia dell'armadillo”, uscito nel 2011, in Italia quasi non esisteva un mercato che oggi ha raggiunto dimensioni notevoli

(Stefania M. D'Alessandro/Getty Images)
(Stefania M. D'Alessandro/Getty Images)

Prima che diventassero familiari a così tante persone i personaggi inventati da Zerocalcare, pseudonimo del fumettista e disegnatore romano Michele Rech, che oggi compie quarant’anni, i fumetti avevano molto meno spazio nel mercato editoriale italiano. Quando nel 2011 uscì La profezia dell’armadillo, il suo libro di esordio, nelle librerie se ne trovavano pochissimi, era difficile vederli comparire nelle classifiche di vendita e gli eventi di settore erano molto meno diffusi e partecipati rispetto a oggi.

Grazie a Zerocalcare la percezione che lettori e addetti ai lavori avevano del fumetto cambiò: se prima veniva considerato un prodotto indirizzato a un pubblico maschile e molto specifico, vicino alla cosiddetta “cultura nerd”, il successo riscosso dal libro aprì un nuovo spazio di mercato per questi mezzi espressivi, che diventarono dei prodotti interessanti anche per il pubblico generalista.

Fino a un decennio fa i fumetti si acquistavano principalmente in edicola o nei negozi specializzati, e nella maggior parte dei casi l’interesse del pubblico era indirizzato verso serie italiane molto famose e con una lunga storia editoriale alle spalle, legate in particolare alla casa editrice milanese Bonelli, come Dylan Dog, Tex, Nathan Never e Zagor. In tutti i casi si trattava di fumetti inquadrabili in un genere preciso (western, fantascienza, giallo e via discorrendo), poco costosi e letti soprattutto da persone adulte, che avevano iniziato a collezionarli durante l’adolescenza: erano molto amati dai lettori che li acquistavano da anni, ma poco adatti per attrarne di nuovi.

Delle nicchie più ristrette erano interessate ai fumetti di importazione, da quelli statunitensi incentrati sui supereroi e pubblicati dalle due major più conosciute al mondo, la DC Comics e la Marvel, ai manga giapponesi, che in Italia avevano iniziato a diffondersi agli inizi degli anni Sessanta e che erano diventati abbastanza popolari durante il decennio successivo, anche grazie al successo delle serie animate giapponesi che venivano trasmesse nelle rete locali. Uno spazio di mercato ancora più piccolo era infine riservato al fumetto d’autore, e in particolare a quelle che oggi definiamo generalmente “graphic novel”, ossia fumetti con una struttura simile a quella di un romanzo, autoconclusivi e realizzati con maggiore libertà dal punto di vista tecnico e narrativo.

Lo scarso interesse nei confronti di queste opere non era dovuto a una mancanza di qualità: diversi autori italiani, come Guido Buzzelli e Hugo Pratt, avevano iniziato a utilizzare il fumetto per raccontare storie più lunghe e complesse già nella prima metà degli anni Sessanta. Nel ventennio successivo una nuova generazione di fumettisti, di cui facevano parte autori come Andrea Pazienza, Tanino Liberatore, Massimo Mattioli, Stefano Tamburini e Filippo Scozzari, iniziò a disegnare e sceneggiare fumetti più maturi e cupi, volutamente eccessivi nella forma e nei contenuti e indirizzati a un pubblico adulto. Solitamente realizzavano storie di fantascienza violente e sessualmente esplicite, oppure incentrate sulle contestazioni studentesche degli anni Settanta: venivano pubblicate in riviste dedicate come Frigidaire e Cannibale, e nel tempo iniziarono a essere apprezzate anche al di fuori dell’Italia. Frank Zappa era ad esempio un grande ammiratore delle opere di Liberatore, che nel 1983 disegnò la copertina del suo undicesimo album, The Man from Utopia.

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Tuttavia questi fumetti, ambiziosi e in un certo senso d’avanguardia, non riuscirono mai a incontrare i gusti del pubblico generalista, che li considerava a seconda dei casi poco accessibili o troppo eccentrici. Alla metà degli anni Duemila, alcuni autori iniziarono a emanciparsi dai generi per utilizzare il fumetto come mezzo narrativo per raccontare storie personali: ad esempio, tra il 2003 e il 2008, Gipi (nome d’arte di Gianni Pacinotti) aveva pubblicato dei libri che mescolavano autobiografia e finzione, come Esterno notte, Appunti per una storia di guerra, Questa è la stanza, S. e La mia vita disegnata male.

Fu un primo passo per la nobilitazione del fumetto d’autore in Italia: i fumetti di Gipi erano maturi, si distaccavano da qualsiasi genere e rompevano diverse convenzioni stilistiche, come ad esempio la tendenza a utilizzare sempre la stessa gabbia (l’insieme di vignette che compongono una pagina o tavola).

Le cose però cambiarono in maniera significativa soltanto nel 2011, con l’uscita di La profezia dell’armadillo: fu pubblicato da Graficart, la casa editrice del fumettista Makkox, inizialmente in una tiratura molto limitata: appena 500 copie, che furono vendute in poche settimane.

In un approfondito articolo pubblicato su Fumettologica, Andrea Fiamma ha raccontato che, all’inizio, il fumetto iniziò a circolare in una maniera quasi clandestina: «Zerocalcare portava le copie di La Profezia dell’armadillo in alcune fumetterie e librerie di Roma, oppure le consegnava brevi manu a chi gliela richiedeva, magari per email. Dopo la transazione, quasi carbonara, capitava che Zero e l’acquirente si prendessero un caffè e chiacchierassero del più e del meno».

«Facevo i calcoli su dei foglietti che poi perdevo», ha raccontato a questo proposito lo stesso Zerocalcare nel volume Scavare fossati – nutrire coccodrilli. «Quando il libro ha iniziato a vendere, e dieci librerie in un giorno mi chiedevano quaranta copie l’una, dovevo fare avanti e indietro dallo stampatore a Formia, due volte al giorno. Un incubo. Ancora adesso mi ritrovo dei foglietti in certe giacche, con il conto vendita di copie pagate, di librerie in cui non sono più tornato».

La profezia dell’armadillo racconta una parte della vita di Zerocalcare: parla di un fumettista che si trova ad affrontare la scomparsa di una sua amica di infanzia, Camille, ed è intervallato da considerazioni sull’infanzia e sul passaggio alla vita adulta. Inizialmente Zerocalcare era molto scettico: pensava che la storia fosse troppo autobiografica e, di conseguenza, poco interessante per il pubblico. In un’intervista data a Fumettologica, disse che gli «sembrava di raccontare delle cose intime di me di cui a nessuno, giustamente, fregava nulla. Era quello il grosso cruccio, avevo questa brutta sensazione».

Alla fine andò all’opposto: i lettori iniziarono a empatizzare con i personaggi, a partire dal protagonista, un fumettista in ristrettezze economiche e molto insicuro, che indossa sempre jeans e una maglietta nera con un teschio e si prodiga spesso in intensi monologhi interiori che sfociano nell’esagerazione e nella paranoia. Anche l’audacia di alcune scelte narrative fu molto apprezzata, come ad esempio l’armadillo gigante che dà il titolo al libro e che rappresenta la coscienza del protagonista. Zerocalcare ha raccontato di avere scelto di affidare i suoi pensieri a un armadillo «perché è l’animale sociopatico per eccellenza, quello che si racchiude su sé stesso» e anche «perché l’Armadillo in realtà è l’unico animale che puoi vedere gratis se vai allo zoo di Roma: la gabbia sta prima della biglietteria. Quindi pure se non paghi il biglietto l’armadillo lo puoi vedere».

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Grazie al passaparola, nel corso dei mesi l’interesse verso La profezia dell’armadillo aumentò: le richieste da parte delle librerie aumentarono, furono realizzate altre quattro ristampe, attorno a Zerocalcare iniziò a crearsi un piccolo culto e la casa editrice milanese Bao Publishing decise di acquisire i diritti di pubblicazione del libro. Nel 2012 il libro vinse il Gran Guinigi, un premio che viene assegnato ogni anno da una giuria di esperti durante il Lucca Comics & Games.

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Prima del 2011 Zerocalcare era quasi sconosciuto: realizzava illustrazioni per le copertine di alcuni dischi prodotti da gruppi e artisti che gravitavano attorno alla scena punk e dei centri sociali di Roma e si manteneva dando ripetizioni di francese agli studenti delle scuole superiori. Tuttavia aveva già in mente di diventare un fumettista: gestiva un blog, ink4riot, in cui parlava di tutte le difficoltà legate alla scelta di lavorare come fumettista in Italia e pubblicava alcune storie a fumetti, solitamente molto brevi e di denuncia sociale. Ruotavano quasi tutte attorno a un evento a cui partecipò quando aveva 18 anni, e che avrebbe influenzato moltissimo tutta la sua produzione: il G8 di Genova, che tra il 19 e il 22 luglio 2001 ospitò gli incontri dei leader delle principali potenze economiche mondiali, le grandi manifestazioni dei movimenti no global e soprattutto alcuni degli episodi più violenti e tragici della storia italiana recente, quelli di piazza Alimonda, della scuola Diaz e della caserma di Bolzaneto.

Il primo fumetto realizzato da Zerocalcare, La nostra storia alla sbarra, è ambientato durante i giorni del G8, e fu realizzato allo scopo di raccogliere fondi da utilizzare per coprire le spese legali dei giovani italiani arrestati durante i disordini di Genova. In un’intervista data al Guardian nel 2022, Zerocalcare parlò dell’importanza che il ricordo del G8 ha avuto nella scelta della carriera da fumettista:

«Quell’esperienza è stata travolgente. Era come se chiunque avesse un’uniforme volesse ucciderci tutti. Un anno dopo hanno arrestato 25 manifestanti accusati di vandalismo. La brutalità non era abbastanza; volevano mettere dietro le sbarre quelli che avevano preso parte alle proteste. Avevo bisogno di raccontare cosa è successo. È lì che è iniziato tutto»

Poco tempo dopo la pubblicazione di La profezia dell’armadillo, Zerocalcare aprì un blog a suo nome in cui pubblicava settimanalmente brevi strisce a fumetti, che nel 2013 sarebbero state raccolte nell’antologia Ogni maledetto lunedì su due. Per realizzarlo, oltre alla precedente esperienza di ink4riot, prese spunto dalle strisce che il fumettista francese Gilles Roussel, in arte Boulet, pubblicava nel suo blog, e che lo avevano reso molto popolare in Francia. Il blog permise a Zerocalcare di farsi conoscere sui social: le strisce, che venivano pubblicate ogni lunedì, venivano condivise puntualmente da decine di migliaia di persone, in particolare su Facebook. In molti casi si trattava di persone poco interessate al fumetto, o che comunque non avevano mai mostrato un interesse particolare nei confronti di questa forma espressiva.

Le storie non ebbero successo soltanto per via del loro canale di diffusione: furono molto apprezzate anche dal punto di vista narrativo, in particolare per la loro capacità di raccontare una generazione che, fino a quel momento, era stata fortemente sottorappresentata nelle opere di finzione: quella che era nata negli anni Ottanta e che aveva vissuto l’infanzia durante gli anni Novanta.

Nel 2012 Zerocalcare pubblicò Un polpo alla gola, il suo secondo libro, cui seguirono Ogni maledetto lunedì su due e Dodici (2013), Dimentica il mio nome (2014) e L’elenco telefonico degli accolli (2015). Nel 2016 uscì invece un esperimento completamente diverso, vicino al graphic journalism: Kobane Calling, libro che racconta i tre viaggi che fece in Turchia, Iraq e Siria per raccontare la resistenza della popolazione curda nella zona di confine tra i tre stati. Il libro partiva da due reportage che Zerocalcare aveva realizzato per Internazionale l’anno prima, quando aveva vissuto per un periodo nella città di Kobane, nel nord della Siria, dove era stata combattuta una durissima battaglia tra i miliziani dello Stato Islamico e le forze indipendentiste curde, che per mesi aveva attirato l’attenzione dei media internazionali.

Negli ultimi anni, Zerocalcare ha lavorato in un altro ambito per cui provava interesse fin da bambino: l’animazione. Iniziò nel marzo del 2020, durante i primi mesi di pandemia da coronavirus, quando realizzò Rebibbia Quarantine, una miniserie animata composta da episodi di pochi minuti che andò in onda durante le puntate del programma di La7 Propaganda Live e che fu apprezzata per la sua capacità di rappresentare con ironia e leggerezza la realtà del lockdown. L’anno dopo pubblicò con Netflix Strappare lungo i bordi, la sua prima serie animata, seguita da Questo mondo non mi renderà cattivo, uscita quest’anno.

Le due serie hanno contribuito a popolarizzare ulteriormente quello che Giorgio Scorza, cofondatore di Movimenti Production, la società che le ha prodotte, ha definito come “Zeroverse”, l’universo di Zerocalcare. È una definizione che richiama il più celebre Marvel-verse, l’universo narrativo della Marvel in cui vivono i suoi supereroi, ormai un impero multimediale fatto di fumetti, film, serie tv. Il paragone è ovviamente un’iperbole, ma aiuta a capire quanto questi personaggi siano entrati a far parte dell’immaginario collettivo.

Seguendo l’esempio di Zerocalcare, negli ultimi anni diversi autori e autrici hanno deciso di farsi conoscere aprendo blog o sfruttando i social per promuovere il proprio lavoro, come Fumettibrutti, Maicol & Mirco e Labadessa, che sono riusciti ad affermarsi senza ricorrere ai canali di promozione tradizionali. Da questo punto di vista, Zerocalcare ha aperto delle possibilità: oggi fare fumetti e guadagnarci rimane difficile, ma non quanto dieci anni fa.

Anche grazie al successo di Zerocalcare, nell’ultimo decennio il mercato dei fumetti, e in particolare delle graphic novel, è aumentato moltissimo. Secondo i dati dell’AIE (Associazione Italiana degli Editori) nel 2021, dieci anni dopo la pubblicazione di La profezia dell’Armadillo, le vendite di fumetti hanno rappresentato il 5,9 per cento sul totale del mercato di varia (cioè romanzi, saggi e libri per ragazzi). Questo valore è quasi triplicato dal 2019: in quell’anno pre-pandemia erano stati venduti 3,242 milioni di copie per 36,450 milioni di euro a prezzo di copertina, nel 2021 erano diventati 11,54 milioni per un valore a prezzo di copertina di 100,25 milioni di euro: una crescita del 256 per cento per quanto riguarda le copie e del 175 per cento per il valore.