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  • Martedì 12 dicembre 2023

La Champions League che conosciamo finisce in questi giorni

Tra martedì e mercoledì si disputano le ultime partite della vecchia fase a gironi, che dalla prossima stagione cambierà completamente

di Pietro Cabrio

(Matthias Hangst/Getty Images)
(Matthias Hangst/Getty Images)
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La fase a gironi è la parte più conosciuta, partecipata e sotto certi aspetti simbolica della UEFA Champions League, il torneo più importante e affascinante del calcio europeo. Da oltre trent’anni scandisce le stagioni e gli appuntamenti di tanti appassionati, dai sorteggi di fine agosto fino agli ultimi e decisivi turni di dicembre. Le classifiche finali dei gironi dell’edizione in corso, e quindi le qualificate agli ottavi, si decideranno proprio in questi giorni, tra martedì e mercoledì, per l’ultima volta: dalla prossima stagione la Champions League cambierà formato e a scomparire saranno proprio i gironi, almeno come li abbiamo conosciuti finora.

Ogni grande cambiamento del torneo che dal 1956 premia la squadra campione d’Europa ha riguardato i gironi, e ciascuno di questi cambiamenti è coinciso con l’inizio di nuove epoche calcistiche.

Fino al 1991 l’allora Coppa dei Campioni era un torneo in cui 31 squadre, ossia le sole vincitrici dei titoli nazionali europei, si affrontavano in una fase a eliminazione diretta. Nella stagione 90/91 si disputò l’ultima edizione così strutturata, e in un calcio in cui le differenze tra club non erano enormi come lo sono oggi, a vincere fu la Stella Rossa di Belgrado: fu allo stesso tempo la prima e l’ultima vittoria della Jugoslavia unita nel calcio dei professionisti.

Da allora ci sono state soltanto vittorie italiane (5), spagnole (13), francesi (1), inglesi (7), tedesche (4), olandesi (1) e portoghesi (1). Negli ultimi dieci anni il cerchio si è ristretto ulteriormente: hanno vinto soltanto squadre spagnole, inglesi e tedesche.

Fiorentina-Liverpool dei gironi di Champions League del 2009 (Clive Brunskill/Getty Images)

Il divario tra squadre europee e campionati di prima e seconda fascia iniziò ad accentuarsi a partire dalla stagione 1991/1992, quando la Coppa dei Campioni introdusse per la prima volta una fase a gironi, dopo gli ottavi di finale, in sostituzione di quarti e semifinali. In questo modo la UEFA aumentò il numero di partite complessive e di conseguenza le entrate generate dal torneo, in particolare dai diritti di trasmissione, che con la diffusione delle televisioni a pagamento avevano già iniziato a cambiare radicalmente il calcio professionistico.

Fu un formato sperimentale che gettò le basi dell’attuale Champions League, che iniziò nell’estate del 1992 con 36 squadre partecipanti, una per ogni paese aderente alla UEFA e quattro in più dell’edizione precedente: dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica erano infatti aumentati i paesi dell’Europa calcistica, e quindi i campionati. Proprio per la presenza delle squadre dei campionati minori furono istituiti i primi turni preliminari, che ora occupano i mesi estivi della competizione.

Nel 1991 alla Stella Rossa erano bastate nove partite per diventare campione d’Europa. L’anno successivo il Barcellona ne giocò dieci prima della finale di Wembley vinta contro la Sampdoria di Vialli e Mancini, e lo stesso fecero Milan e Marsiglia, finaliste nel 1993. Oggi per vincere la Champions League se ne devono giocare tredici, di partite, o anche di più se si parte dai turni preliminari.

Gerhard Aigner, che fu segretario generale della UEFA tra il 1989 e il 2003, raccontò alla BBC che la Coppa dei Campioni fu trasformata in Champions League perché la competizione soffriva troppo la concorrenza della Coppa UEFA — l’attuale Europa League — a cui partecipavano più di una squadra per nazione e in cui, paradossalmente, c’erano più squadre dei campionati principali. «Dal punto di vista commerciale la Coppa UEFA aveva più potenziale» spiegò Aigner. In quegli anni il secondo torneo continentale fu vinto infatti dall’Inter “dei record” di Giovanni Trapattoni, dal Napoli di Diego Armando Maradona e due volte sia dalla Juventus che dal Real Madrid.

Oltre a cambiare nome e formato, la Champions League fece un ampio rebranding ispirandosi in particolare ai punti di forza dello sport nordamericano e a eventi come il Super Bowl del football americano. Tra le novità introdotte fu di particolare effetto l’inno che oggi un po’ tutti riconoscono, basato su una rielaborazione delle musiche composte da Georg Friedrich Händel per l’incoronazione di Giorgio II di Gran Bretagna nel 1727.

Barcellona-Udinese dei gironi di Champions League del 2005 (Luis Bagu/Getty Images)

Da lì in poi la Champions League ha mantenuto più o meno lo stesso formato, cambiando solo frequenza e numero dei gironi fino alla forma attuale, che ne prevede otto da quattro squadre in un’unica fase, seguita poi dall’eliminazione diretta che parte dagli ottavi di finale. Quello della prossima stagione sarà quindi il cambiamento più radicale dagli anni Novanta: i gironi diventeranno un unico campionato da 36 squadre (quattro in più delle attuali partecipanti ai gironi), ciascuna delle quali giocherà contro otto avversarie diverse stabilite da un sorteggio.

Per determinare le otto avversarie, le squadre verranno sorteggiate da quattro fasce diverse: ciascuna di queste giocherà quindi contro due avversarie per fascia. Si qualificheranno agli ottavi di finale le prime otto della classifica, mentre chi si piazzerà dalla nona alla 24ma posizione potrà qualificarsi agli ottavi tramite un turno aggiuntivo di spareggi. Secondo la UEFA questo darà «l’opportunità di misurarsi contro un maggior numero di avversari e ai tifosi la prospettiva di vedere le squadre migliori affrontarsi più spesso e prima della fase a eliminazione diretta, con un numero di partite competitive più alto fin dall’inizio». Anche Europa e Conference League adotteranno formati simili.

Quest’ultima riforma è stata annunciata ufficialmente dopo la tentata scissione dei dodici club promotori della Super Lega, il progetto che prevedeva la creazione di un torneo indipendente dalla UEFA riservato alle grandi squadre europee, che avrebbero partecipato di diritto. Secondo i club promotori, in primis Real Madrid, Barcellona e Juventus, la Champions League non avrebbe garantito gli stessi introiti nemmeno con l’attuale riforma — ancora in fase di studio — per via del suo formato aperto e soggetto ai risultati dei campionati, e non riservato di diritto alle squadre con più seguito.

Il progetto della Super Lega si è concluso con un nulla di fatto e la UEFA continua a difendere l’apertura della Champions League alle squadre meritevoli di esserci, da un lato: dall’altro ha cercato di andare incontro alle esigenze dei grandi club alla ricerca di nuovi introiti con una riforma che garantisce sì più posti complessivi, ma anche più posti ai grandi campionati e più partite di alto livello in un torneo che si svolgerà nell’arco di undici mesi.

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