C’è poco tempo per approvare la riforma del MES

La scadenza è il 31 dicembre, ma il governo di Giorgia Meloni sembra intenzionato a rimandarla per l'ennesima volta, con qualche rischio

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto (Ansa/Ettore Ferrari)
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto (Ansa/Ettore Ferrari)
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Il calendario della Camera dei deputati prevede che giovedì 14 dicembre sia discussa e votata la ratifica della riforma del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), un’istituzione europea che ha lo scopo di aiutare i paesi dell’Eurozona in situazioni di difficoltà economica. La riforma è stata approvata già da tempo a livello europeo e tutti i paesi interessati hanno concluso il procedimento di ratifica parlamentare tranne l’Italia, i cui governi l’hanno rinviato varie volte per motivi soprattutto politici.

All’interno del governo di Giorgia Meloni e tra i membri dei partiti che compongono la maggioranza ci sono state però dichiarazioni discordanti sul voto di questa settimana: alcuni vorrebbero che fosse rimandato ancora, altri sostengono invece che sia ora di procedere alla ratifica, ormai inevitabile. La scadenza che gli stati europei si sono dati per la ratifica è il 31 dicembre, per questo nelle prossime settimane si sentirà parlare ancora del MES: l’Italia sta sostanzialmente bloccando l’entrata in vigore della riforma, e se la ratifica non dovesse arrivare in tempo il rischio è che venga accantonata insieme a tutte le nuove misure previste, che comprendono anche un importante meccanismo di aiuti in caso di diffuse crisi bancarie.

Il governo di Giorgia Meloni è da tempo in difficoltà sul MES. Innanzitutto per una questione di coerenza con le posizioni sostenute in passato: con l’eccezione di Forza Italia, i partiti che compongono l’attuale maggioranza si sono espressi in modo molto duro sia contro la riforma del MES che contro lo strumento stesso. Fratelli d’Italia e la Lega hanno sempre legato a questo strumento diversi slogan della loro propaganda antieuropea, definendolo un opprimente meccanismo burocratico europeo e sostenendo che limiterebbe la libertà dei singoli paesi di compiere in autonomia le loro scelte in ambito economico.

In realtà l’ambito di applicazione del MES è una materia assai poco politica e molto più tecnica, soprattutto per quel che riguarda quest’ultima riforma. Il MES è un’organizzazione intergovernativa che comprende i paesi che hanno l’euro, e che serve a mettere in comune il denaro di tutti e a utilizzarlo in caso di necessità, secondo il principio per cui all’interno di una stessa zona monetaria i problemi economici di un paese possono facilmente ripercuotersi sugli altri. La riforma è già stata approvata ma per entrare in vigore deve essere ratificata, cioè approvata internamente dai vari paesi con un voto parlamentare. Non mette in discussione l’esistenza del MES, che continuerà a esistere in ogni caso, ma prevede tra le altre cose la creazione di un fondo per aiutare le banche europee in caso di crisi finanziaria, per esempio per garantire a chi ha un conto corrente di non perdere i propri soldi nel caso del fallimento di una banca.

Quando a febbraio era iniziata la crisi delle banche statunitensi, una delle principali preoccupazioni che si diffusero tra i paesi dell’Unione Europea era che se si fosse estesa al sistema bancario europeo non ci sarebbe stato uno strumento collettivo europeo di assicurazione dei conti correnti: negli Stati Uniti questo strumento esiste e ha garantito una gestione tempestiva della crisi, mentre nell’Eurozona non c’è ancora, proprio perché la riforma del MES è bloccata.

In Italia il dibattito intorno al MES è diventato quasi del tutto politico, e le conseguenze di questa “politicizzazione” si stanno rivelando complicate da gestire per il governo di Giorgia Meloni: per come è stata impostata la retorica sul MES, approvare la ratifica oggi significherebbe per Meloni rinnegare in parte davanti all’opinione pubblica le durissime campagne denigratorie che il suo partito, Fratelli d’Italia, e la Lega hanno portato avanti per anni costruendo parte del loro consenso.

Nel frattempo però la questione è diventata più ampia, e oggi tra i motivi per cui l’Italia sta temporeggiando nella ratifica del MES non ci sono solo questioni di consenso politico: il governo ritiene infatti di poter sfruttare questa posizione in cui la ratifica dipende da una sua decisione a proprio vantaggio, per ottenere concessioni su un altro importante negoziato in corso a livello europeo.

Riguarda un’altra riforma, quella del Patto di Stabilità, ossia delle regole europee sulla gestione dei bilanci dello stato. In linea generale le regole previste dal Patto di Stabilità servono a far sì che ciascun paese tenga i conti pubblici in ordine e non faccia troppo ricorso al debito, in modo da evitare problemi che possano ricadere sul resto dell’Unione. Queste regole erano state sospese nella primavera del 2020 a causa della pandemia e dovrebbero tornare in vigore a partire dal 2024. Da tempo però si parla della necessità di riformarle al di là delle emergenze, perché molti paesi le considerano eccessivamente rigide.

Da circa un anno è in discussione una riforma proposta dalla Commissione europea, che dovrebbe entrare in vigore proprio a gennaio: supererebbe in parte le rigidità del Patto di Stabilità con un approccio più politico e legato alle specificità dei paesi. Nonostante sia generalmente ritenuta un compromesso abbastanza favorevole per i paesi più indebitati come l’Italia, il governo italiano l’ha sempre osteggiata chiedendo eccezioni e condizioni più lasche per il calcolo del debito: secondo il governo il superamento dei vecchi vincoli non sarebbe ancora abbastanza netto.

Tra i vari strumenti negoziali per ottenere quello che chiede il governo sembra voler usare anche la possibilità di bloccare la ratifica del MES. Domenica il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto ha detto che il MES «è un pezzo di un ragionamento ampio», che «non può essere visto in modo autonomo». «Abbiamo la trattativa sul Patto di Stabilità, le cose vanno raccordate. Pensare che ci sia una discussione a parte che non tenga conto di queste due cose non ci convince», ha aggiunto Fitto. Un’altra dichiarazione in questa direzione è stata quella di Riccardo Molinari, il capogruppo della Lega alla Camera, che domenica a Radio24 ha detto che «il Patto di Stabilità è lontano dall’essere concluso, e anzi vi do una notizia: penso proprio che il 14 dicembre non discuteremo di MES».

Le negoziazioni sul Patto di Stabilità sono proseguite la scorsa settimana durante l’Ecofin, la riunione dei ministri dell’Economia dei paesi dell’Unione europea. Giovedì e venerdì si terrà un Consiglio europeo, la riunione periodica dei capi di stato e di governo dei paesi membri a cui parteciperà la presidente del Consiglio Giorgia Meloni: è probabile che le trattative andranno avanti.

– Leggi anche: Perché l’Italia è l’unico paese a non aver ancora approvato la riforma del MES