Sui social Piantedosi fa un annuncio clamoroso al giorno

Quasi sempre per cose banali e ordinarie, e non è un caso: da un po' di mesi il ministro dell'Interno ha un nuovo social media manager

Il ministro Piantedosi in Senato, il 4 maggio 2023 (Roberto Monaldo/LaPresse)
Il ministro Piantedosi in Senato, il 4 maggio 2023 (Roberto Monaldo/LaPresse)
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Lo scorso martedì 5 dicembre intorno all’ora di pranzo tutti i profili social del ministero dell’Interno davano grande risalto a un’operazione condotta dai Carabinieri nel quartiere di San Cristoforo a Catania: «I carabinieri smantellano una piazza di spaccio. Sei arresti, tre sono minorenni. Sequestrate dosi di cocaina, crack e numerose somme di denaro in contanti», diceva una serie di scritte tutte in maiuscolo. Meno di due ore e mezzo dopo sugli stessi canali veniva pubblicata una nuova foto con scritte a caratteri altrettanto visibili: «Bari. Undici persone arrestate per il reato di blocco stradale. Impegnati 200 agenti della Polizia di stato».

L’enfasi riservata a questi annunci poteva far pensare che ci si trovasse di fronte a risultati di un certo rilievo, per il ministero dell’Interno. In realtà nel primo caso si trattava di una operazione abbastanza ordinaria: secondo quanto riferito dall’agenzia Ansa, i sei arrestati a Catania erano stati trovati in due diversi appartamenti con in tutto 25 grammi di crack, 1.965 euro in contanti, due bilancini di precisione, «kit che i pusher regalano ai consumatori contenenti filtri, cartine e accendino», e poi ancora «alcune dosi di cocaina-crack pronte per essere vendute».

Sulla storia di Bari invece gli arresti annunciati erano domiciliari (il post non lo specificava) e riguardavano alcune persone accusate di aver causato disordini al traffico cittadino con un corteo funebre non autorizzato. L’annuncio, che spiegava poco le motivazioni dell’arresto, poteva far credere che le persone arrestate fossero attivisti ambientalisti che bloccavano il traffico in segno di protesta, dal momento che il reato di “blocco stradale” era stato introdotto il mese scorso dal governo con l’intento piuttosto esplicito di punire proprio quel tipo di proteste ambientaliste. Molte delle persone che hanno commentato il post del resto hanno effettivamente capito così: le proteste sul clima sono da tempo molto discusse e ricevono spesso critiche, e la confusione ha contribuito a generare più reazioni al post da parte degli utenti sui social network.

Due annunci enfatici di questo genere in poche ore, in una giornata senza davvero grandi avvenimenti per la sicurezza e l’ordine pubblico, non sembrano un caso: ormai da alcuni mesi il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha avviato un rinnovamento della propria strategia comunicativa, affidandola a professionisti del settore più esperti di comunicazione politica sui social network.

Negli ultimi tempi sia i profili del Viminale, la sede del ministero dell’Interno, che quelli personali di Piantedosi sono diventati molto più attivi e pirotecnici: vengono pubblicizzati gli incontri istituzionali del ministro, le sue interviste su giornali e televisioni, i provvedimenti adottati in favore delle forze dell’ordine, ma anche gli auguri per le ricorrenze religiose o i commenti a eventi sportivi e alle vittorie di atleti italiani in giro per il mondo. Ci sono poi sempre più video con un montaggio evidentemente più studiato e semiprofessionale, spesso con sottofondo di musiche enfatiche per sottolineare operazioni di Carabinieri e Polizia in varie città d’Italia.

Sono notevoli specialmente se si considera da chi arrivano: in più di un anno dall’inizio del suo mandato Piantedosi non ha dimostrato un particolare carisma politico né grande abilità comunicativa, e d’altra parte era stato inserito nel governo di Giorgia Meloni come profilo più “tecnico” e non certo per la sua esperienza da politico, dopo una carriera nell’amministrazione pubblica.

Uno dei recenti post pubblicati dai profili del ministero dell’Interno

Tra i principali responsabili della nuova strategia mediatica di Piantedosi c’è Giuseppe Inchingolo, un imprenditore nel settore della comunicazione che in passato aveva già collaborato con la squadra di comunicazione della Lega e di Matteo Salvini, quella che veniva chiamata “la Bestia”: sotto la guida di Luca Morisi quel gruppo era diventato noto per la particolare aggressività delle sue campagne e per lo stile spregiudicato dei suoi contenuti, soprattutto nel periodo in cui Salvini fu a sua volta ministro dell’Interno. All’epoca il capo di gabinetto del ministero era proprio Piantedosi.

Inchingolo in questi anni aveva continuato a collaborare con la Lega, anche dopo la fine dell’esperienza di Salvini al Viminale, e dal giugno scorso è stato inserito nell’ufficio stampa del ministero dell’Interno con il ruolo di «responsabile della Comunicazione social/digital». Barese di Terlizzi, 43enne, Inchingolo è l’amministratore delegato della Artsmedia, una società di consulenza di comunicazione e marketing che ha la base principale ad Andria, ma sedi anche a Roma e a Tirana, in Albania. Tra i suoi clienti ci sono l’università LUISS, il ministero della Giustizia, il primo ministro albanese Edi Rama, la società che produce i vini di Bruno Vespa in Puglia e il gruppo editoriale che pubblica il Sole 24 Ore.

Già da maggio la pagina Facebook “Viminale – Ministero dell’Interno” ha iniziato a produrre contenuti sponsorizzati, cioè post e video promossi a pagamento dai social network. Le campagne di questi mesi sono state finanziate con una spesa che va da poche decine di euro fino a 3mila euro.

I post che nelle ultime settimane hanno avuto maggiore visibilità sono quelli che riguardano i decreti di espulsione dall’Italia delle persone migranti e in generale i provvedimenti finalizzati al loro rimpatrio. «50enne marocchino rimpatriato», diceva un post del 7 dicembre; «espulsi tre stranieri irregolari» un altro post del giorno prima. Il 28 novembre il ministro annunciava, con una certa personalizzazione: «Ho espulso un giovane egiziano». E ancora, il 21 novembre, un post annunciava «un marocchino espulso» perché considerato, senza maggiori specificazioni, «vicino agli ambienti jihadisti». Si potrebbero fare altri esempi.

I membri dello staff di Piantedosi chiariscono che quest’enfasi viene riservata perlopiù ai casi di espulsioni dirette, cioè quelle in cui una persona ritenuta pericolosa per la sicurezza nazionale viene fisicamente accompagnata al di fuori dei confini italiani da agenti delle forze dell’ordine su disposizione del prefetto o del ministro dell’Interno. I vari annunci sui profili social del Viminale però spesso non permettono di distinguere tra le espulsioni effettivamente eseguite e la semplice consegna di un decreto di espulsione, che invece prevede l’assegnazione di un migrante a un Centro di permanenza per il rimpatrio, o “CPR”, cioè uno dei controversi centri in cui le persone vengono detenute in attesa di essere portate fuori dall’Italia in un altro momento.

Il rimpatrio delle persone che passano dai CPR avviene mediamente nella metà dei casi, e nel 2023 le procedure risultano sostanzialmente in linea con quelle degli anni passati: non sembra insomma che ci siano elementi per giustificare un maggior numero di annunci al riguardo, o annunci che sottolineino enfaticamente un lavoro eccezionale rispetto al passato.

Del resto ultimamente sui profili social del ministero dell’Interno viene data grande rilevanza anche ai resoconti di attività apparentemente del tutto abituali, descritte però come fatti «straordinari»: controlli da parte della Polizia a Rovereto, in Trentino, nei confronti di auto, persone e attività commerciali; operazioni di prevenzione contro lo spaccio di droga a Catania; agenti e pattuglie utilizzati per vigilare sul traffico in Abruzzo e Molise.

Con l’eccezione di Salvini, il recente attivismo sui social di Piantedosi è notevole soprattutto nel confronto con le prassi del passato al Viminale. Il ministero dell’Interno è un centro di potere molto importante e delicato, che sovrintende attività complesse e spesso in gran parte riservate per motivi di sicurezza. Anche per questo le azioni e le decisioni del ministro dell’Interno sono tradizionalmente comunicate con grande discrezione. Tra Salvini e Piantedosi per esempio a capo del ministero dell’Interno c’era stata Luciana Lamorgese, che aveva mantenuto uno stile di comunicazione estremamente morigerato e istituzionale.

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