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  • Sabato 9 dicembre 2023

Le «ultime» sommozzatrici della Corea del Sud

Le haenyeo si immergono fino a 10 metri senza bombole o attrezzi sofisticati: sono un simbolo dell'isola di Jeju, ma stanno scomparendo

(John Ko, Unsplash)
(John Ko, Unsplash)
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A inizio ottobre la moglie del presidente della Corea del Sud Kim Keon-hee ha visitato la zona di Jongdal-ri, nella parte orientale dell’isola di Jeju, per rendere omaggio a un gruppo di “haenyeo”, le sommozzatrici del posto che praticano la pesca seguendo una tradizione secolare trasmessa di madre in figlia. La loro attività è stata a lungo l’unica fonte di sostentamento per moltissime famiglie dell’isola, che ha circa 700mila abitanti ed è la più grande del paese. Anche se adesso ce ne sono molte meno di un tempo, solo poche migliaia, le haenyeo sono considerate un simbolo di Jeju, e la loro attività è un patrimonio culturale riconosciuto a livello mondiale.

Haenyeo si preparano per lavorare sull’isola di Jeju, il 6 novembre del 2015 (Chung Sung-Jun/ Getty Images)

Haenyeo è una parola che si può tradurre più o meno come “donne del mare” e indica le sommozzatrici professioniste che si immergono in acqua senza bombole di ossigeno né strumenti sofisticati per raccogliere quello che offre il fondale del mare, soprattutto molluschi e alghe. Di norma si immergono in gruppo fino a una profondità di dieci metri, per due o tre minuti alla volta; poi ritornano in superficie per riprendere fiato e ripetono il processo.

Le sommozzatrici lavorano fino a sette ore al giorno, a seconda della stagione, e tengono per sé solo una piccola parte di quello che pescano: la gran parte infatti viene venduta. Il loro lavoro è gestito dalle piccole cooperative che si trovano nei villaggi costieri dell’isola, ciascuna delle quali stabilisce le aree in cui poter pescare, cosa e quando. La tecnica delle haenyeo prevede l’utilizzo di strumenti piuttosto semplici, simili ad arpioni e zappe; quello che raccolgono lo depositano in reti o in sacchi simili a grossi palloni galleggianti.

Una donna esce dall’acqua con quello che ha pescato a Jeju, il 6 novembre del 2015 (Chung Sung-Jun/ Getty Images)

La presenza di sommozzatori sull’isola di Jeju è documentata fin dal Quinto secolo dopo Cristo, ma originariamente era riservata agli uomini. Le cose cambiarono soprattutto nel Seicento, quando molti uomini si arruolavano nell’esercito oppure morivano in mare durante la pesca. Fu così che le donne del posto cominciarono a pescare per mantenere le proprie famiglie, approfittando anche del fatto che al tempo in Corea del Sud gli uomini che lavoravano dovevano pagare le tasse, ma le donne no.

Nel tempo grazie alle haenyeo la società del posto cominciò ad avere una struttura semi-matriarcale, in un paese dove la cultura era rigidamente conservatrice, anche se la politica locale rimase ancora a lungo esclusiva degli uomini.

Due sommozzatrici a Jeju, il. 23 novembre del 2018. (AP Photo/ Ahn Young-joon)

Fino a qualche decina di anni fa le haenyeo usavano particolari costumi e casacche di cotone, con un cappuccio chiamato kkaburi, mentre ora indossano normali mute da sub. Per aiutarsi nell’immersione usano le pinne e applicano pesi di alcuni chili attorno alla vita, mentre per impedire alle maschere di appannarsi spalmano all’interno della lente un estratto della pianta dell’artemisia.

Due haenyeo osservano ciò che hanno pescato sulla costa dell’isola di Jeju, il 6 settembre del 1955 (AP Photo/ SIL)

Le haenyeo vengono formate fin da bambine: imparano a nuotare attorno agli otto anni e possono cominciare a immergersi solo dopo molti anni di allenamento in scuole dedicate. Tra le altre cose, devono imparare a passare lunghi periodi sott’acqua e a controllare il tempo di immersione, ma anche a gestire la pressione dell’acqua, a interpretare le correnti e soprattutto a orientarsi.

Nel gennaio del 2022 una haenyeo, Koh Bok-im, aveva raccontato al Korea Herald di aver cominciato a lavorare a 18 anni. Koh, che ha più di 70 anni e lavora ancora, fa quello che avevano fatto sua madre e sua nonna prima di lei. Ha detto di raccogliere ogni giorno circa 30 chili di una lumaca di mare tipica del posto; da febbraio a marzo, quando fa più freddo, raccoglie invece le oloturie, conosciute anche come cetrioli di mare, e quando va bene pesca anche polpi e pesci. Quando era giovane trovava molti abaloni, grossi molluschi molto apprezzati, ma adesso ce ne sono molti di meno, ha spiegato. Aveva lavorato anche quando era incinta, durante tutte e cinque le sue gravidanze. Adesso sono haenyeo sia la sua figlia minore sia una sua nuora.

Haenyeo si preparano per la pesca sull’isola di Jeju, il 6 novembre del 2015 (Chung Sung-Jun/ Getty Images)

«Quando lavori nell’acqua ti serve un’amica. Ci teniamo d’occhio a vicenda», ha detto sempre Koh. Durante le immersioni infatti è possibile svenire, perdersi o anche morire, come ha raccontato il fotografo José Jeuland in un articolo intitolato «Le ultime della loro specie» pubblicato sulla rivista Oceanographic Magazine. È per questo che le haenyeo si immergono in gruppo.

Anche se la gran parte di loro è esperta, infatti, immergersi senza bombole di ossigeno può essere pericoloso. Bisogna fare attenzione anche quando è nuvoloso, perché il fondale tende a non vedersi molto bene, ha detto Jwa Geum-ok, la figlia di Koh. Se una di loro non riemerge per prendere aria, un’altra lascia da parte le sue cose e si immerge per cercarla e riportarla in superficie. Era capitato di farlo alla stessa Koh una decina d’anni fa, quando una sommozzatrice era svenuta durante una gara tra haenyeo: dopo l’incidente non vennero più organizzate competizioni di questo tipo.

Una donna si toglie la maschera a Jeju, il 6 novembre del 2015 (Chung Sung-Jun/ Getty Images)

Come ha riassunto il Korea Times, le haenyeo «non solo hanno migliorato lo stato delle donne nella società», ma rappresentano anche «lo spirito, il coraggio e l’iniziativa» della gente di Jeju, che nel tempo ha dovuto trovare risorse alternative alle poche offerte da un territorio prevalentemente brullo. Per tutte queste ragioni dal 2015 la tradizione delle haenyeo è considerata il patrimonio culturale più importante nel settore della pesca in Corea del Sud. Dal 2016 la tradizione delle donne sommozzatrici del posto inoltre è uno dei patrimoni culturali immateriali dell’Umanità UNESCO e di recente è stata riconosciuta tra i sistemi del patrimonio agricolo di rilevanza mondiale dalla FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura.

Haenyeo sull’isola di Jeju, il 6 novembre del 2015 (Chung Sung-Jun/ Getty Images)

Koh ha detto di voler continuare a lavorare fino a quando avrà ottant’anni, ed è una delle poche haenyeo rimaste sull’isola. Dagli anni Sessanta, con l’introduzione di tecniche di pesca più sofisticate e lo sviluppo del turismo, il numero di sommozzatrici di Jeju è calato drasticamente, e quelle che si interessano al mestiere sono sempre di meno. È stato stimato che una cinquantina d’anni fa le sommozzatrici di Jeju fossero più di 20mila, mentre oggi ce ne sono circa 2.500, la maggior parte delle quali ha più di cinquant’anni.

Quando cominciò a lavorare Koh, generalmente le famiglie del posto erano povere e non avevano molto da mangiare, racconta. Adesso però molte hanno scelto lavori meno faticosi oppure si sono trasferite nelle città più grosse, e in più a suo dire si trovano meno frutti di mare di un tempo. Alcune comunque continuano a lavorare anche dopo gli ottant’anni, proprio come vuole fare Koh.

Una donna si prepara per la pesca sull’isola di Jeju, il 6 novembre del 2015 (Chung Sung-Jun/ Getty Images)

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