La meglio gioventù della “Meglio gioventù”

Vent'anni fa uscì un film di sei ore che nacque per la tv ma vinse un premio a Cannes, e fu una cosa di cui parlarono tutti

(Luca Dammicco)
(Luca Dammicco)
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La prima parte del film televisivo La meglio gioventù fu trasmessa su Rai 1 il 7 dicembre del 2003: durava 90 minuti e sarebbe stata seguita da altri tre episodi della stessa durata. Secondo i piani iniziali sarebbe dovuta uscire su Rai 2 un anno prima, nell’inverno del 2002, ma poi per vari motivi la programmazione era stata rimandata. Fu in un certo senso una fortuna, perché in quell’anno La meglio gioventù fu invitato, ancora inedito, al festival del cinema di Cannes, dove vinse come miglior film nella sezione Un Certain Regard, e divenne il film (anzi i film, visto che fu diviso in due parti) col maggior incasso estivo al cinema. Quando arrivò infine in televisione fu visto da oltre 7 milioni di spettatori.

Domenica scorsa una parte del cast e della produzione si è ritrovata al cinema Troisi di Roma per una proiezione del film a vent’anni di distanza. Oltre al regista Marco Tullio Giordana c’erano, tra gli altri, molti membri del cast – Luigi Lo Cascio, Alessio Boni, Jasmine Trinca, Sonia Bergamasco, Maya Sansa e Valentina Carnelutti – i due sceneggiatori Stefano Rulli e Sandro Petraglia e il produttore esecutivo Gianfranco Barbagallo. La stanza era piena, anche e soprattutto di persone che nel 2003 erano molto giovani o addirittura non erano ancora nate.

La meglio gioventù dura in tutto sei ore e racconta la storia di una famiglia della borghesia romana, i Carati, e in particolare dei due figli maschi Nicola e Matteo. Inizia quando i due studiano all’università, il primo medicina e il secondo lettere: è l’estate del 1966 e insieme ad altri due amici programmano di partire per un viaggio fino a Capo Nord. I loro piani però vengono stravolti e le vite dei due fratelli si dividono: Nicola decide di andare a vivere a Torino dove metterà su famiglia, diventerà psichiatra e seguace di Franco Basaglia, mentre Matteo abbandona gli studi e va a fare il servizio militare.

La loro storia però – e la storia del padre, della madre, delle sorelle Giovanna e Francesca, e degli amici Carlo e Vitale – prosegue per oltre trent’anni, fino al 2002: a partire dall’alluvione di Firenze passa attraverso le contestazioni studentesche, la crisi della Fiat, l’abolizione dei manicomi, la vittoria dell’Italia ai Mondiali di calcio, il terrorismo e la lotta alla mafia. Tutto attraverso le storie intime dei personaggi e i loro rapporti, le speranze, le ambizioni, la depressione, l’abbandono, il perdono, l’amore e l’amicizia.

Il cast (Luca Dammicco)

In un’intervista del 2003 Luigi Lo Cascio sostenne che i due principali motivi del successo del film furono proprio quelli che inizialmente sarebbero potuti sembrare dei limiti: «il fatto che duri sei ore è un valore aggiunto perché ha consentito al regista di svolgere un approfondimento di temi e personaggi: il fatto che sia stato pensato per la tv ha indotto gli autori a un linguaggio semplice, senza sofisticherie».

Anche il regista Marco Tullio Giordana si spiegò il successo in modo simile: «La cosa che mi ha sorpreso tra le tante reazioni positive è che in tanti hanno detto e scritto che ne avrebbero visto di più, vuol dire che l’anomalia della durata è anche l’elemento vincente». E non furono fatte modifiche sostanziali tra la versione per il cinema e quella per la tv: «Ho fatto solo piccoli cambiamenti di missaggio, togliendo la musica in alcuni punti, ma il montaggio è lo stesso».

Un altro punto di forza dei film fu il cast, piuttosto eccezionale allora e ancora di più oggi, per le carriere delle attrici e degli attori che ne fecero parte. All’epoca Giordana non era tra i registi italiani più in vista: nel 2000 l’autorevole rivista di settore Cineforum aveva stilato una lista dei 117 registi italiani per il nuovo millennio e lui non c’era. I cento passi, il suo film precedente, era uscito nel 2000: il protagonista era Luigi Lo Cascio, che era al suo primo film per il cinema e vinse il David di Donatello come miglior attore protagonista.

In quell’occasione Giordana conobbe Alessio Boni e Fabrizio Gifuni, che erano amici di Lo Cascio perché avevano fatto l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico”, a Roma, insieme a lui. Come è stato spesso raccontato, dopo averli visti insieme Giordana disse a Lo Cascio: «ma che begli amici che hai, è bello vedere questa solidarietà tra attori». Poco dopo erano tutti insieme nel cast di La meglio gioventù: Lo Cascio nel ruolo del fratello più risolto, Nicola, Boni nel ruolo del fratello tormentato, Matteo, e Gifuni nel ruolo dell’amico Carlo, poi marito della sorella più piccola dei due, Francesca.

Alessio Boni e Luigi Lo Cascio

Sia Lo Cascio che Boni furono elogiati dalla critica al tempo: Lo Cascio era un attore più maturo, ma il personaggio di Boni era indubbiamente il più difficile. Un’altra interprete che diede in quell’occasione dimostrazione della sua bravura fu Jasmine Trinca, che aveva poco più di vent’anni, e aveva debuttato da poco in La stanza del figlio di Nanni Moretti senza aver mai recitato prima (come ha detto spesso, voleva fare l’archeologa). Nel film interpreta Giorgia, la ragazza con disturbi psichiatrici che i due fratelli fanno scappare da una clinica e con cui nasce un legame di forte affetto. Di Trinca è anche il primo piano che compare nella locandina del film: una scelta curiosa, dal momento che il suo è comunque un personaggio secondario rispetto a quelli di Lo Cascio e Boni.

Ma l’interpretazione che molti spettatori hanno probabilmente percepito come meglio riuscita – anche per via della complessità del suo personaggio e della freddezza drammatica che riesce a trasmettere – è quella di Sonia Bergamasco. Nel film fa Giulia, compagna di Nicola e madre della figlia dei due, che abbandona la famiglia per entrare nelle Brigate Rosse e darsi alla latitanza. In generale, i personaggi femminili del film, per quanto secondari, sono molto approfonditi, incisivi e ben recitati: oltre ai due già citati c’è quello di Adriana, la madre dei fratelli Carati, interpretata da Adriana Asti, quello di Mirella, interpretata da Maya Sansa, di Francesca, interpretata da Valentina Carnelutti, e della sorella magistrata Giovanna, interpretata da Lidia Vitale.

Marco Tullio Giordana e Sonia Bergamasco sul set del film (Imdb)

Negli anni Giordana ha raccontato più volte di aver fatto dei piccoli adattamenti ai personaggi della sceneggiatura perché fossero più vicini alle attrici e agli attori del cast, e viceversa di aver scelto il cast anche in base all’affinità con i personaggi. Fu Lo Cascio a scegliere quale dei due fratelli interpretare, e tra i motivi ci fu anche il fatto che era figlio e nipote di psichiatri e che inizialmente aveva anche lui studiato medicina per seguire quella carriera. Nella storia originale poi Giulia avrebbe dovuto suonare la chitarra, ma poiché Bergamasco era diplomata al Conservatorio le fu fatto suonare il pianoforte. Al provino Boni disse che aveva fatto il poliziotto alla Celere (come Matteo) e Carnelutti disse di studiare lingue e danza, due cose che poi sono state attribuite anche al personaggio di Francesca.

Inizialmente La meglio gioventù sarebbe dovuta andare in onda su Rai 2 alla fine del 2002 ma la comprò Rai 1, che decise di rimandarne la programmazione. In un’intervista Giordana si spiegò così il ritardo della Rai: «il bisogno dei grandi numeri li ha bloccati e capisco che un racconto lungo, che mette insieme la qualità del cinema con la cadenza televisiva non sia stato visto come una cosa facile facile». Sandro Petraglia, uno dei due sceneggiatori, ha raccontato che quando videro che la Rai stava rimandando la programmazione del film (una volta anche dopo averne mandato in onda la pubblicità), si convinsero che ci fosse qualche problema e pensarono di far vedere il film a Thierry Frémaux, che allora era già delegato generale del festival di Cannes. Venti giorni dopo seppero che il film era stato preso a Cannes fuori concorso e candidato per il premio Un Certain Regard, che vinse. In quel periodo sui giornali non mancò una piccola polemica sul fatto che la Rai non fosse stata in grado di riconoscere il valore del film.

La meglio gioventù uscì al cinema il 20 giugno (inizialmente solo la prima parte e dopo poco anche la seconda, entrambe lunghe tre ore) e nel giro di un mese incassò più di 560mila euro: una cifra molto alta per allora. Come fecero notare i giornali: «una media per sala che ha superato l’incasso di blockbuster come 2 Fast 2 Furious». Ebbe molto successo anche in Francia, dove uscì a Parigi e Lione e, sempre secondo quanto riportarono i giornali, fece più di 20mila spettatori in due settimane. Ad agosto la Miramax comprò i diritti per distribuirlo (col titolo The Best of Youth) in Canada, Stati Uniti, Regno Unito, Irlanda, Nuova Zelanda e Australia.

Tra i motivi per cui piacque c’era anche la sua capacità di commuovere ed evocare nelle persone una sorta di nostalgia per un tempo recente ma passato, oltre che speranza per il futuro. In un’intervista al Corriere Giordana disse: «la gente non mi dice che è bello, ma mi ringrazia, specie quelli della mia generazione» (cioè quelli nati tra la fine degli anni Quaranta e i primi anni Cinquanta, come i protagonisti del film). Aggiunse che è un film che veicola l’idea per cui «nessuna salvezza o felicità può essere solo individuale, si vince solo insieme».

Ma piacque molto anche a un pubblico più giovane. Il critico cinematografico Tullio Kezich lo definì «una specie di antidoto all’attuale per coloro che vedendo ogni giorno certe facce nei telegiornali, ascoltando ciò che dicono, respirando un’aria che può diventare soffocante, si vanno disamorando della patria». Negli anni La meglio gioventù è stato fatto passare altre volte in televisione ed è stato reso disponibile su RaiPlay e su Prime Video, la piattaforma di contenuti streaming di Amazon. La presenza di un pubblico mediamente molto giovane alla proiezione di domenica scorsa conferma la percezione dell’epoca che fosse un film in grado di essere apprezzato da tutti: e quanto alla lunghezza, se non fu un problema allora lo è probabilmente ancora meno oggi, che le serie e i film da tre ore sono diventati un’abitudine.