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  • Giovedì 7 dicembre 2023

La confusa mappa dell’esercito israeliano che avverte dei bombardamenti su Gaza

Dovrebbe mostrare ai civili dove trovare riparo dalle bombe nella Striscia, ma seguirne le indicazioni è complesso

La mappa con la divisione in zone dell'Esercito israeliano (IDF)
La mappa con la divisione in zone dell'Esercito israeliano (IDF)
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Da quando sono ripresi i bombardamenti di Israele sulla Striscia di Gaza per la popolazione civile trovare un luogo sicuro è sempre più difficile. Nella prima fase della guerra più di un milione di persone si era spostato dal nord della Striscia verso sud, seguendo le indicazioni dell’esercito israeliano, che aveva concentrato le sue operazioni a nord del canale Wadi Gaza. Dopo la fine della tregua le operazioni si sono invece spostate a sud e in particolare a Khan Yunis, la principale città meridionale dove avevano trovato rifugio centinaia di migliaia di persone.

Secondo le Nazioni Unite e le agenzie umanitarie ormai nessun luogo dentro la Striscia di Gaza è più sicuro. Israele invece sostiene di fornire puntuali indicazioni alla popolazione civile per mettersi al riparo dai bombardamenti. Per farlo utilizza una mappa che divide il territorio di Gaza in 623 zone: attraverso volantini lanciati dagli aerei militari, post sui social network, trasmissioni radio e un call center comunica le zone che saranno soggette ai bombardamenti invitando i civili a lasciarle.

Seguire le istruzioni non è però semplice: la mappa è confusa e la divisione in zone non sempre riconoscibile in un territorio spesso devastato dai bombardamenti. Senza contare che l’accesso alle informazioni necessarie può essere ostico: nella Striscia dall’inizio della guerra è difficile trovare elettricità per ricaricare i telefoni mentre la connessione internet è spesso interrotta. Anche riuscendo a recuperare le informazioni e interpretandole in modo corretto, spostarsi nelle zone definite “sicure”, spesso portandosi dietro intere famiglie e i pochi effetti personali rimasti non è immediato né semplice. E le mappe dell’esercito israeliano cambiano e vengono aggiornate con frequenza.

La mappa e la divisione in 623 zone risalgono a circa cinquant’anni fa, quando Israele all’inizio degli anni Settanta progettò un’ampia ricostruzione della Striscia che al tempo occupava stabilmente. I lavori di costruzione, che includevano anche l’ospedale Al-Shifa, furono interrotti dopo alcuni anni, nel 1977, per volere del governo di destra di Menachem Begin.

La mappa è però rimasta ed è utilizzata non solo per avvertire la popolazione sui bombardamenti ma anche per gestire l’invasione da parte dell’esercito. Il quotidiano Haaretz racconta come una mappa interattiva con la stessa divisione in zone sia la base su cui dai quartieri generali dell’esercito si monitorano gli spostamenti della popolazione, basandosi sui segnali dei cellulari, sui post sui social media e sui rapporti delle organizzazioni umanitarie. Ognuna delle 623 zone assume un colore diverso in base alla densità della popolazione presente.

Civili palestinesi lasciano Khan Yunis (AP Photo/Mohammed Dahman)

Dall’inizio dell’invasione circa 16.000 palestinesi sono stati uccisi dai bombardamenti, con un’alta percentuale di donne e bambini: nell’impossibilità di seguire i piccoli ma continui movimenti che sarebbero necessari per trovare un rifugio sicuro nella città di Khan Yunis, un gran numero di palestinesi si sta concentrando a Rafah, nell’estremo sud della Striscia, vicino al varco con l’Egitto che rimane però chiuso.