Qual è il modo migliore per riempire un aereo?

Il sistema più diffuso non è molto efficiente e da tempo se ne sperimentano di alternativi, ma senza grandi progressi per le code al gate e a bordo

(Chris Brignola su Unsplash)
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Le procedure di imbarco sono tra le attività meno efficienti dell’intero settore dell’aviazione civile. Il processo è spesso caotico e le strategie scelte dai passeggeri variano molto, tra chi sceglie di mettersi in coda ancora prima che sia aperto il gate, chi attende fino all’ultimo momento e chi prova a evitare una parte di attesa, cercando di infilarsi nella fila di chi ha i biglietti per un imbarco prioritario. La confusione al gate si riflette poi di solito a bordo con un’ulteriore fila prima di arrivare al proprio posto, spesso dovuta all’uso sempre più frequente dei bagagli da cabina che devono essere inseriti nelle cappelliere. Questa inefficienza costa ogni anno milioni di euro alle compagnie aeree, che ormai da decenni studiano sistemi alternativi, con esiti raramente soddisfacenti.

Per mantenere un aeroplano in un’area di parcheggio o al gate una compagnia aerea deve pagare di solito l’aeroporto, di conseguenza più breve è la sosta minore sarà il costo, senza contare che soste più brevi rendono possibili più voli e di conseguenza un maggiore sfruttamento dello stesso aereo. Un sistema di imbarco più efficiente contribuirebbe quindi a ridurre i costi, ma le compagnie aeree devono fare i conti con numerose altre variabili a cominciare dalle regole sulla sicurezza per i passeggeri e naturalmente per il loro personale.

Le politiche di imbarco prioritario per le famiglie con bambini piccoli e le persone con disabilità sono un’ulteriore variabile da tenere in considerazione, così come le persone che pagano di più per salire a bordo in anticipo, quando c’è meno confusione. Sono tutti fattori che spiegano almeno in parte come mai le compagnie aeree fatichino a introdurre nuove soluzioni per ridurre le code e risparmiare tempo al gate e nel corridoio degli aerei.

Il sistema più diffuso è ancora oggi quello “classico”, con l’imbarco che inizia con i passeggeri con biglietto prioritario, per esempio se sono in prima classe o in business (o se hanno biglietti speciali nel caso delle low cost, dove non ci sono propriamente classi diverse), seguiti da tutti gli altri. A volte questa seconda fase viene gestita dividendo i passeggeri in gruppi in base al settore che occuperanno, ma non è questo sempre il caso. Per l’imbarco di aeroplani con grande capienza, come quelli che effettuano collegamenti transcontinentali, i passeggeri vengono divisi in gruppi e sottogruppi con maggiore accuratezza, considerato che i tempi di imbarco sono comunque più lunghi sia per la quantità di persone sia per i tempi tecnici di preparazione dell’aereo.

Escluse le low cost, quasi tutte le compagnie aeree a un certo punto sperimentano un sistema diverso, magari su un certo numero di aeroporti, per verificare metodi alternativi. Di recente la statunitense United Airlines ha rispolverato “WILMA”, uno dei sistemi più conosciuti e discussi nel settore per riempire gli aerei. Il nome è un acronimo delle parole inglesi “window”, “middle” e “aisle” (rispettivamente “finestrino”, “centro” e “corridoio”: la L non serve a nulla, solo a dare un nome più riconoscibile al sistema) e prevede quindi che i passeggeri siano fatti salire in base al loro posto: prima tutti quelli seduti al finestrino, poi quelli nella seduta centrale e infine le persone col posto che dà sul corridoio.

Chi sostiene “WILMA” dice che il sistema permette di accelerare i tempi di imbarco, perché si riduce il numero di persone che rimangono in fila sull’aereo in attesa di far passare chi ha un posto in una posizione diversa sulla stessa fila. I detrattori dicono invece che il sistema non funziona sempre, perché basta che qualcuno si attardi a mettere il bagaglio nella cappelliera o a trovare il proprio posto per bloccare ugualmente tutta la fila, senza migliorare più di tanto le cose.

(Alex Wong/Getty Images)

In realtà poche compagnie aeree usano “WILMA” in maniera ortodossa, perché devono comunque considerare chi ha biglietti particolari e ha diritto a imbarcarsi prima o semplicemente è meglio che lo faccia per primo, per esempio i gruppi familiari. United Airlines fa prima salire a bordo le famiglie con bambini piccoli e passeggeri con disabilità, poi chiama i vari gruppi. Il primo è quello dei passeggeri con biglietti di prima classe e i frequent flyer, il secondo è quello di altre persone con biglietti particolari. Solo a questo punto viene chiamato il terzo gruppo che comprende le persone con posto al finestrino, seguite dal quarto (posto centrale) e dal quinto (posto sul corridoio) gruppo.

Secondo la compagnia aerea questa soluzione ibrida permette di ridurre i tempi di imbarco per i gruppi di passeggeri più grandi, garantendo nel frattempo una salita a bordo più rapida per tutti gli altri. La seconda fase di imbarco è comunque abbastanza caotica, anche perché diverse file dell’aereo sono già parzialmente piene e ci sarà quindi sempre qualcuno nel posto centrale che dovrà alzarsi per fare accomodare chi sta al finestrino, o qualcuno sul corridoio che dovrà spostarsi per lasciare il passaggio a chi si siede negli altri posti della fila.

Tra chi si occupa di studiare il modo più efficiente per riempire gli aerei viene spesso citata la compagnia aerea statunitense Southwest, che ha seguìto un approccio molto diverso da buona parte della concorrenza. Sui voli Southwest i posti non sono assegnati, quindi ogni persona che sale a bordo sceglie dove sedersi in base alle proprie preferenze e naturalmente ai posti ancora disponibili. Al momento del check-in a ogni passeggero viene assegnato un gruppo (A, B o C) e un numero, entrambi segnati sulla carta d’imbarco.

Quando il gate viene aperto, viene prima chiamato il gruppo A e viene richiesto ai passeggeri di mettersi in fila rispettando la sequenza dei numeri: chi ha B15, per esempio, dovrà mettersi in fila dopo B14 e prima di B16. Nell’area per la fila ci sono cartelli ogni cinque numeri per sapere più o meno a che punto della coda inserirsi, e si può poi chiedere a chi precede e segue di controllare il numero in modo da rispettare l’ordine numerico crescente.

L’operazione viene effettuata prima per tutte le persone del gruppo A, poi per quelle del B e infine del C. Mentre i passeggeri con A entrano ordinatamente sull’aereo, quelli con B iniziano a mettersi in coda e infine tocca a quelli con C, attendendo che quelli del gruppo B abbiano iniziato a salire sull’aereo. In questo modo l’ingresso a bordo avviene più ordinatamente e il fatto di potersi scegliere il posto semplifica le cose, dice Southwest, perché nessuno deve andare alla ricerca del proprio. Sono previste comunque eccezioni per le famiglie con bambini piccoli o per le persone con disabilità.

Southwest usa questo sistema da quasi dieci anni e i pareri sulla sua utilità sono piuttosto polarizzati tra i passeggeri: alcuni lo trovano più pratico, altri semplicemente lo odiano. Le rimostranze più frequenti riguardano la difficoltà di avere posti migliori di altri e di potere sapere in anticipo in che punto dell’aereo si potrà viaggiare: lettere e numeri sono assegnati in base al momento in cui viene fatto il check-in, chi riesce a farlo prima ottiene le prime posizioni nella coda e può quindi scegliere praticamente qualsiasi posto quando sale a bordo.

Il metodo adottato da Southwest consente di riempiere l’aeroplano con relativa velocità, più che altro perché rende possibile un ingresso più ordinato a bordo grazie al sistema dei tre gruppi e al fatto che le persone tendono a preferire la parte anteriore dell’aereo, di solito meno rumorosa rispetto a quella posteriore, dove si sentono di più i motori. La compagnia aerea ha anche assunto uno specialista nella teoria dei sistemi di auto-organizzazione, proprio per studiare come si gestiscono autonomamente i passeggeri e verificare se l’attuale strategia possa essere migliorata in qualche modo.

Jason Steffen ritiene che il sistema di Southwest sia lievemente migliore di WILMA, ma comunque peggiore del metodo che ha elaborato più di dieci anni fa. Steffen è un astrofisico americano, ma si è appassionato al problematico riempimento degli aeroplani di linea diventando uno degli esperti più citati da riviste specializzate, giornali e televisioni. Nel 2011 pubblicò sulla rivista Journal of Air Transport Management la propria soluzione, solo per notare con costernazione negli anni seguenti che nessuna compagnia aerea l’avesse presa in considerazione più di tanto.

La sua proposta era di usare una versione più evoluta di WILMA, facendo imbarcare prima i passeggeri con il posto vicino al finestrino da un lato dell’aereo, ma una fila sì e una no, cui far seguire i passeggeri con il posto vicino al finestrino dal lato opposto, sempre una fila sì e una no; dopodiché si ripete il procedimento con le file che erano state saltate. La stessa operazione viene poi effettuata per i posti centrali e infine per quelli lungo il corridoio. Si parte sempre dal fondo dell’aereo, o comunque dal punto più distante dall’ingresso nel caso in cui l’imbarco sia effettuato da più porte dell’aeroplano.

Secondo Steffen, il sistema permette ai passeggeri che si devono sistemare prima di sedersi, per esempio riponendo i bagagli, di essere più distanziati nel corridoio e di intralciarsi meno a vicenda. Trattandosi di passeggeri con lo stesso tipo di posti, ma in file diverse, non c’è il rischio che debbano spostarsi per permettere ad altri di infilarsi nella loro fila di posti.

Per la sua ricerca, Steffen aveva anche simulato il riempimento di un Boeing 757 con un singolo corridoio e 12 file di posti, con la classica divisione di tre file a sinistra e tre a destra. Al test avevano partecipato 72 persone, con bagagli a mano e borse. Il metodo era stato poi confrontato con l’imbarco a gruppi a seconda dei settori della cabina e con quello in ordine casuale (sostanzialmente a baraonda). Il sistema dei settori si era rivelato il più lento e aveva richiesto sette minuti, mentre quello di Steffen aveva richiesto la metà del tempo.

Da allora Steffen ha prodotto varie simulazioni per mettere a confronto il proprio sistema con altri più ortodossi o creativi, a seconda dei casi. La sua proposta non ha però mai convinto più di tanto le compagnie aree, forse perché implicherebbe comunque una preselezione al gate molto accurata e un poco più articolata rispetto a quella di Southwest, che non ha il vincolo dei posti già assegnati a bordo. Sarebbe inoltre complicato gestire tutte le eccezioni, soprattutto nel caso di aerei che hanno la divisione in classi e che prevedono varie tipologie di biglietto.

Le compagnie low cost potrebbero essere le più interessate a trovare sistemi più efficienti di imbarco, visto che la permanenza di un aereo in aeroporto è costosa e che tendono a massimizzare l’impegno di ogni aeromobile. Per guadagnare qualche minuto dovrebbero però rinunciare alle tariffe alquanto arzigogolate che hanno elaborato nel tempo, per esempio per far pagare a parte il bagaglio a mano da portare in cabina, la scelta del posto e la priorità di imbarco, pur mantenendo un’unica classe.