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  • Domenica 19 novembre 2023

Il basco rosso in Africa è simbolo di rivoluzione

È il segno distintivo dei movimenti di opposizione in Uganda e Sudafrica, lo indossa il golpista del Burkina Faso Ibrahim Traoré, è molto diffuso fra gli attivisti in altri paesi

Julius Malema, al centro, a un comizio del suo partito (AP Photo/Themba Hadebe)
Julius Malema, al centro, a un comizio del suo partito (AP Photo/Themba Hadebe)
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Quando poco più di un anno fa il capitano dell’esercito del Burkina Faso Ibrahim Traoré ha annunciato di aver destituito il colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba, mettendo fine a un colpo di stato con un altro golpe, lo ha fatto indossando un basco rosso. Aveva spesso lo stesso copricapo anche il colonnello destituito: in Burkina Faso il berretto rosso è un simbolo molto presente, reso celebre dal rivoluzionario Thomas Sankara, diventato presidente nel 1983 e ucciso nel 1987.

In molti altri paesi africani il basco rosso è diventato un simbolo politico potente e molto utilizzato, soprattutto fra le forze di opposizione e i giovani attivisti. Bobi Wine, cantante e leader dell’opposizione ugandese, ne ha fatto il simbolo della battaglia per mettere fine al governo del presidente Yoweri Museveni, in carica dal 1986 con metodi sempre più autocratici. In Sudafrica il leader del partito populista di sinistra Economic Freedom Fighters Julius Malema ha definito quel tipo di berretto «un simbolo rivoluzionario di sfida e resistenza». Altri movimenti di opposizione in vari paesi africani stanno adottando baschi simili come strumento di riconoscimento e di marketing politico.

I baschi sono copricapi le cui origini vengono fatte risalire ai contadini dei Paesi Baschi, in Francia e Spagna (da cui il nome italiano), ma che divennero popolari nella classe operaia nel Novecento. Li hanno indossati artisti e militari e sono entrati nell’iconografia mondiale passando da copricapo per pittori (celebri quelli di Rembrandt) a indumento per rivoluzionari o aspiranti tali, da Che Guevara al movimento delle Pantere Nere. Il basco rosso fa parte delle divise di molti eserciti o gruppi militari, compresi quelli africani in Namibia, Angola, Mozambico, Kenya e Repubblica Democratica del Congo.

Una foto di Thomas Sankara, durante il nuovo funerale celebrato nel febbraio del 2023 (AP Photo/Sophie Garcia)

In Africa il berretto rosso è però legato soprattutto all’immagine di Thomas Sankara, uno dei personaggi più importanti della storia del Burkina Faso e uno dei leader del “panafricanismo”, movimento e teoria che promuove l’unità politica e identitaria di tutti gli africani.

Di formazione marxista, Sankara partecipò alla guerriglia sin dal 1972, fino a diventare presidente del paese, allora chiamato Alto Volta, dopo un colpo di stato nel 1983. Durante il suo governo Sankara cambiò il nome dello stato in Burkina Faso; cambiò la bandiera, lo stemma nazionale e scrisse un nuovo inno, Une Seule Nuit (in italiano “una sola notte”). Politicamente cercò di attuare riforme radicali con l’obiettivo di ridurre la povertà, mentre sul piano internazionale schierò il paese su una posizione anti-imperialista ispirata a Fidel Castro e Che Guevara. Per questo motivo, e per il suo passato da combattente, Sankara viene ricordato come “il Che Guevara africano”.

Il 15 ottobre 1987 fu ucciso insieme a dodici dei suoi ufficiali durante un nuovo colpo di stato, guidato dal suo vice Blaise Compaoré, ma ha continuato a essere un modello per molti aspiranti rivoluzionari in Africa. Ibrahim Traoré, capitano dell’esercito protagonista dell’ultimo golpe, fa frequenti richiami alla sua figura, non solo con il copricapo.

L’annuncio del colpo di stato in Burkina Faso (RTB via AP)

Il basco rosso è stato invece dichiarato fuorilegge in Uganda nel settembre del 2019: il governo di Yoweri Museveni era preoccupato dalla diffusione del simbolo, diventato molto popolare in quegli anni in seguito all’ascesa politica di Bobi Wine, un cantante raggae che dal 2017 era diventato uno dei principali oppositori del regime. Il People Power Movement aveva preso proprio il basco rosso come simbolo. Era economico da realizzare, era molto visibile e poteva essere facilmente nascosto in caso di necessità: le persecuzioni politiche in Uganda sono piuttosto comuni. Il divieto di indossarlo in luoghi pubblici fu giustificato dal governo sostenendo che si trattasse di un indumento riservato all’esercito. Wine si candidò alle elezioni presidenziali nel 2021 e denunciò brogli nella vittoria, la sesta, di Museveni.

Bobi Wine, leader dell’opposizione in Uganda (AP Photo/Nicholas Bamulanzeki)

Il basco rosso continua a essere segno distintivo di Julius Malema e del movimento sudafricano Economic Freedom Fighters, movimento populista di sinistra. Malema, in passato leader della sezione giovanile del partito al governo African National Congress, era diventato famoso per le posizioni estreme contro i bianchi. Fu espulso nel 2011 dal partito per incitamento all’odio, è stato coinvolto anche in vari scandali di corruzione e accusato di minacce ai giornalisti. Il movimento da lui fondato nel 2012 ha superato il 10 per cento dei voti nelle elezioni del 2019 ed è stato fra i protagonisti delle proteste degli scorsi mesi, quando parte delle opposizioni chiese le dimissioni del presidente Cyril Ramaphosa, coinvolto in uno scandalo legato alla sua azienda agricola.

In Nigeria l’attivista Omoyele Sowore ha scelto una versione arancione del basco, mentre è rosso quello di Oliver Barker-Vormawor, leader di un movimento giovanile in Ghana.