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  • Martedì 14 novembre 2023

In Liberia si vota al ballottaggio delle elezioni presidenziali

E per la seconda volta è fra l’attuale presidente George Weah e l’ex vicepresidente Joseph Boakai

George Weah mentre vota alle elezioni del 2017 (AP Photo/Abbas Dulleh)
George Weah mentre vota alle elezioni del 2017 (AP Photo/Abbas Dulleh)
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Da martedì mattina in Liberia si sta votando per eleggere il nuovo presidente del paese, in un ballottaggio tra l’attuale presidente George Weah e l’ex vicepresidente Joseph Boakai, dopo un primo turno in cui nessuno dei due era riuscito a ottenere più del 50 per cento dei voti. Weah aveva ottenuto il 43,83 per cento dei voti, mentre Boakai il 43,44. Erano state impiegate due settimane per completare lo spoglio delle schede elettorali e Weah aveva superato Boakai di soli 7126 voti su circa 1,9 milioni di votanti. A causa di un margine così stretto, l’attenzione è principalmente concentrata sul 6 per cento degli elettori le cui schede erano state invalidate al primo turno, ma anche sulle circa 500mila persone che pur avendone il diritto non avevano votato.

Questa è la quarta elezione presidenziale in Liberia dalla fine della guerra civile, combattuta dal 1999 al 2003, e la prima senza la presenza di una missione delle Nazioni Unite: la missione era stata istituita al termine della guerra civile con obiettivi di peacekeeping (cioè per sostenere le autorità locali per il “mantenimento della pace”) e negli scorsi anni aveva aiutato la commissione elettorale con la logistica e aveva trasportato le schede elettorali per via aerea nelle zone più remote del paese. Le elezioni in Liberia si svolgono infatti alla fine dell’anno durante la stagione delle piogge, che rende per le persone difficile spostarsi per lunghe tratte a causa delle condizioni delle strade. La missione era stata interrotta nel 2018, dopo che le Nazioni Unite avevano valutato che fossero state ristabilite le condizioni per svolgere elezioni libere e democratiche in Liberia.

George Weah è un ex calciatore di gran successo che ha giocato per tanti anni al Milan e in Liberia è popolarissimo. Nel 2017 fu eletto con oltre il 60 per cento dei voti e grandi speranze di cambiamento in un paese che era da tempo considerato uno dei più pericolosi e instabili dell’Africa occidentale.

Weah, fondatore del partito populista Congresso per il Cambiamento Democratico, aveva fatto delle promesse molto ambiziose: aveva detto che avrebbe eliminato la corruzione, reso l’istruzione più accessile, migliorato le infrastrutture, rafforzato l’economia e istituito un tribunale per accertare le responsabilità dei crimini perpetrati durante la guerra civile. In questi anni, è effettivamente riuscito ad ampliare l’accesso all’istruzione pubblica, anche se non a migliorarne la qualità, e ha mantenuto le condizioni attuali di pace, oltre a promuovere un gran numero di opere pubbliche, ma non ha raggiunto gli stessi risultati in altri ambiti, fra cui principalmente quello dell’economia e della corruzione, ancora molto diffusa tra politici e funzionari pubblici.

– Leggi anche: George Weah prova a restare presidente della Liberia

Il candidato di centrodestra con cui si contende il ballottaggio è Joseph Boakai, vicepresidente dal 2006 al 2018, che aveva già perso contro Weah alle scorse elezioni. Oggi però ha più possibilità di vincere a causa all’insoddisfazione di una parte della popolazione delusa dall’operato di Weah per le sue fallimentari politiche economiche e contro la corruzione. Non a caso, lo slogan della campagna elettorale di Boakai è “Rescue”, soccorso, che riferisce all’obiettivo del candidato di “salvare” il paese dalle decisioni sbagliate di Weah.

Se da una parte Weah ha tenuto fede ad alcune promesse, in questi sei anni non è riuscito a migliorare la situazione economica della Liberia, che rimane tra i paesi più poveri dell’Africa occidentale anche a causa di due violente guerre civili e di un’importante epidemia di ebola, terminata ufficialmente nel 2015.

Secondo la Banca Mondiale, nel 2022 l’economia era cresciuta del 4,8 per cento, trainata dalla produzione di oro, riso e manioca, ma oltre l’80 per cento della popolazione si trovava ancora in condizioni di insicurezza alimentare moderata o grave. In questi anni, il tasso di disoccupazione giovanile e l’inflazione sono aumentati e alcune manovre economiche di Weah sono state molto criticate: nel 2019, un provvedimento di armonizzazione salariale aveva ridotto gli stipendi dei dipendenti pubblici, mentre l’eliminazione dei sussidi sul riso, uno dei principali alimenti di base del paese, e il conseguente aumento del suo prezzo avevano portato a delle grosse proteste guidate dall’opposizione a dicembre del 2022.