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  • Domenica 12 novembre 2023

In Emilia-Romagna molti sindaci aspettano ancora i soldi per sistemare le strade

Finora sono stati stanziati solo 60 milioni sui 290 chiesti per i lavori urgenti: il commissario dà la colpa ai sindaci, e viceversa

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Una delle frane cadute lo scorso maggio a Casola Valsenio, in provincia di Ravenna (ANSA/EMANUELE VALERI)
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Durante l’estate a Casola Valsenio sono stati fatti diversi lavori urgenti per sistemare le strade danneggiate dalle frane causate dall’alluvione del maggio scorso: i cantieri sono costati 2,5 milioni di euro e il comune ha subito documentato le spese, ma i soldi non sono ancora arrivati. Alcune delle aziende edili che hanno lavorato aspettano poche decine di migliaia di euro, altre centinaia di migliaia. «Fanno fatica a pagare gli stipendi e ovviamente ci chiedono spiegazioni», dice il sindaco Giorgio Sagrini.

Casola Valsenio è l’unico comune della provincia di Ravenna interamente montuoso. Si estende per 84 chilometri quadrati e ha 92 chilometri di strade perlopiù tortuose: oltre ai 2,5 milioni di euro già spesi e non ancora pagati ne servirebbero altri 120 per mettere in sicurezza le altre strade.

Molti altri comuni dell’Emilia-Romagna si trovano nella stessa situazione. Alcune amministrazioni sono riuscite ad anticipare i soldi per i lavori urgenti, la maggior parte invece è in attesa di risposte dalla struttura commissariale. Ai ritardi già denunciati durante l’estate si stanno aggiungendo molti altri problemi: le procedure per chiedere i fondi sono complicate, è difficile trovare tecnici e progettisti, e molte aziende hanno riservato gli sforzi ai cantieri privati per avere certezza di essere pagate.

Sagrini dice che gli unici conti effettivamente saldati riguardano 120mila euro arrivati da una raccolta fondi promossa da privati, associazioni e dal comune tedesco di Bartholomä, gemellato con Casola Valsenio. Sono serviti a pulire i fossi e i canali di scolo, un lavoro che ha evitato nuovi guai durante le piogge abbondanti della scorsa settimana. Molte strade sono state riaperte a senso unico alternato o con restringimenti. In alcuni casi bisognerebbe progettare un nuovo tracciato per prevenire il rischio di nuove possibili frane. «Tutti i danni sono stati quantificati, descritti, segnalati, trascritti e inviati alla struttura commissariale tempo fa», continua Sagrini. «Non abbiamo ancora visto un euro. Non capisco come sia possibile attendere così a lungo».

– Leggi anche: In Romagna i soldi per la ricostruzione arrivano soprattutto dai privati

A Monzuno, in provincia di Bologna, si sono verificate 74 delle 900 frane avvenute a maggio in tutta l’Emilia-Romagna. Anche in questo caso il comune ha inviato tutta la documentazione alla struttura commissariale e una prima risposta è arrivata: «Riceveremo 9 milioni e 359mila euro», ha detto il sindaco Bruno Pasquini al Corriere di Bologna. «Ma questo non significa che tutto sarà messo a posto in breve tempo».

Per gli interventi più imponenti, come la messa in sicurezza di grandi versanti franosi, bisogna aspettare: servono prima i progetti, poi gli appalti e solo dopo tutti i passaggi burocratici potranno aprire i cantieri. Secondo il sindaco serviranno almeno due anni: «I cittadini ci ringraziano per quanto fatto ma chiedono sicurezza. È chiaro che se arrivano bombe d’acqua molto intense nessuno può dirsi al sicuro».

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Una strada distrutta da una frana a Casola Valsenio, in provincia di Ravenna (ANSA/EMANUELE VALERI)

Mercoledì 8 novembre il commissario straordinario Francesco Figliuolo ha risposto con una certa decisione alle rivendicazioni dei sindaci. Li ha esortati a rimboccarsi le maniche. Finora la struttura commissariale ha concesso soltanto 60,5 milioni di euro sui 290 chiesti in totale dai comuni per interventi urgenti.

I sindaci dicono di averli chiesti correttamente, Figliuolo sostiene che in molti casi manchino documenti e autorizzazioni. «Il mio vuole essere un incoraggiamento, quindi: chiedete i rimborsi, che ve li diamo», ha detto Figliuolo. La sua uscita è stata contestata dai sindaci, già esasperati dopo mesi di emergenza. Il presidente della provincia di Ravenna Michele de Pascale ha assicurato che le amministrazioni «stanno rispettando le procedure, a volte eccessivamente burocratiche», per ottenere i rimborsi e ha invitato Figliuolo a non vivere le critiche e i suggerimenti come un atto di lesa maestà, ma come sprone a fare meglio.

Le tensioni tra amministratori locali e struttura commissariale sono il sintomo di una gestione confusa. I ritardi, gli intoppi e le proteste hanno infatti reso meno chiare le responsabilità. C’è una sorta di corto circuito, per esempio, per la richiesta di nuovi tecnici e progettisti: i comuni li aspettano dalla struttura commissariale che accusa gli stessi comuni di non impegnarsi abbastanza nella preparazione dei documenti, un lavoro che spetterebbe ai tecnici. La situazione di incertezza ha conseguenze anche per le imprese. «Si fa fatica a trovarle», ha detto il sindaco di Medicina, Matteo Montanari. «Non ce ne sono nemmeno per tutti i cantieri del superbonus».

Oltre ai lavori legati all’emergenza, come i cantieri per la riapertura delle strade, gli amministratori chiedono certezze sui soldi per i progetti più impegnativi e costosi. Senza un intervento di messa in sicurezza non si possono prevenire i danni di eventuali nuove frane, più frequenti a causa di eventi meteorologici estremi più ricorrenti.

Il 24 ottobre la pioggia eccezionale ha causato diversi danni nel comune di Alto Reno Terme, formato da diverse frazioni, sull’appennino tosco-emiliano. Il torrente Rio Maggiore ha tracimato di poco, fortunatamente senza esondare del tutto, e ha danneggiato alcune case. A maggio, invece, non c’erano stati danni. «Per ora la nostra priorità è stata riaprire le strade, lo abbiamo fatto mettendoci soldi del comune sperando di essere rimborsati», dice il sindaco Giuseppe Nanni. «È chiaro che se non si sistemano le strade aumentano molto i rischi, soprattutto in inverno per le frane. Però per ora non possiamo farci molto perché non abbiamo i soldi per fare i lavori».