Il COPASIR vuole capirci qualcosa in più sullo scherzo telefonico a Meloni

È l'organo che controlla i servizi segreti, che però non sono l'unica parte delle istituzioni interessata dalla vicenda

Giorgia Meloni in audizione al COPASIR, il 13 aprile del 2023 (Roberto Monaldo/LaPresse)
Giorgia Meloni in audizione al COPASIR, il 13 aprile del 2023 (Roberto Monaldo/LaPresse)

Giovedì al COPASIR, il Comitato parlamentare che vigila sulle attività di intelligence e dei servizi segreti, è stato interrogato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Era stato convocato per dare spiegazioni sullo scherzo telefonico dei due comici russi Vovan & Lexus a Giorgia Meloni avvenuto il 18 settembre scorso, quando la presidente del Consiglio parlò a lungo con uno dei due attori credendo fosse il presidente della Commissione dell’Unione Africana, Moussa Faki. Mantovano ha anche il ruolo di Autorità delegata, cioè la persona a cui la presidente del Consiglio delega il compito di sovrintendere all’attività dei servizi segreti.

Il dibattito sulla telefonata sta avvenendo contestualmente anche alla Camera. Venerdì mattina il Partito Democratico ha presentato un’interpellanza urgente per chiederne conto al governo. La presidenza del Consiglio, che non ha avuto nessuna esitazione nel mandare Mantovano a rispondere al COPASIR, ha deciso di far rispondere Giuseppina Castiello, sottosegretaria ai Rapporti col parlamento della Lega, la quale ha letto una risposta scritta che le era stata preparata dagli uffici di Palazzo Chigi. Inviare una sottosegretaria ai Rapporti col parlamento, e non chi ha le dirette competenze in materia di intelligence o di diplomazia, è una scelta politica chiara. Significa che il governo vuole ridimensionare la portata del dibattito e il suo rilievo mediatico.

Le due iniziative hanno entrambe l’obiettivo di chiarire i contorni della telefonata, ma al tempo stesso sono molto diverse. Il COPASIR infatti è un organo particolare, la legge gli assegna il compito di verificare che le attività dei servizi segreti si svolgano nel rispetto della Costituzione e nell’interesse esclusivo della Repubblica, e stabilisce che il presidente sia un esponente dell’opposizione. Le sue sedute sono secretate, e quel che si dice in quella sede non viene reso noto se non attraverso resoconti essenziali con l’elenco dei deputati e dei senatori intervenuti, e poco altro. Ogni tanto il presidente del COPASIR o le persone interrogate pubblicano comunicati stampa per riferire in maniera molto vaga alcuni aspetti dei temi trattati, ma succede di rado.

Anche per la necessità di evitare fughe di notizie, il Comitato è formato solo da cinque deputati e cinque senatori, scelti di solito tra le persone di cui i leader politici si fidano di più. Infine, per la delicatezza delle materie di cui si occupa, il COPASIR è refrattario alle polemiche, cosa abbastanza eccezionale nel panorama politico italiano.

Sia la presidente del Consiglio Giorgia Meloni sia il sottosegretario Mantovano nei giorni scorsi hanno fornito una versione dei fatti secondo cui lo scherzo telefonico non sarebbe solo l’iniziativa estemporanea dei due comici, ma un esempio della cosiddetta “guerra ibrida” russa: cioè una guerra che non si combatte con le armi tradizionali, ma con le campagne di disinformazione (soprattutto online), gli attacchi informatici e le azioni diplomatiche ostili. È la stessa tesi che Mantovano ha ribadito nel corso della sua audizione, per quel poco che si è saputo dal racconto che alcuni membri del COPASIR hanno fatto in maniera anonima, ma è ancora da verificare. Secondo membri dello stesso COPASIR provenienti da diversi orientamenti politici, i due comici hanno comunque agito in un contesto “non neutro”, condizionato dal governo russo.

Dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, l’intelligence italiana aveva avvertito di possibili azioni di guerra ibrida ai danni delle nostre istituzioni. Nella relazione annuale al parlamento da parte del Dipartimento per le informazioni sulla sicurezza (DIS), cioè il massimo organo di coordinamento dei servizi segreti, un intero capitolo era dedicato alla minaccia “ibrida” della Russia e della Cina.

Nella relazione, pubblicata nel febbraio scorso, si legge:

Fra i domini delle campagne ibride russe è stato cruciale quello cognitivo, ossia quello della manipolazione delle percezioni. Le caratteristiche della macchina disinformativa russa che sono state osservate nell’azione di costante monitoraggio, si possono riassumere in una grande pervasività e in una forte regia statale.

Finora, l’unica conseguenza dello scherzo sul piano politico e istituzionale è consistita nelle dimissioni di Francesco Talò, l’ambasciatore che svolgeva da un anno il ruolo di consigliere diplomatico della presidente Meloni, il 3 novembre scorso. Il punto però ancora poco chiaro è cosa abbia consentito la riuscita dello scherzo a Meloni, se sia stata una sciatteria o i mancati controlli dello staff della presidente del Consiglio, o ancora la raffinatezza della presunta operazione ostile russa. Nel suo intervento alla Camera, per spiegare le «correlazioni tra la telefonata e la propaganda russa», la sottosegretaria Castiello ha parlato di deduzioni piuttosto che di informazioni in possesso del governo: «Numerose fonti aperte [cioè notizie reperibili da chiunque sui media, ndr] identificano i due personaggi autori della telefonata come “vicini” agli apparati di sicurezza russi e che, a prescindere da questo, la notizia della telefonata è stata rilanciata da canali di comunicazione notoriamente organici alla propaganda russa, talché i commenti riguardo alla correlazione della telefonata con tale propaganda derivano da logiche deduzioni basate su dati di dominio pubblico».

Nel suo intervento, Castiello ha descritto così le modalità con cui i due comici hanno contattato Meloni: «Nel dettaglio, è stata ricevuta sulla casella istituzionale di posta elettronica della segreteria del consigliere diplomatico una richiesta firmata a nome del vice capo di gabinetto del presidente della Commissione dell’Unione Africana […]. La comunicazione ricevuta proveniva dal dominio au-commission.org, ossia quello esatto del sito web ufficiale dell’Unione Africana». In realtà, in una nota ufficiale diffusa il 12 ottobre scorso (e su cui torneremo), l’Unione Africana ribadiva che «tutti gli indirizzi e-mail ufficiali della Commissione UA [Unione Africana, ndr] iniziano con Name@africa-union.org», e che «qualsiasi altro indirizzo e-mail non è un indirizzo e-mail legittimo dell’UA».

Tutto ciò riguarda la preparazione dello scherzo, avvenuto il 18 settembre scorso, prima della partecipazione di Meloni ai lavori dell’Assemblea Generale dell’ONU. Ma alcuni dei chiarimenti che i partiti di opposizione chiedono al governo riguardano ciò che è accaduto dopo lo scherzo. Meloni ha spiegato di avere avuto un dubbio verso la fine della telefonata circa la reale identità del suo interlocutore, e di avere chiesto verifiche al suo consigliere diplomatico: «Credo che lì ci sia stata una superficialità nell’ufficio diplomatico nel procedere alle verifiche in maniera seria», ha detto Meloni in una recente conferenza stampa.

La sottosegretaria Castiello, riferendosi a Talò e al suo operato a seguito delle perplessità condivise da Meloni, ha detto che il consigliere diplomatico ha «omesso il necessario approfondimento, dopo l’invito in tal senso rivolto dal presidente del Consiglio». Dalle parole di Meloni e di Castiello non risulta comunque chiaro se ci sia stato effettivamente un controllo al termine del quale Meloni è stata rassicurata o se a seguito della sua condivisione di dubbi con l’ufficio diplomatico quel controllo non sia stato svolto.

Come dicevamo, il 12 ottobre scorso, dunque meno di un mese dopo lo scherzo subito da Meloni, l’Unione Africana ha diffuso, una nota in cui segnalava come il presidente della Commissione dell’Unione Africana, cioè proprio la persona per cui si erano spacciati Vovan & Lexus, fosse «venuto a conoscenza del fatto che diverse capitali straniere sono state vittime di falsi indirizzi e-mail, che si spacciavano per e-mail ufficiali del vice capo di gabinetto a nome del presidente della Commissione dell’Unione Africana, con la richiesta di telefonate con leader stranieri».

Inoltre, le telefonate dei presidenti del Consiglio con altri capi di stato o di organizzazioni internazionali vengono abitualmente registrate dai funzionari dell’ufficio diplomatico, per potere essere poi analizzate. La voce e l’accento di Moussa Faki, il politico del Ciad che è presidente della Commissione dell’Unione Africana, sono molto diversi da quelli utilizzati al telefono dal comico russo nel tentativo di imitarlo.

Giovedì alla Camera i capigruppo di opposizione hanno chiesto la convocazione della presidente del Consiglio per un “Premier Question Time”, una sessione in cui la presidente del Consiglio fornisce risposte alle interrogazioni dei parlamentari. Tra i temi evocati su cui chiedere chiarimenti c’è anche quello dello scherzo telefonico. La richiesta, avanzata al ministro dei Rapporti col parlamento Luca Ciriani, è stata trasmessa a Palazzo Chigi. Finora Meloni ha partecipato una sola volta al Premier Question Time, il 15 marzo scorso.