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  • Giovedì 9 novembre 2023

La distruzione del ponte di Mostar, trent’anni dopo

Il bombardamento del ponte ottomano il 9 novembre 1993 è diventato uno degli eventi simbolici della guerra nel territorio dell'ex Jugoslavia

Il ponte di Mostar ricostruito (Marco Secchi / Getty Images)
Il ponte di Mostar ricostruito (Marco Secchi / Getty Images)
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Il 9 novembre del 1993 un bombardamento delle forze croato-bosniache fece crollare il ponte di Mostar, una città nel sud della Bosnia ed Erzegovina. Il suo crollo divenne uno dei simboli della guerra avvenuta in Bosnia ed Erzegovina in seguito alla dissoluzione di quella che fino al 1992 era stata la Repubblica federale di Jugoslavia. La guerra era iniziata nel 1992 quando la Repubblica della Bosnia ed Erzegovina aveva dichiarato la secessione dalla Jugoslavia. Il territorio bosniaco, tuttavia, era abitato da tre principali gruppi di etnia e religione diverse tra loro: i bosniaci musulmani, i croati cattolici e i serbi ortodossi. Si creò quindi il problema della spartizione del territorio, soprattutto perché i serbi e i croati che vivevano al di fuori del territorio bosniaco intervennero nella disputa.

Nel 1993 la città di Mostar era divisa tra le forze croato-bosniache della Comunità Croata di Herceg-Bosna, uno stato autoproclamatosi indipendente nel 1991, che occupavano la parte occidentale, e l’esercito della Repubblica di Bosnia ed Erzegovina, a est, dove abitavano bosgnacchi, ossia i musulmani bosniaci. Le due metà della città, divise dal fiume Neretva, erano unite fin dal 1557 dallo Stari Most, il ponte vecchio costruito con 456 blocchi di pietra bianca dall’architetto ottomano Hajrudin Mimar. I combattimenti proseguivano da settimane e sei ponti su sette nell’area di Mostar erano già stati distrutti.

Abitanti di Mostar attraversano il ponte nell’aprile del 1993 (AP Photo/Karsten Thielker)

Mostar, una delle città più importanti della regione dell’Erzegovina, era già stata assediata e bombardata dai serbi nel 1992, ma inizialmente croati e bosniaci avevano combattuto insieme contro il nemico comune ed erano riusciti ad allontanare l’esercito serbo. La situazione cambiò nel corso del 1993 e Mostar diventò una delle città divise dalla guerra nella ex Jugoslavia, con le forze croate che provavano a spingere la popolazione musulmana verso la parte orientale, dove volevano confinarla.

Il ponte distrutto, il 10 novembre 1993 (AP Photo/Zoran Bozicevic)

Alle 10:15 della mattina del 9 novembre, dopo due giorni di bombardamenti, anche lo Stari Most fu distrutto. L’artiglieria croato-bosniaca che distrusse il ponte era comandata da Slobodan Praljak, un croato che non era riuscito a intraprendere la carriera di regista teatrale ed era diventato un comandante delle milizie durante la guerra di Bosnia. La distruzione del ponte aveva poca utilità dal punto di vista strategico e militare, dato che le due aree immediatamente connesse dal ponte erano abitate da musulmani e che il ponte era solo pedonale, ma l’effetto psicologico sulla popolazione bosgnacca di Mostar fu enorme. La distruzione del ponte venne filmata da Zaim Kajtaz e le immagini divennero tra le più conosciute del conflitto.

Nell’aprile del 2004 Praljak e altri cinque comandanti croati a Mostar vennero estradati (e successivamente condannati) al tribunale per l’ex Jugoslavia dell’Aja, dove vennero accusati di crimini di guerra. Nello stesso anno un nuovo ponte costruito con la stessa pietra e lo stesso disegno fu inaugurato ed è oggi un patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. La città, che ha circa 100 mila abitanti, resta però profondamente divisa dal punto di vista etnico e religioso. A maggio del 2023 è stato diffuso un filmato finora inedito del bombardamento.