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  • Lunedì 30 ottobre 2023

34 ore di isolamento a Gaza

Tra venerdì sera e domenica mattina le comunicazioni nella Striscia sono state interrotte e solo nelle ultime ore stanno emergendo testimonianze di quello che è successo

Bombardamenti sulla parte nord della Striscia di Gaza, il 28 ottobre (AP Photo/Abed Khaled)
Bombardamenti sulla parte nord della Striscia di Gaza, il 28 ottobre (AP Photo/Abed Khaled)
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Per 34 ore tra venerdì sera e domenica mattina la Striscia di Gaza è rimasta quasi completamente isolata dal resto del mondo: le connessioni internet e le reti telefoniche hanno smesso di funzionare, rendendo impossibile per gli abitanti comunicare tra loro e per il resto del mondo sapere cosa stesse succedendo nelle prime ore dell’operazione via terra di Israele nella Striscia. I primi malfunzionamenti sono stati segnalati venerdì attorno alle 18 (ora italiana). Poco dopo l’osservatorio indipendente NetBlocks ha confermato che i dati in tempo reale mostravano «un crollo della connettività» e Paltel, una delle principali compagnie telefoniche palestinesi, ha comunicato sui social network «la completa interruzione di tutti i servizi di comunicazione e Internet con la Striscia di Gaza per via dell’attacco in corso». Sono poi stati interrotti anche i servizi dell’operatore Jawwal.

Il graduale ripristino delle comunicazioni è avvenuto solo domenica mattina, quando sono emerse le prime informazioni complete e resoconti puntuali dei due giorni precedenti, durante i quali anche i giornali avevano perso i contatti con i pochi corrispondenti attivi nella Striscia.

Palestinesi a Rafah, vicino al confine con l’Egitto, il 28 ottobre (AP Photo/Hatem Ali)

Ahmed Yousef, un abitante della città di Deir El Balah nella parte centrale della Striscia di Gaza, ha detto al New York Times che l’interruzione delle comunicazioni si è rivelata essere un problema ancora più grave della mancanza di acqua e cibo, una condizione comune in tutto il territorio da quando Israele ha disposto l’«assedio totale» in risposta all’attacco di Hamas del 7 ottobre.

Per giorni Yousef, come molti altri abitanti di Gaza, non ha avuto notizie di parenti o amici. Ha anche perso i contatti con la persona da cui negli ultimi giorni aveva comprato acqua potabile, e con l’uomo che pagava per rimanere in coda al suo posto per ore e riuscire ad acquistare del pane. Inizialmente pensava che il blackout fosse un problema passeggero, ma poi ha appreso del blocco totale delle comunicazioni guardando brevemente il canale tv di Al Jazeera grazie all’elettricità fornita da un pannello solare. Yousef ha detto che se lui e la sua famiglia sopravviveranno alla guerra se ne andranno da Gaza: «Questa non può essere la nostra vita».

Il blocco delle comunicazioni ha creato molta confusione tra gli abitanti di Gaza. Sabato un giornalista ha detto alla BBC che alcuni civili stavano interpretando l’assenza di messaggi sul telefono come un segnale del fatto che stesse andando tutto relativamente bene, e non ci fosse nulla da segnalare: «Si sentono consolati», ha detto, aggiungendo che altri invece erano «nervosi per aver perso i contatti con i propri cari».

La mancanza di connessione ha reso molto più duro anche il lavoro dei soccorritori. Molti hanno cercato di individuare i luoghi colpiti da un’esplosione osservando la traiettoria dei missili e delle bombe, e una volta raggiunta la zona hanno trasportato i feriti in ospedale avvisando a voce dell’attacco in modo che altri operatori sanitari potessero andare in soccorso.

Yusuf Al-Loh, direttore delle operazioni per un’agenzia sanitaria gestita dal governo di Gaza (quindi da Hamas), ha detto che alcune persone hanno dovuto correre per chilometri e urlare per attirare l’attenzione dei soccorritori. Una volta ripristinate le connessioni centinaia di persone sono state trovate sotto le macerie, uccise o ferite. Secondo Al-Loh l’interruzione delle comunicazioni è stato un «crimine di guerra» i cui responsabili dovrebbero essere puniti.

– Leggi anche: Cosa è legale e cosa no nella guerra tra Israele e Hamas

Alle 19:17 di venerdì la Mezzaluna Rossa palestinese, l’equivalente della Croce Rossa, ha scritto su X (Twitter) di aver «perso ogni contatto» con le proprie sedi operative nella Striscia di Gaza a causa del blocco delle comunicazioni, che stava mettendo in grossa difficoltà anche le ambulanze e le linee telefoniche di emergenza. A causa del blackout, sabato non sono nemmeno entrati a Gaza i camion con aiuti umanitari che dal 21 ottobre raggiungono più o meno regolarmente la Striscia dall’Egitto.

Il fotografo Shebab Younis ha pubblicato su Instagram vari video filmati sabato nella Striscia in cui si vedono alcuni uomini scavare tra le macerie per cercare di recuperare persone ferite. Younis ha detto alla BBC che la situazione era «catastrofica», soprattutto a causa dell’impossibilità di comunicare: «Tutto questo sta avendo ripercussioni sulle strutture sanitarie e sugli edifici pubblici, colpiti dai bombardamenti». Per esempio, un video mostra un uomo gravemente ferito trasportato di corsa su una barella e caricato su un camion, e in un altro si vedono alcuni soccorritori che scavano cercando di recuperare una bambina bloccata sotto le macerie.

Sabato Anas al-Sharif, un giornalista freelance, è riuscito a comunicare con l’agenzia di stampa Associated Press: «È una catastrofe, ci sono intere famiglie sotto le macerie», ha detto. Il giornalista Mohammed Abdel Rahman ha aggiunto che a causa del blocco alle comunicazioni era molto difficile avere notizie di persone uccise o ferite dai bombardamenti, che venerdì e sabato sono stati particolarmente intensi soprattutto nel nord della Striscia.

Thomas White, direttore dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA), ha raccontato al New York Times che la mancanza di connessioni interne e telefoniche «ha aggravato le tensioni e la paura» tra gli abitanti della Striscia di Gaza, che si sono sentiti «soli, separati dalle loro famiglie e dal resto del mondo». Domenica migliaia di persone hanno fatto irruzione nei centri di distribuzione di cibo e altri beni di prima necessità gestiti dall’UNRWA, portando via sacchi di farina, di frumento e altri prodotti alimentari e igienici. «È un segnale preoccupante che l’ordine sociale sta iniziando a crollare dopo tre settimane di guerra e uno stretto assedio su Gaza», ha detto White.

Un uomo palestinese cucina per gli sfollati a Rafah, nella Striscia di Gaza, vicino al confine con l’Egitto (AP Photo/Hatem Ali)

Per tutta la giornata di sabato i messaggi inviati su WhatsApp a persone che si trovavano all’interno della Striscia sono rimasti non consegnati (quindi con una sola spunta), e le chiamate venivano reindirizzate immediatamente alla segreteria telefonica.

Warda, un’abitante della città di Gaza, ha detto al Washington Post che aveva paura di essere uccisa senza che nessuno potesse saperlo. «Non c’è un momento di calma. La distruzione causata dai bombardamenti continua… i bambini sono terrorizzati», ha detto, riferendosi ai suoi figli. Warda – che non ha voluto rivelare il cognome per motivi di sicurezza personale – sapeva che nelle ultime settimane Israele aveva chiesto a tutti i residenti della parte nord della Striscia di spostarsi verso sud, ma non ha seguito l’ordine di evacuazione perché «il costo del trasporto sarebbe stato molto alto, e ci sono bombardamenti anche a sud».

Alcuni attivisti e giornalisti presenti nella Striscia hanno provato a far funzionare sim card straniere, spostandosi molto vicino al confine con l’Egitto o cercando di agganciarsi alle reti di Israele.

A Khan Yunis, nel sud della Striscia, il giornalista e attivista Ahmed Elmadhoun è andato sul tetto di un ospedale per tentare senza successo di far funzionare una sim card israeliana. «Era come se la nostra voce non fosse più importante», ha detto al New York Times domenica, quando le connessioni sono tornate. L’attivista ha chiesto ai suoi 17mila follower su X di aiutarlo a ottenere una sim card digitale (eSIM), che gli è stata poi fornita da Mirna El Helbawi, un’attivista e scrittrice egiziana. Abdelrahman ElGendy, un altro attivista egiziano, si è reso disponibile su X per fornire eSIM alle persone di Gaza durante il blackout.

A Khan Yunis i bombardamenti israeliani sono stati meno intensi rispetto ad altre aree nel nord della Striscia. Rushdi Abualouf, un giornalista palestinese che lavora per la BBC, ha raccontato che tra venerdì e domenica gli abitanti hanno cercato in tutti i modi di mettersi in contatto con i propri familiari nelle zone più colpite: «C’è stato panico ovunque».

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Non è chiaro al momento quali siano state le cause del blackout. Paltel ha detto di non sapere perché a un certo punto la connessione abbia ricominciato a funzionare, dato che l’azienda non aveva ancora fatto alcun intervento per cercare di riparare le linee. Due funzionari del governo statunitense, citati dal New York Times ma rimasti anonimi, hanno detto di credere che Israele sia responsabile del crollo delle comunicazioni nella Striscia.

Sabato Daniel Hagari, un portavoce dell’esercito israeliano, non ha confermato né smentito la responsabilità di Israele, ma ha detto che l’esercito avrebbe fatto «cioè che è necessario per proteggere le nostre forze per tutto il tempo necessario, in modo temporaneo o permanente».