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  • Martedì 10 ottobre 2023

Come è fatto l’assedio israeliano a Gaza

Sono state tagliate le forniture di energia elettrica, cibo, acqua e carburante mentre continuano i bombardamenti, ma per i civili è difficile scappare

Uomini palestinesi trasportano un cadavere tra le macerie nel campo profughi di Jebaliya, nella Striscia di Gaza
(AP Photo/Ramez Mahmoud, File)
Uomini palestinesi trasportano un cadavere tra le macerie nel campo profughi di Jebaliya, nella Striscia di Gaza (AP Photo/Ramez Mahmoud, File)
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Lunedì il governo israeliano ha ordinato «l’assedio totale» della Striscia di Gaza, in risposta agli attacchi compiuti dai miliziani di Hamas a partire da sabato. Le autorità israeliane hanno quindi tagliato le forniture d’acqua, energia elettrica, cibo e carburante da Israele verso i territori della Striscia, come anticipato nei giorni precedenti.

La chiusura delle forniture ha peggiorato ulteriormente la situazione della Striscia, un’area densamente popolata dove vivono 2,3 milioni di persone: a Gaza manca praticamente tutto, dal cibo all’energia elettrica necessaria per far funzionare gli ospedali, fino all’acqua per bere o lavarsi. Gaza importava gran parte della sua energia elettrica da Israele e dall’Egitto, e sul suo territorio c’è solo una piccola centrale elettrica che però potrebbe finire presto il carburante, anche questo importato.

Di notte le luci sono completamente spente ed è difficile anche caricare i telefoni e i computer, mentre la rete internet non sempre funziona: molti temono di perdere completamente i contatti con i loro parenti o amici che vivono fuori dalla Striscia. Senza acqua, anche usare i servizi igienici è complicato.

– Leggi anche: Che posto è la Striscia di Gaza

L’assedio inasprisce misure già durissime a cui gli abitanti della Striscia sono sottoposti da oltre 16 anni. Nel 2007, quando Hamas prese il controllo del territorio e cacciò con la forza il partito moderato palestinese Fatah, Egitto e Israele imposero un embargo estremamente rigido: da quel momento le forniture di tutti i beni non prodotti internamente a Gaza – tra cui il carburante, l’acqua potabile, l’energia elettrica e le medicine – dipendono da Egitto e Israele. L’importazione di alcuni materiali è completamente vietata, tra cui le apparecchiature elettroniche (che potrebbero essere usate per costruire armi) e i materiali edili.

Israele giustificò l’embargo dicendo che i controlli servivano per fermare l’arrivo di armi a Gaza e quindi la militarizzazione dei gruppi radicali che operano nel territorio, tra cui soprattutto Hamas. L’embargo però ha avuto conseguenze pesanti sulla popolazione civile: a Gaza la disoccupazione è vicina al 50 per cento, le infrastrutture sono malridotte e il sistema sanitario è inadeguato, soprattutto a causa delle difficoltà nell’importare farmaci e strumentazioni mediche.

Israele ed Egitto controllano anche i confini della Striscia e gli abitanti di Gaza devono chiedere un permesso per potersi spostare nei territori circostanti, per esempio per lavorare o ricevere cure mediche.

Finora Israele aveva permesso ad alcune merci di raggiungere la Striscia, seppure con molte limitazioni, ma ora il governo ha ordinato la chiusura totale delle esportazioni. Da giorni la Striscia è anche bersaglio di moltissimi bombardamenti compiuti dall’esercito israeliano come ritorsione all’attacco di Hamas. Lunedì il ministro della Salute palestinese ha detto che almeno 687 persone sono state uccise dagli attacchi aerei di Israele nella Striscia, e i feriti sono quasi 4mila.

Bombardamenti israeliani su Gaza (Ahmad Hasaballah/Getty Images)

Molti degli obiettivi colpiti sono infrastrutture civili, come i complessi residenziali, le attività commerciali o i campi per rifugiati. Per evitare di uccidere civili in passato l’esercito israeliano ha adottato la pratica del cosiddetto roof-knocking, che consiste nel lanciare sul tetto degli edifici che verranno bombardati dei missili privi di esplosivo, proprio per “avvisare” i civili che si trovano all’interno e dare loro il tempo di mettersi in salvo.

Negli ultimi giorni però sembra che Israele non abbia sempre usato questa cautela (in realtà anche in passato non sempre è stata usata): poche ore dopo l’annuncio dell’assedio un portavoce di Hamas ha minacciato di uccidere un civile preso in ostaggio ogni volta che Israele bombarderà un edificio a Gaza senza preavviso (cioè senza permettere l’evacuazione di civili).

È probabile che presto agli attacchi aerei su Gaza si aggiunga un’invasione via terra. Sabato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha invitato i civili ad «andarsene subito» perché l’esercito israeliano «ridurrà in macerie» tutti i luoghi in cui si nasconde Hamas. Secondo alcune fonti stampa l’esercito israeliano avrebbe anche inviato messaggi testo o audio per invitare i civili ad andarsene, ma molti non sanno dove rifugiarsi. Centinaia di persone sono rimaste senza casa, e a causa della mancanza di elettricità e di connessione internet è difficile reperire informazioni puntuali e affidabili sui luoghi di rifugio o sulle modalità con cui lasciare la Striscia.

Martedì mattina è circolato molto un messaggio in cui un portavoce dell’esercito israeliano invitava i civili di Gaza ad andare in Egitto attraverso il passaggio di Rafah, sul confine. In realtà il passaggio, che è controllato dall’Egitto, è stato chiuso lunedì a causa di un bombardamento israeliano, e non è chiaro se abbia poi riaperto.

Secondo il giornale indipendente egiziano Mada Masr la regione egiziana del Sinai del Nord, confinante con Gaza, si starebbe preparando ad accogliere un forte afflusso di rifugiati: gli ospedali sono in stato di allerta e alcuni edifici pubblici potrebbero essere convertiti in alloggi di emergenza, se necessario. Un esponente del governo egiziano, rimasto anonimo, ha detto al giornale che il paese «teme una catastrofe umanitaria che non sapremmo come gestire».