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  • Domenica 15 ottobre 2023

A Khan Yunis non c’è più posto

La città nel sud della Striscia di Gaza, vicino al confine con l'Egitto, non riesce ad accogliere le centinaia di migliaia di civili che scappano

Profughi palestinesi in una scuola delle Nazioni Unite, a Khan Yunis (Mohammed Talatene/dpa)
Profughi palestinesi in una scuola delle Nazioni Unite, a Khan Yunis (Mohammed Talatene/dpa)
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Negli ultimi giorni a Khan Yunis, una delle città più grandi nel sud della Striscia di Gaza, sono arrivate centinaia di migliaia di persone che fuggivano dal nord, dopo l’evacuazione ordinata dall’esercito israeliano. Khan Yunis si trova a circa 10 chilometri dal valico di Rafah, al confine con l’Egitto: è l’unica frontiera di terra della Striscia che non confina con Israele, e da cui si può sperare di uscire.

Mercoledì però il valico è stato colpito dai bombardamenti israeliani e da quel momento è rimasto chiuso in entrambe le direzioni, impedendo sia alle persone di uscire dalla Striscia che agli aiuti umanitari di entrare. Nella parte egiziana del confine si stanno creando lunghe code di convogli con aiuti umanitari di vario genere, il cui passaggio per ora è impedito da Israele, nonostante le crescenti pressioni internazionali. Anche per questo, a Khan Yunis da giorni la situazione umanitaria è ormai insostenibile.

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Khan Yunis ha circa 400mila abitanti e non ha la capacità per accogliere tutte le persone che stanno arrivando: tra queste ci sono molte famiglie con donne e bambini. La giornalista di Al Jazeera Youmna ElSayed ha raccontato che la città è completamente isolata, e gli abitanti stanno aiutando come possono i rifugiati: «In ogni appartamento ci sono da 20 a 30 persone, e molti chiedono ad amici o parenti se hanno posto» per ospitare altri profughi, ha detto. Migliaia di persone si stanno rifugiando anche in una scuola delle Nazioni Unite, ormai sovraffollata.

La scuola delle Nazioni Unite a Khan Yunis il 14 ottobre (Mohammed Talatene/dpa)

Come in tutto il territorio della Striscia a Khan Yunis mancano l’acqua, la corrente elettrica e le medicine, soprattutto a causa dell’«assedio totale» ordinato lunedì da Israele. Venerdì le Nazioni Unite hanno detto che l’ospedale locale aveva scorte di carburante sufficienti per due giorni, che quindi con tutta probabilità stanno per esaurirsi.

Jihad Abud Hasaan è un uomo palestinese che ha lasciato la città di Gaza venerdì con i suoi tre figli, e si trova ora in un centro per rifugiati a Khan Yunis insieme ad altre 5mila persone. Ha raccontato al New York Times che ormai manca praticamente tutto, compresi i materassi, le coperte e il sapone. La cosa più difficile da trovare trovare però è l’acqua potabile: «A volte le persone si chiedono acqua a vicenda, ma molti si vergognano» dato che le scorte sono ormai estremamente limitate, ha detto.

Palestinesi riempiono le taniche d’acqua a Khan Yunis, il 14 ottobre (Ahmad Hasaballah/Getty Images)

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In condizioni normali Khan Yunis è considerata una città che l’esercito israeliano bombarda meno di frequente rispetto a Gaza, ma in questi giorni è stata più volte presa di mira. Molti edifici sono stati distrutti o danneggiati. Domenica il ministero della Salute della Striscia di Gaza (controllato da Hamas e quindi da prendere con cautela) ha annunciato che le persone palestinesi uccise nei bombardamenti israeliani sono almeno 2.450, e che i feriti sono oltre 9.200.

Le macerie di edifici distrutti dai bombardamenti israeliani a Khan Yunis (Abed Rahim Khatib/dpa)