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  • Lunedì 9 ottobre 2023

L’Iran ha avuto un ruolo nell’attacco a Israele?

Lo sostiene una ricostruzione del Wall Street Journal, anche se da tempo il regime iraniano sostiene e rifornisce Hamas: è un'ipotesi che va presa con cautela

Festeggiamenti a Teheran per l'attacco di Hamas contro Israele, sabato sera (Sobhan Farajvan/Pacific Press via ZUMA Press Wire)
Festeggiamenti a Teheran per l'attacco di Hamas contro Israele, sabato sera (Sobhan Farajvan/Pacific Press via ZUMA Press Wire)

Una delle questioni più notevoli dell’attacco senza precedenti compiuto da Hamas contro Israele riguarda la possibilità che il gruppo radicale palestinese abbia ricevuto aiuti esterni. L’ipotesi che circola maggiormente in questi giorni è che Hamas sia stata aiutata dall’Iran, un suo storico alleato che avrebbe i mezzi e la motivazione per contribuire a un’azione militare contro Israele. Un eventuale coinvolgimento dell’Iran nella guerra tra Hamas e Israele potrebbe provocare grosse conseguenze, con un’enorme estensione del conflitto. Ma al momento, anche se l’Iran ha elogiato l’attacco di Hamas, ci sono ancora grossi dubbi sulla possibilità che davvero abbia avuto un ruolo operativo e di primo piano nella sua organizzazione, e bisogna procedere con un po’ di cautela.

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L’attacco di sabato è stato fatto via terra, con l’incursione di centinaia di miliziani nei territori del sud di Israele, via mare e perfino via aria: alcuni miliziani di Hamas sono volati su Israele con parapendii a motore. Un’operazione coordinata e massiccia di questo tipo richiede mesi di preparazione e addestramento, una coordinazione logistica importante e una grande quantità di armi e mezzi. Secondo vari esperti questo tipo di attacco sarebbe difficile per Hamas da organizzare con le proprie forze, e per questo molti sostengono che il gruppo potrebbe aver ricevuto aiuti dall’esterno, in particolar modo dall’Iran.

Il Wall Street Journal ha pubblicato domenica un articolo in cui descrive come, negli ultimi mesi, i dirigenti di Hamas e degli altri gruppi armati che operano nella Striscia di Gaza, come il Jihad Islamico, si siano incontrati più volte con funzionari delle Guardie Rivoluzionarie, il gruppo militare più potente dell’Iran e il più fedele alla Guida Suprema, la massima autorità politica e religiosa del paese.

Questi incontri sarebbero avvenuti a Beirut, in Libano, e da parte iraniana avrebbero coinvolto i membri delle Forze al Quds, cioè la componente delle Guardie Rivoluzionarie responsabile per le operazioni all’estero. Gli incontri avrebbero cominciato a intensificarsi in frequenza a partire da agosto, quando palestinesi e iraniani avrebbero cominciato a vedersi almeno una volta ogni due settimane, sempre in Libano. A un paio di questi incontri avrebbe partecipato anche il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir-Abdollahian. L’ultimo di questi incontri in Libano, scrive sempre il Wall Street Journal, sarebbe avvenuto lunedì, sei giorni prima dell’inizio dell’attacco, e sarebbe stato il momento in cui le autorità iraniane «hanno dato [ad Hamas] il via libera per l’assalto».

Questa ricostruzione del Wall Street Journal, che si basa sulle dichiarazioni anonime di fonti sia iraniane sia palestinesi, deve essere presa con una certa cautela. Anzitutto perché il fatto che ci siano stati incontri tra i membri delle Guardie Rivoluzionarie e dei gruppi radicali palestinesi non è una grossa novità: come ha detto l’ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite Gilad Erdan sempre al Wall Street Journal «sappiamo che ci sono stati incontri in Siria e in Libano con altri leader degli eserciti terroristici che circondano Israele» (come per esempio il libanese Hezbollah). In secondo luogo, serviranno maggiori informazioni per comprendere se, oltre a un generico ruolo di sostegno e di coordinamento, l’Iran abbia avuto un ruolo operativo nell’attacco, per esempio nel rifornimento di armi.

Per ora sia Hamas sia l’Iran sono stati piuttosto vaghi: un portavoce di Hamas ha detto che il gruppo ha ricevuto il «sostegno» dell’Iran e di altri, senza specificare ulteriormente, mentre le autorità iraniane, pur elogiando e celebrando l’attacco di Hamas, hanno detto di non aver avuto un ruolo diretto. Un portavoce della delegazione iraniana all’ONU ha detto: «Non siamo coinvolti nella risposta della Palestina, che è stata portata avanti esclusivamente dalla Palestina».

L’esercito israeliano ha detto che al momento non ci sono prove che indichino un coinvolgimento diretto dell’Iran nell’attacco. Anche Antony Blinken, il segretario di Stato americano, ha detto: «Non abbiamo ancora visto prove che l’Iran abbia diretto o fosse dietro a questo attacco in particolare, anche se ovviamente c’è una lunga relazione [con Hamas]».

Ci sono però varie ragioni per cui l’Iran potrebbe essere coinvolto quanto meno nell’organizzazione dell’attacco: anzitutto perché è il principale sostenitore di Hamas e degli altri gruppi armati palestinesi, a cui ha trasferito mezzi, armi e le tecnologie necessarie per costruire razzi ed esplosivi. Inoltre da tempo l’Iran sta concentrando le sue forze nella creazione di una grossa coalizione di gruppi armati diretti contro Israele: questi comprendono il gruppo libanese Hezbollah in Libano e Hamas e il Jihad Islamico nella Striscia di Gaza.

L’Iran sta anche sostenendo Hamas e il Jihad Islamico nella lotta interna tra le fazioni palestinesi: in Cisgiordania, che formalmente è governata da Fatah, il partito che domina l’Autorità nazionale palestinese e che è relativamente più moderato (riconosce quanto meno lo stato di Israele), Hamas e il Jihad Islamico stanno acquisendo sempre più influenza e potere militare. Lo stesso sta avvenendo nei campi profughi palestinesi in Libano, che in teoria sarebbero controllati da Fatah ma dove Hamas è sempre più forte.

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Infine, l’idea di portare la guerra sul territorio di Israele è sostenuta da tempo proprio da politici e ufficiali militari iraniani. Era un’idea peraltro espressa in maniera piuttosto aperta, tanto che l’anno scorso sul sito ufficiale della Guida Suprema, Ali Khamenei, il capo delle Guardie Rivoluzionarie aveva pubblicato un articolo in cui scriveva: «I palestinesi sono pronti per una guerra via terra. La più grande debolezza di Israele è una guerra via terra. Combattere con il lancio di missili non è il principale obiettivo della lotta (…). Deve essere inviata una forza di terra, che liberi il territorio passo dopo passo».

Se fosse provato un coinvolgimento diretto dell’Iran nell’attacco contro Israele le conseguenze potrebbero essere gravi e difficili da prevedere. Una guerra diretta tra Israele e l’Iran è impossibile al momento, ma non è da escludere il coinvolgimento di altri gruppi armati a partire da Hezbollah, che è fedele all’Iran e opera sia in Libano sia in Siria.