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  • Lunedì 25 settembre 2023

La protesta dei poliziotti di Londra

Circa 100 agenti hanno rinunciato a utilizzare le armi, per solidarizzare con un collega incriminato per l'omicidio di un ragazzo nero

(Vuk Valcic/ZUMA Press Wire via ANSA)
(Vuk Valcic/ZUMA Press Wire via ANSA)
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Nella polizia di Londra, la Metropolitan Police, è in corso da giorni una protesta da parte di un centinaio di agenti autorizzati a portare armi da fuoco (a differenza dell’Italia, in cui tutti gli agenti in divisa hanno un’arma da fuoco, nel Regno Unito solo alcuni possono averla con sè, gli authorised firearms officers”). Gli agenti hanno rinunciato a utilizzare le armi per protesta contro l’incriminazione di un loro collega per l’omicidio di Chris Kaba, un 24enne nero ucciso nel settembre del 2022 a Londra durante un controllo di polizia.

Nella polizia di Londra ci sono oltre 2.500 agenti e circa uno su dieci è autorizzato a portare armi: gli agenti che stanno protestando sono quasi la metà del totale di quelli armati.

Per compensare la carenza di agenti armati, la dirigenza della polizia di Londra ha chiesto aiuto al ministero della Difesa britannico, che ha accettato di fornire in aiuto soldati nel caso in cui ce ne fosse bisogno per operazioni antiterrorismo. Con una serie di limitazioni e restrizioni, però: il personale militare non potrà essere dispiegato per le strade di Londra e non avrà il potere di arrestare persone, tra le altre cose.

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Mark Rowley, capo della polizia di Londra, ha chiesto che vengano introdotte maggiori garanzie per gli agenti armati: facendo seguito alla protesta dei suoi agenti ha accusato le autorità britanniche di indagare con troppa facilità sull’utilizzo delle armi da parte dei poliziotti, rischiando di comprometterne l’autonomia e la discrezionalità, e quindi i propri compiti di tutela della sicurezza pubblica.

Rowley si riferiva in particolare all’Independent Office for Police Conduct, organo indipendente che si occupa di reclami contro la polizia in Inghilterra e in Galles, e al Crown Prosecution Service (CPS), istituzione che funziona da pubblico ministero nei procedimenti penali nel Regno Unito: sono i due organi che hanno rispettivamente investigato sull’omicidio di Kaba e incriminato il poliziotto ritenuto responsabile.

Del poliziotto incriminato non si conosce il nome: è noto col codice NX121 e la sua incriminazione è stata annunciata mercoledì 20 settembre dal CPS. Kaba era morto il 5 settembre 2022 in ospedale, dopo essere stato colpito da un colpo di arma da fuoco sparato da un poliziotto che aveva cercato di fermarlo mentre guidava. Kaba guidava un’automobile che secondo la polizia era collegata a un episodio di violenza da arma da fuoco di qualche giorno prima: una volta fermato dalla polizia Kaba si era rifiutato di consegnare l’auto e secondo alcuni testimoni l’aveva diretta contro una delle volanti. A quel punto uno dei poliziotti gli aveva sparato attraverso il finestrino: Kaba era morto il giorno dopo.

Nel momento in cui fu ucciso Kaba era disarmato, e il suo omicidio aveva riportato al centro del dibattito nel Regno Unito una serie di documentate accuse di razzismo e violenza che da tempo vengono rivolte alla polizia di Londra.

Due poliziotti armati a Londra (Velar Grant via ZUMA Wire via ANSA)

In risposta alla protesta degli agenti armati, la ministra dell’Interno Suella Braverman ha ordinato l’avvio di una revisione delle norme attualmente in vigore sull’uso delle armi da parte degli agenti della Metropolitan Police. Braverman, del governo di centrodestra di Rishi Sunak, ha posizioni molto dure e rigide sulla sicurezza: nel caso specifico ha difeso l’operato degli agenti armati, verso cui ha espresso il proprio «pieno sostegno», e ha aggiunto che «non devono temere di finire sul banco degli imputati per aver svolto i propri compiti».

L’annuncio di Braverman è stato accolto molto positivamente da Rowley. Non è chiaro in cosa consisterà esattamente la revisione appena annunciata. Nel frattempo l’annuncio di Braverman è stato fortemente criticato dall’opposizione, secondo cui un eventuale ammorbidimento delle regole sull’uso delle armi rischierebbe di rendere gli agenti meno tenuti a rispondere del proprio operato, col rischio di nuovi possibili episodi di violenza.

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