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  • Venerdì 22 settembre 2023

Josep Borrell dice che la questione della migrazione può essere una «forza disgregatrice» per l’Unione Europea

Secondo l'Alto rappresentante per gli affari esteri c'entrano i nazionalismi e le differenze politiche e culturali tra i paesi membri

Josep Borrell durante una conferenza stampa a New York, il 18 settembre 2023
Josep Borrell durante una conferenza stampa a New York, il 18 settembre 2023 (Niyi Fote/ Thenews2 via ZUMA Press Wire, ANSA)

L’Alto rappresentante per gli affari esteri europei Josep Borrell sostiene che la questione della migrazione possa dividere a tal punto i paesi europei da diventare «una forza disgregatrice per l’Unione Europea». In un’intervista data al Guardian Borrell ha detto che il problema riguarda le differenze politiche e culturali tra i paesi membri, che nel tempo non sono riusciti a trovare un accordo efficace per gestire le politiche migratorie in modo unitario. Le divisioni politiche su come regolamentare e gestire le migrazioni a livello europeo sono note da anni, ma a detta di Borrell negli ultimi tempi sono state aggravate da nazionalismi sempre più diffusi.

Secondo Borrell il motivo per cui in Europa il nazionalismo è in crescita ha a che fare più con la questione delle migrazioni che non con lo scetticismo sull’Unione in sé. «Si temeva che la Brexit sarebbe stata un’epidemia», ha detto, «ma non è stato così»: al contrario, a suo dire «è stato un vaccino. Nessuno vuole imitare i britannici e lasciare l’Unione Europea». Tuttavia «la migrazione comporta una divisione ancora più grande per l’Unione Europea. E potrebbe essere una forza disgregatrice per l’Unione Europea […] Finora non siamo stati in grado di trovare un accordo su una politica migratoria comune», ha osservato.

Nell’intervista al Guardian Borrell ha detto che il fenomeno delle migrazioni è imputabile alla mancanza di sviluppo e di crescita economica e al malgoverno nei paesi di partenza delle persone migranti. Ha poi sostenuto che le recenti pressioni sui flussi migratori siano state aggravate da conflitti in corso da tempo, come quelli in Siria e in Libia, o ai recenti colpi di stato nell’Africa centro-occidentale. Ha invece respinto le teorie secondo cui i flussi migratori sarebbero legati anche all’invasione russa dell’Ucraina, e ha parlato di un «circolo di instabilità che si estende da Gibilterra al Caucaso, che è cominciato ben prima della guerra in Ucraina e continuerà anche dopo».

Ma il motivo per cui secondo Borrell la questione potrebbe avere un effetto disgregatore sull’Unione Europea è legato alle profonde differenze culturali e politiche all’interno dei paesi membri. A suo dire ce ne sono alcuni che ha definito «simili al Giappone», che non vogliono mischiarsi, non vogliono «gente da fuori», vogliono la loro «purezza». Ce ne sono invece altri, come la Spagna, che a suo dire hanno una lunga storia di accettazione dei migranti. «Il paradosso è che l’Europa ha bisogno dei migranti perché abbiamo una crescita demografica estremamente bassa», ha notato Borrell: «Se vogliamo sopravvivere dal punto di vista della forza lavoro, dei migranti ne abbiamo bisogno».

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Le norme dell’Unione Europea che regolano la distribuzione delle persone migranti sono contenute nel cosiddetto regolamento di Dublino, una legge europea in vigore dal 1997 e vincolante per tutti gli stati membri dell’Unione. Il regolamento è stato aggiornato l’ultima volta nel 2013 ma è giudicato datato e inefficiente dalla gran parte degli esperti di questioni migratorie.

Il regolamento stabilisce che il primo paese in cui arriva una persona migrante debba essere anche quello che si occupa di esaminare la sua richiesta di asilo e la gestione dell’accoglienza. Era stato approvato in un periodo in cui le persone che chiedevano asilo nell’Unione Europea erano poche migliaia all’anno: il sistema però saltò quando i flussi aumentarono, soprattutto per via delle guerre civili in corso in alcuni paesi di Africa e Medio Oriente, come successo una decina di anni fa in Libia e in Siria. Da anni i paesi europei sono concordi sul fatto che il regolamento debba essere cambiato, ma al di là di alcuni accordi politici estemporanei non riescono a mettersi d’accordo su come farlo.

In questo momento la situazione è incastrata in un circolo vizioso. I paesi del Sud Europa come l’Italia si lamentano che i paesi del Nord non stiano rispettando gli accordi per una redistribuzione volontaria, nonostante un aumento degli sbarchi rispetto agli ultimi anni. Certi paesi del Nord invece si rifiutano di accogliere richiedenti asilo tramite il meccanismo di solidarietà volontaria accusano quelli come l’Italia di non fare abbastanza sui “movimenti secondari”, cioè quelli dei richiedenti asilo che arrivano in Italia ma riescono a non farsi registrare dalle autorità locali per proseguire il tragitto e fare richiesta d’asilo in uno dei paesi del Nord, più ricchi.

Attualmente i tentativi di riforma del regolamento di Dublino nell’Unione Europea sono bloccati in gran parte dai paesi alleati dei partiti di destra del governo italiano, come Polonia e Ungheria, che costruiscono buona parte del dibattito pubblico e politico sull’intenzione di voler bloccare i flussi migratori.

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