Da dove arriva BYD

L'azienda cinese è diventata la più grande produttrice di auto elettriche al mondo, se si includono le ibride, grazie alle scelte del suo fondatore e ad alcune circostanze fortunate

La BYD Han, a un'esposizione in Cina, 19 aprile 2023 (AP Photo/Ng Han Guan)
La BYD Han, a un'esposizione in Cina, 19 aprile 2023 (AP Photo/Ng Han Guan)
Caricamento player

A metà settembre nel suo discorso annuale sullo stato dell’Unione Europea la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha accusato la Cina di tenere artificialmente bassi i prezzi dei veicoli elettrici prodotti nel paese, sovvenzionando in modo sproporzionato le aziende cinesi, e ha detto che la Commissione avvierà un’inchiesta al riguardo. Secondo la presidente i veicoli elettrici cinesi, venduti a prezzi con cui i produttori di auto europei non possono competere, nel prossimo futuro si imporrano nel mercato europeo e rischieranno di mettere in crisi le aziende concorrenti.

In effetti un’azienda automobilistica cinese, specializzata nella produzione di auto elettriche, negli ultimi anni ha fatto parlare di sé per la rapidità con cui si è affermata nel mercato dei veicoli elettrici. È la BYD, che oggi è l’azienda di auto che vende più veicoli “plug-in” al mondo (cioè le auto la cui batteria si può ricaricare collegandole a una presa elettrica), che includono sia alcuni modelli ibridi sia quelli completamente elettrici. Escludendo le auto ibride invece risulta la seconda al mondo, dopo la statunitense Tesla, di proprietà di Elon Musk.

BYD, acronimo di Build Your Dreams (in inglese “costruisci i tuoi sogni”), è un’azienda cinese nata nel 1995, inizialmente specializzata nella produzione di batterie ricaricabili. BYD crebbe rapidamente: erano gli anni della diffusione dei primi telefoni cellulari, e in poco tempo l’azienda divenne la più grande produttrice di batterie in Cina. Dopo essersi quotata in borsa BYD iniziò la produzione di automobili nel 2003, acquistando un’altra azienda automobilistica fallita per ottenerne la licenza per la produzione di veicoli.

Nei primi anni, sia nella produzione di batterie sia in quella di auto, il modello di sviluppo di BYD si basò sulla riduzione dei costi. Questo fu possibile anche grazie alla posizione geografica dell’azienda: venne fondata a Shenzen, una delle Zone Economiche Speciali, regioni della Cina in cui il governo concede un regime agevolato di investimenti. Negli anni Novanta vi si stabilirono numerose aziende all’avanguardia, che assunsero migliaia di contadini che arrivavano dalle campagne circostanti. Anziché dover investire in costose macchine automatizzate, il fondatore di BYD, Wang Chuanfu, decise di reclutare a basso costo i lavoratori provenienti dalle campagne, ottenendo notevoli risparmi rispetto a concorrenti nel settore automobilistico.

I primi prodotti di BYD erano modellati direttamente sui prodotti di aziende già affermate, come Sony per le batterie o Toyota per le automobili: gli ingegneri di BYD prendevano un prodotto, lo smontavano, ne analizzavano i componenti e il funzionamento, e ne producevano uno simile, ma senza dover pagare il brevetto alle altre aziende. Questo gli ha permesso di sviluppare nuovi prodotti, e anche migliorare quelli esistenti, senza doverci investire tempo e risorse eccessive. Un esempio è il primo modello di auto sviluppato da BYD, la F3, nel 2005. Assomiglia moltissimo a una Toyota Corolla, ma costa molto meno. Ciononostante ha una qualità molto migliore rispetto alla maggior parte dei modelli cinesi.

Wang Chuanfu nel 2023 (Sven Hoppe/dpa via AP)

L’obiettivo di Wang è stato fin da subito produrre auto elettriche, per le quali la sua azienda possiede già una parte fondamentale della tecnologia necessaria: le batterie, in cui è specializzato il ramo non automobilistico dell’azienda.

Questo ha fatto sì che BYD sia diventata negli ultimi anni una delle aziende automobilistiche dalla maggiore “integrazione verticale” al mondo: significa che, nella produzione delle sue automobili, BYD fa il minor ricorso possibile ad aziende esterne, sviluppando e producendo autonomamente i componenti base e i materiali, e assemblando il tutto all’interno delle proprie fabbriche. Dato che anche la ricerca tecnologica si svolge al suo interno, numerose innovazioni nella produzione di auto elettriche sono state sviluppate dalla BYD stessa.

È stata inoltre la prima azienda al mondo a produrre su grande scala un veicolo ibrido plug-in, la BYD e6, nel 2008. Sempre nel 2008 ha ricevuto un finanziamento di 232 milioni di dollari (circa 206 milioni di euro) dall’imprenditore miliardario statunitense Warren Buffett, che è tuttora uno dei suoi principali azionisti.

BYD non produce solo automobili: la sua gamma include anche autobus e camion di vari generi, da quelli della spazzatura agli enormi veicoli usati nelle miniere per trasportare i minerali. Gli autobus hanno avuto particolarmente successo, arrivando in moltissime città del mondo, anche se hanno causato qualche controversia: nel 2018 il Los Angeles Times aveva pubblicato un’inchiesta che evidenziava i molti limiti degli autobus di BYD usati in città. Fra le altre cose, gli autobus non sarebbero riusciti a superare alcune salite, e avrebbero avuto un’autonomia inferiore a quanto sostenuto dall’azienda.

Negli ultimi anni BYD ha cercato di imporsi come la principale produttrice di veicoli elettrici a buon mercato. L’esempio migliore è la BYD Seagull, un piccolo veicolo da città che costa poco più di 10mila euro, circa 30mila euro in meno del modello più economico di Tesla.

– Leggi anche: Non esiste un’auto elettrica senza la Cina

Il successo di BYD va analizzato più in generale alla luce del netto vantaggio che ha la Cina nella produzione di massa di veicoli elettrici rispetto ad altri paesi. Questa posizione dominante si registra sia nell’alto numero di stabilimenti, aziende e startup attive, sia nell’estrazione delle cosiddette terre rare – necessarie alla produzione dei motori elettrici – e nella formazione di ingegneri e tecnici per il settore. Secondo il New York Times, «il resto del mondo potrebbe metterci decenni a recuperare il tempo perduto».

Il mercato delle auto elettriche interno alla Cina si è espanso notevolmente negli ultimi anni, anche grazie agli ingenti incentivi concessi dal governo alle aziende che producono veicoli plug-in, categoria che per il governo cinese include sia quelli esclusivamente elettrici sia quelli ibridi plug-in. I sussidi permettono non solo di abbassare i costi di produzione, ma anche di investire maggiormente nello sviluppo di nuove tecnologie, un fronte in cui i veicoli elettrici hanno ampi margini di miglioramento.

In questo modo, fra le altre cose, i produttori cinesi sono riusciti a sviluppare motori e batterie nuove, che hanno permesso di produrre un più ampio numero di modelli: se un tempo le auto elettriche cinesi erano principalmente piccoli veicoli pensati per la città, ora si vendono anche molti mezzi più grossi, come i SUV, e questo ha permesso di rivolgersi a un numero maggiore di clienti.

Grazie ai sussidi BYD è riuscita ad aumentare notevolmente la propria produzione di questo tipo di veicoli negli ultimi anni: nel 2019 il numero di veicoli plug-in prodotti da BYD ha superato quello dei veicoli con motore a combustione interna, e nel 2022 l’azienda ha annunciato di aver terminato completamente la produzione di veicoli che non fossero plug-in.

Negli ultimi anni marchi come BYD sono sempre più presenti sul mercato europeo anche perché in Europa riescono a ottenere margini di profitto più alti che in Cina. Mentre in Cina è in atto una tendenza al ribasso dei prezzi, anche per via del recente rallentamento dell’economia, in Europa le aziende possono vendere auto a prezzi maggiori, grazie al livello più alto dei salari europei.

Ma non tutti i produttori di auto europei sono contenti della decisione di von der Leyen di avviare l’inchiesta sui sussidi cinesi. In particolare Volkswagen, BMW e Mercedes vendono molto in Cina, e possiedono alcune fabbriche là, e quindi avrebbero molto da perdere se la Cina dovesse rispondere negativamente all’inchiesta europea, limitando le importazioni o rendendo più complicato gestire le fabbriche sul suo territorio.

– Leggi anche: Il modello cinese è arrivato alla fine?