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  • Giovedì 14 settembre 2023

Come si parla il Sudafrica?

Le lingue ufficiali del paese sono undici e nella sua Nazionale di rugby se ne parlano almeno quattro, senza contare il linguaggio in codice usato dallo staff tecnico

di Pietro Cabrio

Ox Nché e Eben Etzebeth parlano durante Sudafrica-Scozia (Cameron Spencer/Getty Images)
Ox Nché e Eben Etzebeth parlano durante Sudafrica-Scozia (Cameron Spencer/Getty Images)
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Il Sudafrica è un paese di quasi 60 milioni di persone con tre capitali, sette etnie autoctone e undici lingue ufficiali (dodici contando la lingua dei segni locale) che stando alla costituzione devono essere trattate alla pari. Cinque di queste lingue ufficiali compongono l’inno nazionale, che ha due titoli, Nkosi Sikelel’ iAfrika e Die Stem van Suid-Afrika: il primo titolo è in zulu, la madrelingua di circa un quarto di tutti i sudafricani, l’altro è in afrikaans, la lingua parlata dalla comunità bianca, una variante dell’olandese con numerosi prestiti dal malese, dall’inglese, dal portoghese e altre.

Per tutta la storia che si porta dietro, la multiculturalità è uno degli aspetti più conosciuti del Sudafrica. Nello sport internazionale è rappresentata soprattutto dalla sua Nazionale maschile di rugby, un tempo riservata ai boeri, la minoranza bianca che per decenni impose la segregazione alle etnie autoctone africane. Ma dalla famosa vittoria della Coppa del Mondo del 1995, la Nazionale è divenuta il simbolo per eccellenza della nuova unità nazionale.

Il rugby ha in un certo senso scandito la storia sudafricana del Novecento. Il suo impulso unificatore ha avuto momenti di crisi — come continuano ad esserci all’interno della società — ed è stato messo alla prova, ma resiste e continua ad avere un effetto. Ha raggiunto l’apice all’ultima edizione della Coppa del Mondo, vinta con il primo capitano nero della sua storia, Siya Kolisi, che ha esaudito un famoso desiderio espresso dall’ex presidente Nelson Mandela negli anni Novanta.

Nella Coppa del Mondo attualmente in corso in Francia la diversità del Sudafrica è assai evidente anche solo leggendo i nomi dei giocatori convocati. Si passa da Kurt-Lee Arendse a Makazole Mapimpi, da Damian De Allende a Malcom Marx, da Francois De Klerk a Rudolph Gerhardus Snyman e Ox Nche, tutti sudafricani di nascita.

Di conseguenza spesso ci si domanda quali e quante lingue vengano parlate all’interno della squadra, in campo durante le partite o tra compagni di ruolo. La lingua parlata dal Sudafrica in contesti ufficiali è l’inglese, come si usa nel parlamento locale e nei discorsi istituzionali. Le conferenze stampa della squadra sono quindi in inglese, mentre lo spazio concesso alle lingue indigene è molto limitato: il direttore tecnico Rassie Erasmus è di etnia boera e può rispondere in afrikaans, mentre Kolisi lo fa in xhosa, la seconda lingua più parlata in Sudafrica dopo lo zulu.

Kolisi parla anche in afrikaans — la quarta lingua nazionale — come fanno molti compagni di squadra, non solo i boeri. Il rugby infatti rimane ancora più popolare tra i bianchi e i giocatori neri vengono quindi a contatto facilmente con quella lingua, peraltro più facile da imparare per chi parla già inglese rispetto alle lingue tradizionali africane, che quindi rimangono confinate tra chi le parla dalla nascita.

Nelle partite internazionali i giocatori comunicano in inglese, o in afrikaans quando provano a non farsi capire dagli avversari. Spesso però certi avversari hanno rivelato di aver imparato certe parole di afrikaans per provare a capire i dialoghi in campo dei sudafricani. La comprensione sarebbe ancora più difficile se i giocatori sudafricani comunicassero anche in zulu o in xhosa, che risultano particolarmente complicate per via della loro fonetica (hanno come principale caratteristica distintiva l’impiego delle cosiddette consonanti clic, come la “c” dentale, la “q” alveolare e la “x” laterale).

Per la Nazionale sudafricana l’affollamento linguistico non è un problema e anzi, in campo può essere un vantaggio. Nel paese invece la questione linguistica rimane complessa. Tanti sudafricani hanno a che fare con l’inglese ogni giorno, eppure in molti non lo parlano bene (lo parla in casa meno dell’otto per cento della popolazione). Per aiutare gli studenti non di madrelingua inglese, già un decennio fa il governo decise che nei primi anni di scuola elementare agli alunni venisse insegnato nella loro lingua madre (il piano è stato adottato solo in parte, perché nelle aree rurali non c’erano risorse sufficienti per avere insegnanti in grado di farlo).

Per alcuni una soluzione potrebbe essere quella di ridurre drasticamente il numero di lingue parlate a tre o al massimo quattro, le principali: inglese, afrikaans, zulu e xhosa. Queste proposte vengono però puntualmente accantonate perché ci sono oltre 50 milioni di persone che parlano le altre sette: ndebele, venda, swazi, tsonga, tswana, sotto e pedi, tutte diffuse prevalentemente tra la popolazione nera.

Nel frattempo alla Coppa del Mondo di rugby in corso in Francia la Nazionale sudafricana sta usando un’ulteriore forma di comunicazione. Durante la prima partita contro la Scozia lo staff tecnico è stato visto esporre dalle tribune dei segnali di luce verso il campo. Uno dei membri dello staff ha poi spiegato che viste le difficoltà nel comunicare all’interno di stadi affollati e rumorosi, l’esposizione di luci facilita le decisioni da prendere. Queste luci colorate vengono rivolte ai membri dello staff presenti a bordo campo, che poi le condividono con la squadra. Il significato dei diversi colori esposti durante la partita, tuttavia, è stato spiegato vagamente per mantenerlo ancora riservato.

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