Per Giuliano Amato fu la Francia ad abbattere l’aereo di Ustica

In un'intervista a Repubblica l'ex presidente del Consiglio ha detto che l'aereo fu abbattuto per errore da un caccia francese che voleva colpire il leader libico Muammar Gheddafi

Il relitto dell'aereo di linea DC-9 della compagnia aerea italiana Itavia (ANSA)
Il relitto dell'aereo di linea DC-9 della compagnia aerea italiana Itavia (ANSA)

Sabato Repubblica ha pubblicato un’intervista in cui Giuliano Amato, presidente del Consiglio tra il 1992 e il ’93 e poi tra il 2000 e il 2001, dà una propria versione di quello che successe all’aereo DC-9 che precipitò in mare vicino a Ustica, in Sicilia, nel 1980. La strage di Ustica, nella quale morirono 81 persone, è uno dei più grandi misteri della storia recente italiana, con dinamiche e responsabili che restano ancora oggi in gran parte sconosciuti.

Nell’intervista, Amato sostiene che «la versione più credibile è quella della responsabilità dell’aeronautica francese», e spiega che il DC-9 fu probabilmente abbattuto per errore da un caccia francese che voleva colpire un aereo Mig su cui si pensava viaggiasse il leader libico Muammar Gheddafi.

Alle 20:59 del 27 giugno 1980, un aereo DC-9 della compagnia Itavia in volo da Bologna a Palermo con 81 persone a bordo precipitò in mare non lontano dall’isola di Ustica, a nord di Palermo. Dopo decenni di indagini e di processi, tra reticenze e depistaggi, la tesi che l’aereo sia stato abbattuto per errore durante una battaglia aerea tra la Libia e la NATO era già la più accreditata, con molti interrogativi però sulla dinamica degli eventi e i responsabili.

L’intervista di Amato, che a partire dal 1983 fu sottosegretario alla presidenza del Consiglio nei primi due governi Craxi, nel 1986 ricevette dal presidente del Consiglio Bettino Craxi l’incarico di occuparsi della vicenda, contiene particolari che non erano mai emersi sulla vicenda e potrebbero portare a ulteriori sviluppi. Nell’intervista Amato ha chiesto al governo francese e al presidente Emmanuel Macron di fare chiarezza sulle eventuali responsabilità della Francia, scusandosi con le famiglie delle vittime, o in alternativa di dimostrare la propria estraneità.

All’inizio dell’intervista Amato dà questa ricostruzione dei fatti:

La versione più credibile è quella della responsabilità dell’aeronautica francese, con la complicità degli americani e di chi partecipò alla guerra aerea nei nostri cieli la sera di quel 27 giugno. Si voleva fare la pelle a Gheddafi, in volo su un Mig della sua aviazione. E il piano prevedeva di simulare una esercitazione della Nato, con molti aerei in azione, nel corso della quale sarebbe dovuto partire un missile contro il leader libico: l’esercitazione era una messa in scena che avrebbe permesso di spacciare l’attentato come incidente involontario.

Secondo Amato il piano fu un totale fallimento e portò all’abbattimento del volo di linea italiano per errore: Gheddafi infatti sarebbe stato avvertito dell’agguato e non sarebbe salito a bordo, mentre il missile sganciato da un caccia francese al largo della costa meridionale della Corsica avrebbe colpito il DC-9 di Itavia.

Dal 1986 Amato si occupò del caso sotto forti pressioni da parte dell’opinione pubblica e del presidente della Repubblica Francesco Cossiga, che all’epoca dei fatti era presidente del Consiglio. Nell’intervista racconta di avere incontrato molti generali dell’aeronautica che provarono a convincerlo che la strage sarebbe stata causata dall’esplosione di una bomba a bordo, teoria già ampiamente screditata. Nonostante queste ricostruzioni fossero lacunose e poco credibili, Amato dice che lo stesso Craxi lo invitò a «dare retta ai generali».

In un altro passaggio dell’intervista Amato sostiene di aver saputo in seguito, ma «di non averne le prove», che fu proprio Craxi ad avvertire Gheddafi del possibile attentato, avendo ricevuto una soffiata. Secondo Amato l’ipotesi è credibile, essendo stato Craxi «uno statista trasgressivo in politica estera», con rapporti stretti con Gheddafi e con lo storico leader palestinese Yasser Arafat. E spiegherebbe la sua volontà di far prevalere la versione ufficiale dell’aeronautica.

Giuliano Amato in una foto di gennaio (ANSA/ETTORE FERRARI)

Nell’intervista Amato dà anche una spiegazione al ritrovamento del corpo di un aviere libico sui monti della Sila il 18 luglio del 1980, poche settimane dopo il disastro aereo:

Avendo intuito il pericolo di tutto quel movimento in cielo, il pilota del Mig s’era nascosto vicino al Dc9 per non essere colpito. Ma tutte le evoluzioni aeree impreviste provocarono l’esaurimento del carburante, per cui il velivolo cadde sulla Sila per mancanza di cherosene.

Nella giornata di sabato sono arrivate reazioni ufficiali all’intervista di Amato. Il ministero degli Esteri francese in un comunicato ha puntualizzato che la Francia «ha fornito ogni elemento in suo possesso ogni volta che le è stato chiesto», soprattutto in occasione delle inchieste della magistratura, ma di essere a disposizione per «lavorare con l’Italia se ce lo chiederà». La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha reso pubblico un comunicato in cui sottolineava come «nessun atto riguardante la tragedia del DC-9» sia coperto da segreto di stato e in cui chiedeva a Giuliano Amato se oltre alle «deduzioni» fosse in possesso di elementi che «permettano di tornare sulle conclusioni della magistratura e del parlamento».

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