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  • Giovedì 17 agosto 2023

In Tunisia c’è poca farina per fare il pane

Il presidente Kais Saied ha deciso di darla solo alle panetterie "tradizionali", largamente sovvenzionate dallo stato, penalizzando quelle "moderne" e creando diversi problemi

Una protesta in Tunisia nel 2020 (AP Photo/Hassene Dridi)
Una protesta in Tunisia nel 2020 (AP Photo/Hassene Dridi)
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La Tunisia è da anni alle prese con una crisi economica che è diventata più profonda nell’ultimo anno e mezzo. Negli scorsi mesi nei negozi i beni di prima necessità sono risultati scarsi o introvabili: in particolare hanno iniziato a formarsi lunghe code davanti alle panetterie nel tentativo di accaparrarsi il pane, sempre più raro per la penuria di farina.

La cosiddetta “crisi del pane” si è aggravata nelle ultime settimane, dopo la decisione del governo del presidente autoritario Kais Saied di non rifornire più di farine le panetterie definite “moderne”. In Tunisia lo stato detiene il monopolio sulla farina, che acquista per lo più sul mercato internazionale e poi distribuisce a panetterie e forni. Secondo le associazioni di categoria oltre 1.500 panetterie “moderne” rischiano la chiusura, mentre quelle “tradizionali” non sembrano aver avuto benefici, ma si sono ritrovate solo a gestire code di clienti più lunghe, non riuscendo ad accontentarli tutti.

La vendita del pane in Tunisia è strettamente regolata da un sistema di sovvenzioni istituito nel 1974 per evitare l’eccessiva inflazione sui beni di prima necessità. Nelle panetterie “tradizionali” la baguette costa 190 millesimi di dinaro tunisino, corrispondente a poco più di 5 centesimi di euro. Lo stato fornisce a queste panetterie la farina a prezzi sovvenzionati e garantisce, almeno sulla carta, una compensazione economica per mantenere i prezzi così bassi: in realtà da un anno queste compensazioni non arrivano.

Accanto a queste panetterie sovvenzionate dello stato sono nate dal 2011 le panetterie “moderne”, che comprano una farina definita “speciale”, parzialmente sovvenzionata e tre volte più cara: i loro prodotti non hanno prezzi fissati rigidamente dallo stato, sono più vari (pane senza sale, pane integrale) e comprendono anche dolci, torte, gastronomia. I due diversi tipi di panetteria fanno riferimento a sindacati e associazioni di categoria differenti.

Dopo la pandemia e l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia lo stato tunisino ha faticato sempre di più a rifornirsi di beni di prima necessità, fra cui il grano duro. Alla base di questo problema ci sono questioni internazionali, come il problema del grano ucraino, ma soprattutto questioni interne, con le riserve e le possibilità economiche dello stato sempre più limitate e dipendenti da un intervento del Fondo monetario internazionale.

Il presidente Kais Saied con Giorgia Meloni lo scorso 23 luglio (AP Photo/Gregorio Borgia)

La farina a disposizione per la distribuzione nelle panetterie è diventata quindi molto limitata: le baguette sono diventate più piccole, i fornai si sono ritrovati a finire già nelle prime ore del mattino il limitato quantitativo di pane che riescono a produrre. La situazione ha accomunato i due tipi di panetterie e scarseggiano tutti i generi di prima necessità sovvenzionati e forniti dallo stato: ogni genere di farina, semola, riso, olio vegetale, zucchero, caffè, pasta.

Di fronte a proteste crescenti a e una manifestazione di piazza organizzata dalle associazioni delle panetterie “moderne” per protestare contro la scarsità di farina a disposizione, la reazione del presidente Saied è stata quella di accusare i gestori di queste panetterie di speculazione e di volersi accaparrare la farina che sarebbe destinata alla vendita largamente sovvenzionata. Saied ha quindi accusato le panetterie moderne di essere un “cartello” e ha deciso che non verranno rifornite di farina fino a nuovo ordine, dicendo che avrebbero potuto continuare e vendere «torte e gelati».

La misura non ha ovviamente risolto il problema (la disponibilità di farina e di pane è comunque rimasta scarsa), ma ha in parte deviato l’attenzione dell’opinione pubblica, creando una contrapposizione fra i due tipi di panetterie.

Una panetteria a Djerba (AP Photo/Mosa’ab Elshamy)

Il sistema di sovvenzioni e di distribuzione da parte dello stato era già problematico prima di quest’ultima grande crisi economica ed è uno dei punti su cui il Fondo monetario internazionale chiede un intervento strutturale prima di concedere gli aiuti da 1,9 miliardi di dollari, bloccati dall’ottobre del 2022: gli interventi richiesti non sono solo economici, ma anche di ripristino di garanzie democratiche, messe in crisi dalla svolta autoritaria di Saied.

Una misura che modifichi il prezzo calmierato del pane sarebbe però molto impopolare e non è quindi contemplata dal governo populista di Saied. Il solo annuncio di un aumento dei prezzi dei cereali e quindi del pane nel dicembre del 1983 aveva causato la cosiddetta “rivolta del pane” del gennaio del 1984, quando le forti proteste di piazza avevano costretto l’allora presidente Habib Bourguiba a ritirare la misura.

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