La contestata riforma del Centro sperimentale di cinematografia

Il governo ha interrotto in anticipo il mandato del cda e ha cambiato come viene nominata la dirigenza della scuola di cinema

(Photo by Michele Lapini/Getty Images for BFI)
(Photo by Michele Lapini/Getty Images for BFI)
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La riforma con la quale il governo guidato da Giorgia Meloni ha modificato la composizione e il processo di nomina della dirigenza del Centro sperimentale di cinematografia (Csc), la nota scuola di cinema che ha la sua sede principale vicino a Cinecittà a Roma, ha provocato una estesa protesta e le dimissioni dell’attuale consiglio di amministrazione. Con un emendamento inserito in un decreto-legge, la maggioranza ha infatti anticipato di quasi due anni la fine del mandato dell’attuale consiglio di amministrazione e del comitato scientifico, i due principali organi direttivi del Centro, e ha attribuito al governo maggiori poteri per la nomina dei nuovi componenti, una decisione criticata da diverse personalità del mondo dello spettacolo e dalle opposizioni.

Il Centro sperimentale di cinematografia nacque come ente pubblico negli anni Trenta, e alla fine degli anni Novanta fu trasformato in una fondazione privata, che mantiene però contributi statali e i cui dirigenti sono nominati in parte dal governo. L’emendamento che ha provocato la protesta è stato inserito nel decreto-legge approvato dal governo lo scorso 22 giugno, che teoricamente doveva contenere misure utili a riorganizzare i settori della pubblica amministrazione, dello sport e del lavoro in vista del Giubileo di Roma del 2025. Prevede varie modifiche importanti nell’assetto organizzativo del Csc, tra cui l’eliminazione dell’incarico di direttore generale e la modifica della composizione del consiglio di amministrazione, di cui faranno parte un presidente e sei membri indicati dai ministri della Cultura, dell’Università, dell’Istruzione e dell’Economia. Anche il comitato scientifico passerà da cinque a sei membri, scelti anche in questo caso dai tre ministeri coinvolti.

Si tratta di un cambiamento importante, dato che finora i membri del comitato scientifico venivano scelti dal consiglio di amministrazione, e non indicati direttamente da esponenti del governo. I membri del consiglio di amministrazione invece venivano già indicati dal governo, anche se in modo diverso. Non è stata modificata la parte della legge che regola il funzionamento del Centro, che stabilisce che i componenti dei due organi devono svolgere le loro funzioni in modo indipendente.

Il consiglio di amministrazione e il comitato scientifico sono organi fondamentali per il funzionamento del Csc: tra le altre cose sono incaricati di adottare e modificare lo statuto, definire l’indirizzo della didattica e della ricerca, approvare il bilancio, nominare il preside della Scuola nazionale di Cinema e il Conservatore (ossia il responsabile) della Cineteca nazionale, i due enti principali che svolgono le attività del Centro.

L’attuale consiglio di amministrazione del Csc entrò in carica nel marzo 2021, su indicazione del governo guidato da Mario Draghi. Ne facevano parte Valentina Gemignani, nominata dal ministero dell’Economia; l’attrice Cristiana Capotondi, l’avvocata Guendalina Ponti e il giornalista Andrea Purgatori, morto lo scorso 19 luglio, nominati invece dal ministero della Cultura. La presidente, indicata anche in questo caso dal ministero della Cultura, era la produttrice Marta Donzelli.

Secondo l’attuale Statuto gli incarichi dovrebbero durare quattro anni, e le prossime nomine erano quindi previste per il 2025. L’emendamento inserito nel decreto sul Giubileo, però, stabilisce che sia il consiglio di amministrazione che il comitato scientifico debbano essere rinnovati entro i prossimi due mesi: in questo modo il governo Meloni ha anticipato i tempi di quasi due anni, e si è assicurato la possibilità di influenzare in modo significativo la scelta dei nuovi dirigenti del Csc, che saranno indicati seguendo le nuove modalità descritte nella legge appena approvata. Al momento non è chiaro chi sarà scelto.

La riforma è stata criticata da vari esponenti dei partiti di minoranza, come il Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle, Azione e Italia Viva, che accusano il governo di voler prendere il controllo e sottrarre autonomia al Centro sperimentale di cinematografia, come dice un ordine del giorno presentato in Senato da Cecilia D’Elia (PD). Il governo Meloni può però contare su una maggioranza parlamentare molto ampia e può quindi permettersi di approvare norme controverse, perché le opposizioni non hanno i numeri in parlamento per poterle bloccare.

Il testo è infatti stato approvato in via definitiva al Senato il 3 agosto. Il 4 agosto Donzelli, Capotondi, Ponti e Gemignani si sono dimesse dai loro incarichi in segno di protesta contro la riforma e l’interruzione a metà del loro mandato. Nella lettera in cui annunciano la decisione, le consigliere hanno ricordato anche che il mandato attualmente in corso (2021-2025) sarebbe stato fondamentale per la realizzazione dei progetti finanziati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), pari a 300 milioni di euro.

Molti esponenti del mondo del cinema hanno firmato una petizione contraria alla riforma, tra cui Nanni Moretti, Paolo Sorrentino, Luca Guadagnino, Paola Cortellesi e Valeria Golino. Nel testo i firmatari si dicono «preoccupati» per la riforma, fatta «in piena estate, durante una pausa della didattica, all’interno di un decreto che dovrebbe occuparsi di tutt’altro», e per le possibili conseguenze che questa avrà sulle attività del Centro. 

La decisione di rimuovere con grande anticipo i membri del consiglio di amministrazione e del comitato scientifico del Csc, per sostituirli con altri indicati dal governo Meloni, ha innescato manifestazioni anche da parte degli studenti della Scuola nazionale di Cinema. «L’idea che emerge è quella di trasformare una scuola di formazione tra le migliori in Europa in un poltronificio dove sistemare politici di turno» ha detto al sito Exibart Francesco Luciani, portavoce degli studenti del Centro. Tra le altre cose, gli studenti chiedono maggiore considerazione del corpo studentesco nei processi decisionali. Nel corso del dibattito alla Camera è stato approvato un ordine del giorno che, con una formulazione piuttosto vaga, impegna il governo a «valutare l’opportunità» di «avviare un tavolo» di discussione con i docenti, gli studenti e le associazioni di categoria per presentare le linee di indirizzo decise dai nuovi dirigenti. Luciani non è convinto che succederà: «L’impegno preso dal governo ha il valore di una forchetta nel brodo, e nulla assicura che venga mantenuto», ha detto, aggiungendo: «Anche se così dovesse essere, una rappresentanza degli studenti è il minimo che devono concederci».

Il Centro sperimentale di cinematografia è un istituto prestigioso e con una lunga storia. Le sue attività iniziarono a Roma nel 1935, durante il fascismo, e prevedevano lezioni di recitazione, ottica, fonica, scenotecnica e produzione. Nel 1949 fu istituita all’interno del Centro la Cineteca nazionale, dove ancora oggi devono essere depositati tutti i film di produzione o co-produzione italiana. Nel 1997 il Centro cambiò stato giuridico trasformandosi in Fondazione e riacquisì il nome originale nel 2004, quando iniziò un decentramento delle sue attività: oggi il Csc ha sedi in Piemonte, Lombardia, Sicilia, Abruzzo, Puglia e anche in Spagna, a Valencia. Negli anni ha avuto molti alunni e direttori celebri, tra cui Carlo Verdone, Roberto Rossellini, Claudia Cardinale, Raffaella Carrà e Domenico Modugno.

Le attività del Centro si dividono principalmente tra quelle della Scuola nazionale di cinematografia e quelle della Cineteca nazionale. La prima offre corsi triennali in varie discipline, dal sound design alla scenografia e agli effetti speciali. La Cineteca nazionale, invece, è il principale archivio cinematografico in Italia e si occupa, tra le altre cose, del restauro e della conservazione dei prodotti audiovisivi.