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  • Venerdì 28 luglio 2023

In Spagna si tornano a usare canali vecchi di secoli contro la siccità

Le "acequias" delle montagne andaluse furono scavate dagli arabi nel Medioevo: alcune erano in disuso da decenni

Effetti della siccità a nord di Barcellona, in Spagna, il 20 marzo 2023 (AP Photo/Emilio Morenatti)
Effetti della siccità a nord di Barcellona, in Spagna, il 20 marzo 2023 (AP Photo/Emilio Morenatti)
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La Spagna è interessata da una grave siccità da più di sei mesi, in particolare nel sud del paese: a maggio l’associazione agricola Coag aveva stimato la perdita di 50mila chilometri quadrati di coltivazioni di cereali a causa della scarsità di pioggia. Come in Italia, si è cercato in vari modi di irrigare comunque i campi, anche tornando a utilizzare una rete di canali che era stata realizzata dagli arabi nel Medioevo, le “acequias”.

La parola acequia deriva dall’arabo “as saqiya”, che significa appunto “canale”. Sono rogge, cioè canali per l’irrigazione di portata moderata, la cui lunghezza varia da poche decine di metri a svariati chilometri, che corrono lungo i fianchi dei rilievi montuosi, e sono tipiche delle zone montuose dell’Andalusia, nel sud della Spagna. Furono costruite per raccogliere l’acqua proveniente dallo scioglimento della neve in primavera, evitare che finisse nei fiumi e farla arrivare invece nelle “simas”, punti del terreno in cui grazie alle caratteristiche del suolo l’acqua viene assorbita molto facilmente e riempie le falde sotterranee, poi sfruttate per irrigare i campi. Il processo è chiamato “semina e raccolta” dell’acqua e permette di prolungare nel tempo il ciclo dell’acqua, dalle montagne al mare.

La rete delle acequias ha una lunga storia. Il sistema fu introdotto in Spagna tra l’VIII e il X secolo dagli arabi che si insediarono in varie aree dell’Europa mediterranea, compresa la Spagna. Tecniche di “semina e raccolta” dell’acqua erano già utilizzate in numerose aree del Medio Oriente, ad esempio negli attuali Yemen e Siria. Grazie alle acequias gli arabi resero l’Andalusia, una tra le regioni più aride del continente europeo, un importante centro agricolo, specialmente per la coltivazione di agrumi e melograni.

Sistemi di irrigazione che sfruttano la stessa logica delle acequias esistono anche in altre parti del mondo, soprattutto in America Latina. In alcune zone del Perù ci sono sistemi di canali vecchi più di 1.400 anni e usati ancora oggi chiamati “amunas”: sono precedenti alla colonizzazione spagnola ma, esattamente come le acequias, deviano l’acqua di scioglimento dei ghiacci delle montagne verso specifici punti di infiltrazione. Anche in certe aree secche dell’Ecuador storicamente venivano costruite piccole dighe artigianali per facilitare la conservazione dell’acqua con l’arrivo della primavera.

Nel corso dei secoli la rete di acequias dell’Andalusia continuò a espandersi, anche dopo la riconquista da parte degli eserciti cristiani dei territori controllati dalle popolazioni musulmane. Le stime variano, ma oggi nelle sole provincie di Granada e Almería si contano migliaia di chilometri di canali, alcuni dei quali ininterrottamente in funzione dal Medioevo. Una parte significativa è però in completo stato di abbandono: a partire dagli anni Sessanta iniziò un progressivo spopolamento delle campagne, e molti “acequieros” – le persone esperte nella gestione delle acequias, le cui conoscenze venivano tramandate oralmente di generazione in generazione – si trasferirono in massa verso le città. Nella Sierra Nevada il 20 per cento delle acequias non è attualmente in funzione, secondo le stime più recenti.

Solo nell’ultimo decennio, anche come conseguenza dei periodi di siccità sempre più prolungati, si è iniziata a rivalutare l’importanza di questo sistema di canali. Nel 2014 il Laboratorio di archeologia bioculturale (MEMOLab) dell’Università di Granada ha avviato il più importante progetto di ripristino delle acequias della Sierra Nevada, sotto il coordinamento del professor José Civantos. Con l’aiuto di decine di volontari, Civantos ha gestito i lavori di restauro di quasi cento chilometri di acequias, ripulendole dai detriti e portandole nuovamente in funzione. Paesi come quello di Cañar, nella regione storica della Alpujarra e dove le acequias erano in disuso dagli anni Ottanta, hanno ampiamente beneficiato del progetto di ripristino coordinato dal MEMOLab: gli abitanti sono riusciti a coltivare nuovamente i terreni attorno al centro abitato, anche durante periodi di siccità estrema.

Nonostante i vantaggi portati dalla rimessa in funzione delle acequias, il loro ripristino procede però a rilento. Secondo Civantos, intervistato negli anni da vari quotidiani internazionali, gran parte dei fondi pubblici tende a promuovere tecniche agricole tecnologicamente più avanzate, considerate più efficienti in termini di produttività. L’agricoltura su piccola scala, ovvero quella resa possibile dalle acequias, offre infatti profitti minimi e non può competere con le grandi coltivazioni intensive monoprodotto di altre zone. Questa attitudine, che secondo Civantos «tradisce un pregiudizio verso le aree rurali e le le attività agrarie», ignora i benefici per le piccole comunità agricole montane e la sostenibilità del sistema.