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  • Mercoledì 26 luglio 2023

Quanto è favorevole per il Botswana il nuovo accordo sui diamanti trovato con De Beers?

Sulla carta molto più del precedente, perché prevede meno utili per l'azienda e più per il governo, ma qualche dubbio rimane

Una miniera di diamanti in Botswana nel 1982 (AP Photo)
Una miniera di diamanti in Botswana nel 1982 (AP Photo)
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All’inizio di luglio il governo del Botswana ha fatto un nuovo accordo con De Beers, la più grande azienda che rinviene, lavora e commercializza diamanti al mondo. Da 54 anni De Beers, che per la precisione è un gruppo di imprese appartenente alla società mineraria multinazionale Anglo American, ha una partnership con il Botswana, che dopo la Russia è il paese che produce più diamanti al mondo: al momento circa il 70 per cento dei diamanti del gruppo De Beers è estratto in Botswana.

Il nuovo accordo, a cui le due parti hanno lavorato per quattro anni tra molte difficoltà e frizioni, ne sostituisce un altro risalente dal 2011, considerato all’epoca uno dei più equi nel settore minerario globale. In base a quell’accordo, al Botswana spettava oltre l’80 per cento del valore ottenuto producendo i diamanti una volta sottratte tasse, dividendi e royalties pagate da De Beers. Nella pratica, questo voleva dire che il paese guadagnava circa 80 centesimi per ogni euro guadagnato da De Beers: soltanto nel 2022 ha guadagnato circa 2,5 miliardi di euro in questo modo.

Secondo il presidente del Botswana, Mokgweetsi Masisi, non era però abbastanza: in particolare, Masisi lamentava il fatto che il Botswana secondo l’accordo del 2011 aveva diritto di tenere per sé soltanto il 25 per cento di tutte le pietre grezze estratte da De Beers. Il presidente aveva a lungo minacciato di abbandonare la partnership decennale se questo equilibrio non fosse stato modificato. In base al nuovo accordo, che durerà 10 anni, il Botswana manterrà una percentuale crescente dei propri diamanti grezzi con il passare del tempo: inizialmente il 30 per cento, che diventerà il 40 tra cinque anni e poi 50 entro il 2033.

Da un punto di vista politico, per Masisi l’accordo raggiunto con De Beers ha un obiettivo anche di breve termine, dato che le elezioni presidenziali sono l’anno prossimo e il presidente vuole accrescere i consensi verso il suo partito. Ma la volontà di beneficiare maggiormente delle proprie vaste ricchezze minerarie ed energetiche, anche per ridurre l’incidenza della povertà tra la popolazione dopo decenni di sfruttamento da parte delle potenze coloniali prima e delle multinazionali poi, è condivisa tra vari paesi africani, tra cui Sierra Leone, Tanzania e Uganda.

«Il Botswana ha tratto molto più profitto di molti altri paesi in via di sviluppo dalle sue risorse minerarie», ha scritto il giornalista John Eligon sul New York Times. «Oggi, molti dei 2,4 milioni di abitanti del Botswana vivono in case solide, con servizi pubblici affidabili e hanno accesso all’assistenza sanitaria gratuita e a una buona istruzione. Secondo la Banca Mondiale, il Botswana ha il sesto prodotto interno lordo pro capite più alto in Africa. Nella capitale Gaborone i centri commerciali abbondano e le strade sono larghe e ben asfaltate. Ma molti sostengono comunque che il loro paese sia stato truffato: i diamanti appartengono a loro, dicono, ed è ora che De Beers passi in secondo piano».

Secondo vari esperti, però, il nuovo accordo potrebbe creare problemi sul lungo periodo sia per De Beers che per l’economia del Botswana.

Alcuni commentatori citati dal Financial Times sostengono che il nuovo accordo potrebbe lasciare l’azienda con meno soldi da investire nel marketing, considerato vitale per le vendite e la salute dell’industria dei diamanti: questo potrebbe ulteriormente esacerbare il calo degli utili già previsto nell’accordo. Nel corso dei decenni, infatti, De Beers è stata abilissima nel creare domanda di diamanti a livello mondiale, manipolando l’offerta per creare l’idea che fossero molto più rari di quanto non siano veramente. In un momento in cui il mercato dei diamanti naturali è messo in difficoltà dalla produzione di diamanti creati in laboratorio, il timore è che qualsiasi calo delle spese di marketing da parte di De Beers potrebbe colpire le vendite del settore intero.

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Per l’analista Kieron Hodgson, il nuovo accordo serve soprattutto a evitare l’enorme interruzione dell’offerta globale di diamanti che si sarebbe verificata se le parti non avessero trovato un’intesa. «I diamanti sono del Botswana: De Beers è soltanto un affittuario», dice Hodgson. «Ma se lo stato prende una percentuale più alta della ricchezza complessiva generata, allora può chiaramente essere negativo per alcune parti interessate».

L’amministratore delegato di De Beers, Al Cook, ha detto che l’accordo consentirà all’azienda di continuare a guidare l’industria dei diamanti per i prossimi cinquant’anni. Fino ai primi anni Duemila, De Beers controllava circa l’80 per cento della distribuzione di diamanti grezzi, ma la percentuale è scesa al 37 per cento negli ultimi anni, per via della concorrenza dell’azienda di stato russa Alrosa. Cook ha detto però di aver bisogno di diversificare i paesi da cui arrivano i diamanti della sua azienda, che al momento sta lavorando alla ricerca di nuovi giacimenti in Canada, Sudafrica e Angola.