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  • Venerdì 21 luglio 2023

Come funziona il controspionaggio in Russia

C'è un'agenzia specifica che si occupa di sorvegliare gli stranieri che si trovano nel paese, e che usa metodi non sempre ortodossi

L'ambasciata statunitense a Mosca, 30 aprile 2021 (AP Photo/Pavel Golovkin, File)
L'ambasciata statunitense a Mosca, 30 aprile 2021 (AP Photo/Pavel Golovkin, File)
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All’interno dell’FSB, la principale agenzia di intelligence interna russa, esiste un’unità chiamata DKRO (in italiano “Dipartimento per le operazioni di controspionaggio”) che si occupa di sorvegliare le attività delle persone non russe, assicurandosi che non conducano azioni di spionaggio nel paese. Quest’unità, tra le altre cose, ha lavorato all’arresto di Evan Gershkovich, il corrispondente in Russia del Wall Street Journal, lo scorso marzo.

L’esistenza della DKRO non è un segreto. Tuttavia le sue attività, così come il modo in cui opera, sono a lungo rimasti perlopiù sconosciuti al pubblico. Una dettagliata inchiesta pubblicata proprio dal Wall Street Journal ha fatto chiarezza in particolare sulle attività della DKRO-1, la divisione incaricata del monitoraggio dei cittadini statunitensi e canadesi, e su come negli ultimi anni abbia fatto sempre più ricorso a metodi spesso violenti e persecutori.

L’FSB, di cui la DKRO è parte, nacque nel 1995 (quattro anni dopo la dissoluzione dell’URSS) dallo scioglimento del KGB, il più importante servizio di sicurezza di epoca sovietica. Dal KGB non originò solo l’FSB ma anche altre agenzie di intelligence, quasi tutte alle dirette dipendenze del presidente russo. La DKRO fu creata come sezione dell’FSB nel 1998, ereditando i compiti di controspionaggio che erano appartenuti al temuto “Secondo direttorato centrale” del KGB. In particolare, secondo il Wall Street Journal, in quegli anni la sezione si occupava di «esaminare l’afflusso di investitori, inviati dei giornali e visitatori statunitensi in generale» nel paese, che dopo la dissoluzione dell’URSS si era molto aperto verso l’esterno (tra l’altro è proprio durante quel periodo che si formò la casta dei cosiddetti “oligarchi”).

Fin dalla propria fondazione, il rapporto tra la DKRO e l’attuale presidente russo Vladimir Putin è sempre stato molto stretto (Putin fu un funzionario di basso livello del KGB). Nel 1998 Putin ottenne l’incarico di direttore dell’FSB, e nominò responsabile della DKRO Alexander Zhomov, un uomo a lui vicino. Zhomov era una spia di grande esperienza: negli anni Ottanta, fingendosi un disertore, passò numerose informazioni false alla CIA, riuscendo a rallentare le indagini su Robert Hanssen, un agente della CIA che stava facendo il doppio gioco e passava informazioni ai sovietici.

Quando Putin venne eletto presidente per la prima volta nel 2000, il ruolo della DKRO divenne ancor più rilevante. La sezione intensificò ulteriormente la sorveglianza sui giornalisti, così come sul personale di ambasciate e consolati.

Con il peggiorare delle relazioni tra Russia e Stati Uniti i metodi impiegati dalla DKRO, che per anni aveva compiuto principalmente azioni di sorveglianza, sono diventati gradualmente più minacciosi e subdoli. «Il personale dell’ambasciata [statunitense] notò come gli agenti della DKRO seguissero il figlio dell’ambasciatore a scuola, agli allenamenti di calcio, al McDonald’s. Un dipendente venne malmenato mentre stava entrando nel complesso dell’ambasciata» racconta il Wall Street Journal. Addirittura, un diplomatico che stava viaggiando in auto poco fuori Mosca venne pedinato da un elicottero a bassa quota. Le azioni intimidatorie della DKRO continuarono senza che gli agenti provassero a nascondere le proprie tracce: spesso, dopo essere entrati nella casa di una persona che pedinavano, lasciavano un mozzicone di sigaretta sul sedile del water come segno del loro passaggio.

Numerosi diplomatici e agenti segreti sentiti dal Wall Street Journal hanno anche confermato il ruolo della DKRO nell’arresto di due ex marine, Paul Whelan e Trevor Reed. Whelan è stato condannato a sedici anni di carcere nel 2020 con l’accusa di spionaggio; Reed, inizialmente condannato a nove anni per avere aggredito un poliziotto, è stato liberato in seguito a uno scambio di prigionieri l’anno scorso. In entrambi i casi la DKRO è sospettata di aver creato false prove per incriminarli: in particolare, alcuni appartenenti alla DKRO avrebbero fatto sì che Whelan ricevesse una chiavetta USB contenente informazioni riservate, per rendere credibili le accuse di spionaggio.

È emerso anche come il responsabile della DKRO per le indagini contro Whelan, Alexei Khizhnyak, sia stato incaricato di seguire il caso di Evan Gershkovich, il corrispondente in Russia del Wall Street Journal detenuto da quasi quattro mesi. Khizhnyak è stato descritto come un «interrogatore corpulento che [durante gli interrogatori] alterna minacce a lunghe discussioni filosofiche sulla letteratura russa».

Le attività di controspionaggio portate avanti dalla DKRO si sono intensificate in parallelo a quelle delle agenzie di intelligence dei paesi occidentali contro agenti russi. A marzo di quest’anno il ministro dell’Interno polacco ha annunciato l’arresto di nove persone sospettate di fare parte di una rete di spie russe il cui obiettivo sarebbe stato sabotare le spedizioni di armi dai paesi occidentali verso l’Ucraina; a luglio il numero degli arresti è salito a quindici. Operazioni simili sono state condotte in Germania, Norvegia, Slovenia e negli Stati Uniti, dove le autorità hanno trattenuto o espulso decine di sospette spie russe, alcune delle quali ricoprivano ruoli di grande responsabilità (una di queste era un importante funzionario dell’agenzia di intelligence esterna tedesca).

Parte di questi arresti ed espulsioni, per esempio in Norvegia, ha riguardato persone in possesso di un passaporto diplomatico. Non è un fatto del tutto inusuale: gli agenti delle agenzie russe che si occupano di intelligence esterna (il GRU, competente per gli affari militari, e l’SVR, specializzato in operazioni civili) sono inviati all’estero fingendosi diplomatici che lavorano nelle ambasciate russe. Si tratta di una pratica piuttosto comune anche in altri paesi. Le espulsioni di presunte spie russe con passaporto diplomatico sono aumentate notevolmente con la guerra in Ucraina: nei primi tre mesi di conflitto sono state 450, secondo un conteggio del centro studi americano CSIS, quasi tutte allontanate da paesi europei.

L’aspetto insolito delle recenti operazioni di controspionaggio in Europa riguarda il fatto che alcune delle persone fermate o espulse non fossero diplomatici russi né avessero alcun legame apparente con l’SVR o il GRU. Si trattava invece di cosiddetti “illegals”: agenti addestrati a fingersi cittadini qualunque, che per anni vivono in un certo paese con lo scopo di raccogliere informazioni sensibili, reclutare e pagare informatori, e costruirsi una rete di contatti (la celebre serie televisiva The Americans racconta la vicenda di una coppia di “illegals” sovietici negli Stati Uniti durante gli anni Ottanta).

Individuare gli “illegals” è sempre stato complesso. Quest’anno i servizi di sicurezza sloveni hanno arrestato una coppia di presunte spie russe, che si era trasferita nel paese nel 2017 assieme ai due figli. Secondo il Guardian almeno «altri sei sospetti “illegals” sono stati smascherati in varie parti del mondo nel corso dell’ultimo anno». L’individuazione di così tanti “illegals” in pochi mesi è inusuale: gli ultimi arresti risalivano al 2010, quando l’FBI smantellò una cellula composta da dieci persone negli Stati Uniti. Tra le ipotesi presentate dal Guardian c’è quella che una fonte interna ai servizi di sicurezza russi abbia passato delle informazioni alle agenzie di intelligence occidentali; o che l’espulsione di centinaia di spie con passaporto diplomatico abbia permesso ai servizi segreti europei e statunitensi di impiegare più risorse nella ricerca di “illegals”.