L’indagine sulla tentata vendita di informazioni riservate sull’arresto di Messina Denaro

Sono stati arrestati un carabiniere e un consigliere comunale di Mazara del Vallo, e c’entra anche Fabrizio Corona

Matteo Messina Denaro e due carabinieri subito dopo l'arresto (Ansa)
Matteo Messina Denaro e due carabinieri subito dopo l'arresto (Ansa)
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Giovedì mattina un politico e un carabiniere di Mazara del Vallo, in Sicilia, sono stati arrestati per aver cercato di vendere documenti riservati sulle indagini relative all’arresto di Matteo Messina Denaro, considerato il capo dell’organizzazione mafiosa Cosa Nostra e fino all’incarcerazione dello scorso gennaio il più importante latitante mafioso italiano. Per entrambi sono stati ordinati gli arresti domiciliari. Mazara del Vallo, in provincia di Trapani, è una cittadina di circa 50mila abitanti nella zona in cui Messina Denaro ha trascorso gran parte della sua latitanza.

Secondo la procura di Palermo, che sta indagando sul caso, le due persone arrestate avrebbero sottratto illegalmente documenti dal sistema informatico dell’Arma dei Carabinieri e avrebbero poi contattato due persone nel tentativo di venderli: prima Fabrizio Corona, ex paparazzo e noto personaggio televisivo, poi il giornalista Moreno Pisto, direttore del quotidiano online Mow, su suggerimento dello stesso Corona.

Secondo l’accusa sarebbe stato il carabiniere, Luigi Pirollo, ad accedere illegalmente nel sistema informatico dei Carabinieri. Si sarebbe procurato 786 documenti riservati sulle indagini su Messina Denaro. Le accuse a suo carico sono di accesso abusivo a un sistema informatico e violazione del segreto d’ufficio. Pirollo avrebbe poi consegnato i documenti a Giorgio Randazzo, politico della Lega e consigliere comunale di Mazara del Vallo, accusato di ricettazione (il reato che punisce chi riceve o acquista beni sottratti illecitamente, o in generale provenienti da un qualsiasi reato, per ricavarci un profitto). Nell’inchiesta è indagato per ricettazione anche Fabrizio Corona, che giovedì mattina ha subito una perquisizione nella sua casa di Milano.

Il tentativo di vendere i documenti risale a circa due mesi fa: nonostante l’arresto di Messina Denaro, le indagini sulla rete di persone che hanno reso possibile la sua latitanza per circa 30 anni sono ancora in corso, e la pubblicazione di documenti riservati avrebbe potuto danneggiarle.

L’indagine che ha portato agli arresti è cominciata da Corona: la procura di Palermo infatti aveva iniziato a intercettarlo dopo che Corona aveva diffuso una serie di audio su WhatsApp scambiati da Messina Denaro con due donne, che Messina Denaro aveva conosciuto nella clinica di Palermo in cui era stato ricoverato prima dell’arresto. Gli audio erano stati poi resi pubblici ad aprile nel programma di La7 Non è l’Arena, a cui secondo l’Ansa li avrebbe venduti Corona. Il reperimento di quegli audio da parte di Corona al momento non è oggetto di indagine.

In una delle intercettazioni Corona parlava di un grande scoop in possesso di un consigliere comunale, che poi le indagini hanno identificato come Randazzo. In più occasioni aveva manifestato l’intenzione di “vendere” quello scoop: motivo per cui è indagato per ricettazione. Secondo le indagini lo scorso 25 maggio ci sarebbe stato un incontro tra Corona, Randazzo e il giornalista Pisto per mostrare i documenti riservati: una volta visto il materiale, però, Pisto avrebbe deciso di andare a riferire quello che sapeva alla polizia di Palermo. In questo modo la procura di Palermo è poi riuscita a risalire alle persone attualmente coinvolte nelle indagini.