Le novità sul caso di Emanuela Orlandi

È stata resa nota un'informativa sullo zio della ragazza scomparsa 40 anni fa, la famiglia si è risentita e ha organizzato una conferenza stampa

(LaPresse)
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Ci sono nuovi sviluppi nel caso della scomparsa di Emanuela Orlandi, la figlia di un dipendente del Vaticano di cui non si hanno più notizie da 40 anni, precisamente dal 13 giugno 1983. Gli elementi nuovi sono stati forniti dal TgLa7 e ne ha scritto poi gran parte dei quotidiani di martedì.

La principale novità consiste nei documenti che il promotore di Giustizia del Vaticano, Alessandro Diddi, ha inviato alla procura di Roma, in cui ci sarebbe anche un’informativa che riguarda Mario Meneguzzi, zio di Orlandi. Sia il Vaticano sia la procura di Roma hanno recentemente riaperto le indagini sul caso e collaborano tra loro. L’informativa parla di una lettera inviata per posta diplomatica dall’allora segretario di Stato vaticano Agostino Casaroli a un sacerdote sudamericano, che dopo essere stato a lungo a Roma era stato inviato da Giovanni Paolo II in Colombia. Nella lettera Casaroli chiedeva se fosse vero che in passato Natalina Orlandi, sorella maggiore di Emanuela, gli avesse rivelato di essere stata molestata dallo zio. Il sacerdote era stato a lungo consigliere spirituale dei membri della famiglia Orlandi. Casaroli scrisse di aver appreso l’informazione da fonti investigative vaticane.

Il sacerdote rispose alla lettera dicendo che sì, era vero. Nella sua risposta scrisse che Natalina Orlandi gli aveva rivelato di essere stata oggetto di attenzioni morbose da parte dello zio, che l’aveva anche minacciata perché non dicesse nulla se non voleva perdere il lavoro. All’epoca Natalina Orlandi lavorava all’ufficio legale della Camera dei deputati, mentre Mario Meneguzzi era il gestore del bar della Camera.

Martedì pomeriggio Pietro e Natalina Orlandi hanno parlato ai giornalisti in una conferenza stampa alla sede dell’Associazione Stampa Estera, a Roma. Natalina Orlandi ha precisato che da parte dello zio non ci fu nessuno stupro ma «solo “avances” verbali e piccoli regali» e che poi lui smise «quando capì che non avrebbe ottenuto niente». Ha poi detto: «Ne parlai con il mio fidanzato e non con mio padre. Tutto si risolse lì. Della mia vita messa in piazza non interessa nulla, ma la moglie novantenne di mio zio e i suoi figli non ne sapevano niente. Ne avevo parlato solo al confessore».

Ha poi escluso che lo zio si sia comportato allo stesso modo con la sorella Emanuela, e ha aggiunto:

Immagino che abbiano indagato, senza trovare niente. Siamo persone limpide, all’epoca si trattò di uno scivolone di un uomo 50enne e io all’epoca ne avevo 21. Non c’è nessuna rivelazione, il Vaticano sapeva di questa cosa da sempre. E già nel 2017 vengo contattata dal sostituto della segreteria di Stato Becciu che mi volle ricevere senza mio marito. Dopo un giro di parole per esprimere vicinanza disse che mio fratello insisteva per avere la documentazione su Londra [secondo l’ipotesi che Emanuela Orlandi fosse stata portata in un convento a Londra, ndr] ma che allora avrebbe dovuto tirare fuori anche la parte che mi riguardava… Mi sembrò un ricatto. Io dissi che non avevo problemi perché non avevo niente da nascondere. Quei documenti non sono mai stati tirati fuori e chissà cos’altro c’è in quella cassaforte.

Meneguzzi è morto. Era il marito di Lucia Orlandi, sorella di Ercole Orlandi, padre di Emanuela. 

Dando la notizia, i giornali hanno anche pubblicato l’identikit realizzato nel 1983 in base alle indicazioni date da un poliziotto e un vigile che dissero di aver visto, il giorno della scomparsa, una ragazza che assomigliava a Emanuela Orlandi parlare con un uomo. Accanto all’identikit è stata anche pubblicata la foto di Mario Meneguzzi per evidenziare i tratti somatici comuni. Il vigile e il poliziotto quel giorno videro una ragazza che secondo loro poteva essere Emanuela Orlandi parlare con l’uomo poco prima delle 17: prima quindi che la ragazza entrasse nella scuola di musica che frequentava, presumibilmente un’ora e mezza prima della sua scomparsa.

Va specificato che già nei mesi successivi alla scomparsa di Emanuela, Natalina Orlandi venne sentita dai magistrati, quindi la notizia era già nota ai tempi delle prime indagini.

Mario Meneguzzi testimoniò davanti al giudice istruttore Ilario Martella nell’ottobre del 1985. Quando venne interrogato, disse che il giorno della scomparsa di Emanuela Orlandi si trovava a Torano di Borgorose, in provincia di Rieti, con la figlia Monica e con Anna Orlandi, altra sorella di Ercole. Disse anche che quel giorno con loro c’era Ercole che invece spiegò, e lo ribadì più volte, che quel giorno era a Fiumicino.

Il nome di Mario Meneguzzi comparve molto nella prima fase delle indagini. Inizialmente la magistrata che si occupò del caso, Margherita Gerunda, seguì l’ipotesi di un omicidio avvenuto dopo una violenza, o tentata violenza, sessuale. Gerunda era convinta che Emanuela Orlandi fosse morta subito dopo la scomparsa e che poi il suo corpo fosse stato nascosto. Gerunda è ancora convinta di quella tesi. Venne però sostituita da Domenico Sica, che si occupava di terrorismo internazionale e venne coinvolto quando si iniziò a indagare l’ipotesi di un rapimento di un gruppo terrorista internazionale o di agenti di un servizio segreto di un paese dell’Est Europa. Il brusco cambio di ipotesi investigativa avvenne quando Giovanni Paolo II, durante l’Angelus, parlò esplicitamente di un rapimento chiedendo ai sequestratori di liberare la ragazza.

Mario Meneguzzi dopo la scomparsa si trasferì di fatto a casa Orlandi. Fu lui a rispondere alle telefonate delle prime due persone, “Mario” e “Pierluigi”, che dissero di aver sequestrato la ragazza senza però mai fornire una prova concreta di quanto dicevano. Fu sempre la famiglia Meneguzzi a incaricare un giovane agente dei servizi segreti (appartenente al Sisde, il Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica) di indagare privatamente sul caso della scomparsa. L’agente si chiamava Giulio Gangi e ora è morto. Fu lo stesso Gangi a scoprire che un’auto che seguiva Meneguzzi, e di cui lui si era accorto, apparteneva alla polizia.

La vicenda è quindi molto ingarbugliata e confusa, come d’altra parte sono sempre state le varie ipotesi attorno al caso Orlandi. Per dare un quadro completo su questa parte di indagine va anche detto che la magistrata Margherita Gerunda è sempre stata convinta che la testimonianza del vigile e del poliziotto che dissero di aver visto Emanuela Orlandi parlare con un uomo non fosse attendibile. Secondo lei, infatti, i due erano solo in cerca di visibilità sui giornali.

Durante la conferenza stampa, Pietro Orlandi ha detto che è in atto «un tentativo di scaricare ogni responsabilità sulla famiglia, mi chiedo quale sia la novità rispetto ad allora. Né il Vaticano né la procura ci hanno mai convocati. Il segreto doveva restare nel confessionale e invece è stato dato alla segreteria di Stato e dalla Santa Sede poi alla procura. Ma era tutto noto. E mio zio quel giorno era in vacanza con la famiglia fuori Roma, come già accertato».

Secondo Pietro Orlandi sarebbero anche in corso manovre per bloccare una commissione d’inchiesta parlamentare sul caso, la cui istituzione è già stata approvata dalla Camera e ora deve essere approvata dal Senato.

L’avvocato della famiglia Orlandi, Laura Sgrò, ha detto:

Ieri si è fatta macelleria della vita delle persone. È morto Meneguzzi, che non si può difendere, è morto il pm Sica, che non si può difendere, è stata messa in piazza la vita di Natalina Orlandi senza prima interpellarla. Le presunte rivelazioni riguardano carte già note e già in nostro possesso, quindi è legittimo chiedersi perché sono state date ora in pasto ai media. Altre sono le carte che andrebbero tirate fuori dal Vaticano.

L’indagine della procura di Roma sembra concentrarsi quindi su persone vicine alla famiglia Orlandi mentre sembra essere stata abbandonata definitivamente l’ipotesi del sequestro internazionale, così come sembra essere passata in secondo piano la cosiddetta «pista religiosa»: quella secondo cui nella scomparsa di Emanuela Orlandi sarebbero coinvolti personaggi interni al Vaticano, tra cui alti prelati.